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Categoria: musica

Stella Nera

Stella Nera

Cosa rappresenti per tutti lo si sta leggendo ovunque. Per me è un Amico, un Mentore, un Maestro che fa parte della mia vita da quando avevo circa 20 anni. Nel 1987 andai a vederlo allo stadio di San Siro a Milano. Eravamo in 80.000 ad applaudirlo e a cantare insieme a lui. Era già da molti anni il simbolo del mutamento costante, del travestitismo, dell’irrequietezza, della sperimentazione, tutte caratteristiche associate alla giovinezza. Ed in effetti lui è sempre stato giovane, persino a 69 anni. Invece molti di quelli che erano lì, quel giorno di primavera di 29 anni fa, sono invecchiati, me compreso naturalmente. Perchè per restare giovani bisogna essere Eroi, magari anche solo per un giorno. Invecchiare e poi morire è di tutti. Facile. Banale. Scontato. Ma essere eterni… beh, quello è un altro discorso. Oggi c’è una Stella Nera lassù. La si può vedere alzando lo sguardo. Lo posso fare io adesso. Lo potrà fare mia figlia fra molti anni. Ed ancora sua figlia dopo di lei. Perchè, se una cosa è certa, è che quella Stella Nera resterà lì dov’è per sempre.

Il giorno dopo

Il giorno dopo

Un nuovo disco di David Bowie è un evento, specie se arriva a ben 10 anni esatti dal precedente e dopo un delicato intervento al cuore che pareva aver messo la parola fine alla carriera di una delle più grandi icone della musica rock. Ed invece, pochi giorni fa è arrivato The Next Day, preparato in gran segreto con il fondamentale aiuto di Tony Visconti, il produttore che ha diviso con Bowie le sue opere più importanti.

Si tratta di un lavoro molto compatto e asciutto, essenzialmente rock con venature psichedeliche, che presenta una serie di spunti musicali interessantissimi. C’è un’atmosfera di ritorno al passato con citazioni, rimandi e rievocazioni sul filo della memoria, che però ben si sposa a suggestioni e sonorità più attuali. Ed è proprio intorno al passaggio del tempo – ed in particolare alla contrapposizione fra presente e passato, fra la figura del Bowie attuale e quella, ormai affidata all’immaginario collettivo, del Bowie giovane ed androgino degli Anni 70   –  che si sviluppa l’idea centrale dell’album, a cominciare dalla rivisitazione ironica della copertina di Heroes del 1977. Un album ricco, intenso e curatissimo, tradizionale e creativo insieme, che migliora ad ogni nuovo ascolto; pervaso da una voce ancora graffiante e potente, la voce inconfondibile ed unica del sottile duca bianco.

Tra i gatti che non han padrone come me

Tra i gatti che non han padrone come me

Chissà se quando se n’è andato, vicino a lui ci fosse qualche gatto vagabondo senza padrone, come quelli cantati nello straordinario inno alla libertà che è Piazza Grande, uno dei suoi primi grandi successi. Come già capitato a proposito di Battisti e di De Andrè, con Lucio Dalla non scompare semplicemente un cantante, o un pezzo importante della Musica Italiana. C’è infatti oggi, come allora, la sensazione di avere a che fare con un patrimonio collettivo, con un segno vivido nell’immaginario nazionale di più di una generazione, con una costellazione di ricordi – ognuno ha i propri – legati a qualcuna delle sue tante canzoni e, perchè no, con la riflessione dolorosa che il tempo non fa sconti a nessuno, mai. Rotola via veloce, lasciandoci improvvisamente – ancora una volta – più vecchi e soli.

