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Categoria: formigoni

Al voto

Al voto

«Lei viene? Quante volte viene? E con che intervallo temporale?», rivolto ad una bella  impiegata che lo invitava a partecipare all’ inaugurazione di un impianto. «La magistratura sta mandando in malora l’Italia con una interpretazione giacobina: siamo di fronte ad un’offensiva dei magistrati senza alcun limite», riferendosi all’accusa per Formigoni di associazione a delinquere e alla condanna a 4 anni per corruzione all’ex ministro Fitto«Se il festival della canzone italiana diventerà il festival dell’Unità sono certo che il 50% dei cittadini italiani non pagherebbe più il canone», a proposito della kermesse di Sanremo, colpevole – a suo dire – di levargli tempo per rastrellare alla TV i voti degli indecisi. 

In queste 3 dichiarazioni rilasciate dal Cavaliere negli ultimi giorni c’è tutta l’arroganza, la volgarità, la pochezza e la cialtroneria che ha contraddistinto il ventennio berlusconiano. Fra 10 giorni avremo la possibilità di far voltare pagina al Paese, votando per il centrosinistra, che – pur con tutti i suoi limiti – rappresenta l’unica proposta seria di Governo. Potremo risparmiarci una nuova stagione di populismo dilagante, di leaderismo videocratico privo di contenuti, di leggi ad personam,  di attacchi alle istituzioni, di logoramento del tessuto sociale, di promozione di un clima di intolleranza ed ignoranza e di derive – più o meno morbide – verso un regime illiberale. C’è bisogno di un cambiamento radicale di cui farci protagonisti con il nostro voto.

Il fallimento di un Paese

Il fallimento di un Paese

Archiviata la parentesi di Monti, berlusconi intende essere nuovamente il leader di «un centrodestra in parte rinnovato e più ampio che torni a guidare il paese».  Nonostante il processo Ruby e le mille intercettazioni che ormai lasciano pochi dubbi sulle sue responsabilità politiche e penali e nonostante la nuova tegola giudiziaria che lo vede imputato di frode fiscale per le irregolarità nella compravendita di diritti televisivi, con una richiesta di condanna a 3 anni e 8 mesi, l’ex premier non nasconde più di voler tornare in sella ad «un nuovo partito di moderati». E a proposito di “moderati”, Formigoni – indagato per corruzione e finanziamento illecito – ha pervicacemente confermato di non volersi dimettere: «Non sarei, in ogni caso, l’unico presidente di Regione o sindaco di una grande città ad essere sottoposto ad indagini». Ben sintetizzando la cifra stilistica del berlusconismo che grava tuttora su istituzioni e tessuto sociale. Al vigile che domani ci contestasse il superamento dei limiti di velocità, potremmo infatti placidamente rispondere: «Che male c’è? Non vede che non sono l’unico?!».
 
Nelle parole di questi signori si respira tutto il fallimento di un Paese, incapace di chiudere definitivamente con un ventennio imbarazzante e penoso, che ci ha condotto sull’orlo del baratro economico, oltre che allo sfascio politico, culturale e sociale. In qualsiasi nazione occidentale, personaggi del genere non avrebbero più alcuna voce in capitolo, sarebbero relegati in qualche eremo dorato, quand’anche non tradotti nelle patrie galere. Invece in Italia l’arroganza e il sopruso sovrastano ancora la parte pulita della società.
Avanti così!

Avanti così!

E’ una pervicacia autolesionista quella che i rappresentanti della nostra gloriosa casta dimostrano quando si tratta di minare il già scarissimo credito della gente nei confronti della classe politica. In un clima da fine impero nessuno si muove per andare incontro alle istanze di moralità e responsabilità avanzate dai principali settori della società civile, o per ridare fiducia ad un elettorato sempre più attratto dall’astensionismo protestatario o dal “populismo 2.0” di Grillo.

Recenti prove si sono avute presso la Regione Lombardia, dove non è passata la mozione di sfiducia contro il presidente Roberto Formigoni. Un risultato certo non sorprendente, data la maggioranza di centrodestra in Consiglio. Ciò che invece ha sorpreso è che il primo firmatario della mozione, il capogruppo del PD al Pirellone, fosse assente perchè intento a prendere il sole su una spiaggia della Grecia. Tutto ciò, mentre ben 169 senatori del Parlamento Italiano [un numero quindi che va oltre quello della maggioranza berlusconiana] votavano contro l’arresto del collega del PdL Sergio De Gregorio, accusato di “cosucce” come associazione a delinquere, truffa e false fatturazioni. In questo leggiadro contesto, non è potuta mancare neppure la tradizionale e chirurgica logica delle spartizioni delle poltrone, secondo cui PdL, PD e UDC hanno nominato dei propri uomini a capo delle Autorità delle Comunicazioni e della Privacy.