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Categoria: sordi

I Classici del Cinema – La Grande Guerra

I Classici del Cinema – La Grande Guerra

Alberto Sordi e Vittorio Gassman sono una coppia di soldati cialtroni e sfaticati, tipici esempi di lavativi che verso la fine della Prima Guerra Mondiale si fanno simbolo di un esercito decimato ed avvilito. Dopo una serie di tragicomiche peripezie in cui cercano soltanto di evitare i pericoli del conflitto, vengono catturati dagli austriaci, i quali li minacciano di morte qualora non forniscano preziose informazioni. Stanno per cedere, quando di fronte al disprezzo verso il coraggio degli italiani dell’ufficiale austriaco che li interroga – «Gli italiani conoscono un solo fegato, quello con le cipolle che fanno a Venezia» – in un sussulto di dignità ed orgoglio nazionale, decidono di tacere – «E allora senti un po’, visto che parli così… Mi te disi propi un bel nient! Hai capito? Facia de merda!» – finendo così per essere fucilati.

Ne La Grande Guerra [1959] il conflitto non si limita a fungere da semplice cornice, ma è – a tutti gli effetti – un elemento di primo piano della vicenda. Mario Monicelli, grazie anche ai considerevoli mezzi messi a disposizione dal produttore Dino De Laurentiis, può fare uso di grandi scene di massa con un elevato numero di comparse, esaltando così una accuratissima ricostruzione storica. La sceneggiatura che mescola sapientemente ironia e comicità a passaggi amari ed altamente drammatici, incontra – ancor prima che la pellicola esca nelle sale – le feroci polemiche dell’ambiente politico, che stupidamente teme che il film infanghi la memoria dei caduti. Invece il lavoro del regista viareggino è uno splendido affresco corale, in grado di mostrare la guerra fuori da ogni retorica, dal punto di vista della trincea e dei soldati. Un’acuta riflessione storica, che demitizza la visione patinata e romantica della battaglia e dell’eroismo. «Altro che retorica e patriottismo» dichiara Monicelli «i soldati italiani erano una massa di straccioni che si spulciavano a vicenda. In fondo la guerra l’abbiamo vinta perchè austriaci e tedeschi decisero di non sopportare più tutte quelle perdite umane. Però né noi né i francesi abbiamo mai vinto una battaglia. Ce l’abbiamo fatta perchè i poveri cafoni analfabeti chiamati alle armi dal nostro Mezzogiorno vivevano come animali, in condizioni ancora peggiori di quelle dell’esercito, dunque perfino la vita al fronte poteva sembrare un miglioramento. Ma questo allora non lo aveva ancora raccontato nessuno». La contaminazione fra commedia e dramma – mai così felice come in questo capolavoro assoluto del Cinema Italiano, vincitore del Leone d’oro a Venezia – è resa indimenticabile dalla maestosa prova di Sordi e Gassman, coadiuvati da un parterre di formidabili comprimari, fra i quali Romolo Valli, Silvana Mangano, Folco Lulli e Tiberio Murgia.

Uozzamericanboi

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Il 24 febbraio di 7 anni fa si spegneva a 82 anni Alberto Sordi. La sua figura resta unica nella storia del Cinema Italiano. Si può dire che nessun altro, fatta eccezione per Totò, seppure con caratteristiche diverse sia per epoca che per caratterizzazione, sia riuscito a conquistarsi nel cuore del pubblico uno spazio così definito. Anno per anno, Sordi si è costruito la carriera con una determinazione senza eguali. Nel farlo ha dato vita ad un personaggio familiare a milioni di spettatori: astuto, vile, furbesco, ironico, coraggioso solo se costretto, romanesco sino al midollo e, al tempo stesso, beffardo verso tutto ciò che è la “romanità” corrente.

A partire dai primi Anni 50, l’attore trasferisce al cinema alcuni personaggi creati dalla sua fantasia e proposti alla radio, connotandoli di un elemento assolutamente inedito fino ad allora. Sordi infatti pare accanirsi ed infierire sul proprio personaggio, caricandolo di crudeltà. Primo esempio in Italia di un comico che, facendo ridere della propria abiezione, chiama il pubblico sia a solidarizzare col personaggio che a disprezzarlo insieme. L’incontro artistico che determina la prima svolta nella sua carriera è quello con Federico Fellini, col quale entra in due ruoli di spessore, due personaggi negativi e immorali, protagonisti rispettivamente de Lo sceicco bianco e de I Vitelloni. Ma è Mario Monicelli con La grande guerra del 1959, che consente a Sordi di esprimere un nuova maturità drammatica. Questo film,  un affresco memorabile sul conflitto del 1915-18, visto attraverso le vicende di due soldati pelandroni e vigliacchi, consente a Sordi un nuovo modo di recitare, che non esclude il suo enorme  talento comico, ma sapientemente lo mescola ad un tono tragico.

La lista delle interpretazioni di Sordi, in cui l’abituale chiave ironico-grottesca si arricchisce di accenti più amari, prende forma negli anni a venire, anche con individui rispettabili ed eroi positivi, come il tenente Innocenti in Tutti a casa [1960, di Luigi Comencini], il giornalista Magnozzi in Una vita difficile [1961, di Dino Risi], il commissario Lombardozzi ne Il Commissario [1962, sempre di Comencini] e lo sfortunato maestro Mombelli de Il maestro di Vigevano [1963, di Elio Petri]. A questi si uniscono, fra i tanti altri, il siciliano Badalamenti de Il Mafioso [1962, di Alberto Lattuada], il geometra Dinoi in Detenuto in attesa di giudizio [1971, di Nanni Loi] e soprattutto l’impiegato ministerale Vivaldi in Un borghese piccolo piccolo [1977, di Mario Monicelli]. Film che segna sia la fine della commedia all’italiana che il punto più alto della carriera di Sordi, che negli anni successivi si avvierà verso un lento declino.