A modo mio avrei bisogno di carezze anch’io.
Avrei bisogno di pregare Dio.
Ma la mia vita non la cambierò mai mai,
a modo mio quel che sono l’ho voluto io.
E se non ci sarà più gente come me
voglio morire in Piazza Grande,
tra i gatti che non han padrone come me, attorno a me.
Woody Allen ed il jazz

Woody Allen ed il jazz

Sicuramente il jazz per Woody Allen è una delle cose per cui vale la pena di vivere. Infatti, eccetto le volte in cui è ricorso alla musica classica e lirica, e quelle – ancor più rare – in cui la colonna sonora è stata realizzata ad hoc, la maggior parte dei suoi film è contrappuntata da splendidi, vecchi brani jazz. Come Owen Wilson in Midnight in Paris anche Allen è attratto dai suoni di un glorioso passato. Per contro, in più di un’intervista ha dichiarato la sua avversione per tutta la musica più recente: «Poi vedi quattro tizi con le chitarre e diecimila persone con le fidanzate sulle spalle, tutti a torso nudo, musicisti e pubblico, i musicisti con le pitture di guerra in faccia, la musica amplificata all’inverosimile, le chitarre spaccate sul palco…, sono cose che non mi dicono niente. È evidente che sono rimasto indietro, ma mi sta bene così».

Le predilezioni del regista vanno alla musica dei primi anni del novecento di New Orleans [quella che ama anche eseguire quando si esibisce in veste di clarinettista con la propria band] e al repertorio jazz degli anni 30 e 40: quindi Duke Ellington e Louis Armstrong, Billie Holiday e Harry James, Glenn Miller e Benny Goodman, Irvin Berlin e Tommy Dorsey, fino a Django Reinhardt a cui è dedicato Accordi e Disaccordi. La musica nei suoi film non si limita ad una funzione ornamentale, ma ne costituisce l’essenza stessa. Serve sia per disegnare un immaginario ed una linea poetica, sia a fini narrativi, come elemento di una messa in scena che – in aggiunta ad immagini e dialoghi – si fonda proprio sull’aspetto sonoro per meglio presentare e descrivere personaggi e situazioni: «Se senti il bisogno di esprimerti e non possiedi alcun mezzo per farlo, la musica è un grosso aiuto: sostiene parecchie scene in modo efficace, può essere decodificata e dà significato a molte sequenze».

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I 65 anni di David Bowie

I 65 anni di David Bowie

Sorprende ed un pò immalinconisce che il simbolo vivente del mutamento perenne, del travestitismo, dell’irrequietezza, tutte caratteristiche associate alla giovinezza, domani compia 65 anni! David Bowie è stato tra i primissimi musicisti a concepire il rock come “arte globale”, aprendolo alle contaminazioni con il teatro, il mimo, la danza, il cinema e le arti visive in genere. In più di quarant’anni di carriera, è stato un fantastico interprete del proprio tempo, capace di fiutare le tendenze ed inventarsi una maschera personale per cavalcarle. In ambito musicale la sua impronta è stata fondamentale nell’evoluzione di generi disparati come il glam-rock, il punk, la new wave, il tecno-pop, il neo-soul, la dance, per stessa ammissione di molti dei loro esponenti di punta. Pochi anni fa un sondaggio realizzato dal settimanale inglese New Musical Express presso le maggiori rockstar del periodo, tra cui Bono, Thom Yorke e Madonna, lo ha consacrato “l’artista più influente del secolo”.

Nonostante che il suo ultimo disco risalga a 9 anni fa e che la sua attività si sia molto ridotta, complice un delicato intervento al cuore, la sua figura resta in qualche modo iconica. Musicista, produttore, attore di cinema e teatro, mimo, pittore, scultore, abile uomo d’affari: tutto questo e molto altro ancora è David Robert Jones, in arte David Bowie. Buon Compleanno!

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Marinai, Profeti e Balene

Marinai, Profeti e Balene

Nel panorama musicale odierno un nuovo disco di Vinicio Capossela è un avvenimento, specie se a 24 ore della sua uscita lo si propone in concerto nella tua città. Marinai, Profeti e Balene è un disco ricchissimo, non solo per via della doppia durata, ma anche e soprattutto per il suo contenuto, denso di immagini, nostalgie, citazioni e riferimenti letterari al viaggio per mare e all’oceano come metafora del destino umano. Melville, Conrad, ma anche Omero e la Bibbia, solo per fare qualche esempio. «La letteratura di mare è quella che espone di più l’uomo al contatto col suo destino, un mare di carta in cui ritrovare indicazioni utili alla rotta della nostra vita». Una lunga opera musicale – curatissima anche a livello di arrangiamenti e  sonorità –  geniale e visionaria, colta e pop al tempo stesso, da parte dell’Artista italiano più creativo e coraggioso.

Appare chiaro che il tour che presenta questo capolavoro non poteva che partire dalla città di mare per eccellenza: Genova. Avevo già visto Capossela in concerto due anni fa, in quello che forse è lo spettacolo più bello e trascinante a cui abbia mai assistito. Ma anche questo nuovo show è di straordinaria fattura: la coreografia è essenziale ma molto suggestiva: la band – o si dovrebbe dire meglio, la ciurma – si trova infatti all’interno dello scheletro di una balena, dal quale si dipanano i tanti personaggi delle canzoni. Pirati, sirene, palombari, ciclopi, polpi innamorati, madonne delle conchiglie e foche barbute sono alcune fra le attrazioni di questo sorprendente musical teatrale che alla fine consegna il Teatro Carlo Felice tutto in piedi sotto il palco a ballare e a battere le mani.

Buon compleanno John

Buon compleanno John

«Era un ragazzino che sognava di diventare chitarrista. Venne il suo compleanno e come regalo chiese, ovviamente, una chitarra. Era molto bella. Piena di corde, però. Provò timidamente a toccarne una e ne fu respinto. Allora le accarezzò. Emisero un gorgoglio ottuso: niente a che spartire col mondo di suoni che lui si sentiva dentro. “Andrò da un insegnante di musica” disse. Aveva saputo da qualche parte che quando un sogno ti resta incollato addosso significa che non è più un’illusione, ma un segnale che ti sta indicando la tua missione nella vita. Cucinare. Fare calcoli. Riparare orologi. Ciascuno di noi ha la sua e l’errore è credere che una sia più importante dell’altra, solo perché non tutte procurano fama e denaro. Il ragazzino era sicuro che la sua missione fosse tirare fuori dalla pancia tutti quei suoni. Così andò a lezione. Non capì niente. Ci ritornò e fu peggio. “Mi arrendo, il sogno era falso, io non ho talento per la musica”. Nascose la chitarra in un baule e accese la radio. Lo invase un suono semplice, nuovo, pochi accordi ritmati. Alla radio lo chiamavano skiffle, ma era già il rock. Riaprì il baule e provò il primo accordo. Allora capì che per sapere se un sogno era giusto occorreva prima rinnegarlo, affinché la vita te lo restituisse per sempre con una rivelazione improvvisa. Raccontò la sua storia a un amico, che poi l’ha raccontata al mondo intero. Ah, quel ragazzino era John Lennon». [Massimo Gramellini]

In una intervista del 1970, a proposito dello scioglimento dei Beatles, John Lennon ha affermato: «Non butterò via la mia esistenza come ho fatto sinora, vivendo a mille chilometri l’ora. Devo imparare a non farlo, perché non voglio morire a 40 anni». Aveva 40 anni e due mesi nel 1980, quando venne ucciso da un fan squilibrato a New York. La mente dei Beatles attraverso le sue canzoni non ha dimostrato soltanto una geniale sensibilità artistica, ma una visione della vita al tempo stesso riflessiva, utopica e assolutamente realistica. Ci ha insegnato la cosa più importante: ad avere dei sogni e a lottare per essi anche quando tutto intorno a noi è avverso. Ecco perchè in realtà Lennon non è mai morto ed è luce intorno e dentro di noi. Oggi John compie 70 anni. Buon compleanno!

La playlist del decennio

La playlist del decennio

Il fatto che Billboard, uno dei più autorevoli magazine del mondo dedicati alla musica, abbia indicato fra i momenti più importanti dello scorso decennio il taglio a zero dei capelli di Britney Spears, la dice veramente lunga sullo stato comatoso in cui il panorama musicale internazionale ha vissuto questi primi 10 anni del secolo. La scena inglese, contrariamente a quanto successo sia negli Anni 80 con la New Wave, che nei 90 con il cosiddetto Brit Pop, non è riuscita a produrre alcun reale movimento. Poco o nulla si è visto in termini di novità e autentici capolavori sia di quà che di là dell’oceano. E’ stato un decennio sostanzialmente noioso che ha ripescato a piene mani nella musica del passato, con risultati raramente convincenti.

Detto questo, dopo aver giocato con la top ten cinematografica, ne ho stilata una anche musicale, non senza – è ovvio – grandi difficoltà. Ho pensato ai 10 Artisti che più ho ascoltato in questi 10 anni e ho scelto una canzone per ciascuno di loro. Ecco quindi la mia playlist degli Anni 2000 [cliccare qui per i dieci video].

For the love of Ella

For the love of Ella

Il 21 novembre di 75 anni fa una timida ragazzina di colore fa il suo debutto sul palcoscenico dell’Harlem Apollo Theatre, durante la serata dedicata agli artisti dilettanti. La giovane si presenta come ballerina, ma una crisi di nervi le impedisce qualunque movimento. Il presentatore la implora di darsi da fare e lei comincia a cantare. Nonostante l’insicurezza vince il primo premio. Il suo nome è Ella Fitzgerald. Quella sera stessa viene notata da Chick Webb, che la vuole come cantante della sua band. È l’inizio di un percorso luminosissimo. Ella ottiene successi leggendari con una carriera durata 60 anni. Migliaia di registrazioni, magici duetti, tredici Grammy Awards ed una laurea honoris causa. La sua vita personale è meno fortunata di quella professionale. La sua infanzia è di estrema povertà e viene trascorsa in un orfanotrofio prima e in un riformatorio poi. Ha 4 mariti ed un solo figlio. Storie complicate e senza fortuna. Chi non si innamora della sua voce di eterna ragazza? Ma poi il vivere quotidiano, la tensione continua per i suoi concerti, quel suo corpo goffo con i cento e rotti chili che si porta addosso rendono tutto difficile. In età adulta è vittima di una grave forma di diabete che la tormenta fino alla fine, facendole perdere la vista e l’uso delle gambe che le sono amputate a tre anni dalla morte.

Ci lascia un mare di meravigliose canzoni, scritte dai più grandi compositori americani, come Harold Arlen, George Gershwin, Irving Berlin, Cole Porter, Jerome Kern e Duke Ellington, nonchè dal maggiore musicista brasiliano: Carlos Anton Jobim. Brani immortali il cui ascolto ci conduce immancabilmente lontano dalle brutture di questa vita e ci fa sorprendere una volta di più della bellezza cristallina e travolgente di una voce senza tempo. Un vero e proprio strumento musicale che con inventiva e fantasia riesce sempre a ragalarci una nuova emozione, anche cantando per la milionesima volta lo stesso brano.

Heroes

Heroes

Nell’estate del 1977 David Bowie era a Berlino per incidere un disco. Gli studi di registrazione si trovavano proprio di fronte al muro che allora divideva in due la città. I musicisti potevano vedere dalla finestra le torrette con i soldati ed il filo spinato. Ed è proprio la vista di una giovane coppia di innamorati che si dà appuntamento ogni giorno sotto il muro, a fare da ispirazione ad una delle più belle ed inusuali canzoni di sempre. «In piedi accanto al muro mentre i fucili sparavano sopra le nostre teste, ci baciammo come se niente potesse accadere, lasciando la vergogna dall’altra parte. Possiamo batterli, ancora e per sempre. Possiamo essere eroi, anche solo per un giorno»: non una rivoluzione quindi, nessun spargimento di sangue, ma solo due individui che si ribellano al regime per amore.

Una canzone dedicata ai veri eroi. Quelli che un giorno dopo l’altro sono capaci di andare avanti nonostante le discriminazioni, con solo la propria passione da contrapporre a chi intende separarli. Una passione intesa come forza in grado di aggredire non solo le barriere fisiche, ma anche quegli ostacoli invisibili fatti di intolleranza, pregiudizio, settarismo, conservazione. E se le prime talvolta si abbattono con fermezza, i secondi – più subdoli ma altrettanto reali – possono restare ad allontanare e dividere le persone. Non si può far altro quindi che perseguire l’amore, nel senso dell’apertura, della comunicazione, dello scambio, perchè la diversità è ricchezza. E’ la base del confronto, e solo confrontandosi si cresce. Insieme.