Troppo tardi?
«Nella sentenza che ha confermato le condanne per alcuni responsabili delle efferatezze alla scuola Diaz la Cassazione scrive che quei fatti “hanno gettato discredito sulla Nazione agli occhi del mondo intero”. Ma si sa che in Italia le parole scorrono come l’acqua fresca. Ora però la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo ha stabilito che quelle persone (non meritano di essere chiamati poliziotti) si macchiarono di un crimine orrendo qual è la tortura. E questo giudizio è decisamente più pesante, per gli effetti reputazionali sul Paese. Al punto da far sorgere una domanda che già si doveva porre dopo la sentenza italiana. Qualcuno in effetti la fece. Prima i deputati Andrea Sarubbi e Furio Colombo, poi il loro collega Ermete Realacci. Inutilmente, però. La domanda riguarda l’opportunità di certe scelte. È opportuno che la presidenza della Finmeccanica, società pubblica più esposta ai giudizi internazionali insieme all’Eni, sia stata affidata a chi era capo della polizia mentre si consumava quella pagina nera della democrazia italiana? Conosciamo la giustificazione: De Gennaro è stato pienamente assolto da ogni accusa. Siamo felici per lui. Ma non ci sfugge nemmeno la differenza che passa fra responsabilità penale e oggettiva. Che vanno sempre tenute ben distinte. Dopo i fatti del G8 De Gennaro è salito al vertice dei servizi segreti, poi a Palazzo Chigi con Monti. Infine alla presidenza della Finmeccanica con Letta, confermato da Renzi. E con tutto il rispetto per l’ex capo della polizia e i suoi meriti professionali, ci permettiamo di insistere: è stato opportuno?».
Diciamolo chiaramente: le violenze e le sevizie subite dai fermati alla scuola Diaz sono indegne per un Paese che intende definirsi “civile”. Ecco perchè le parole di Orfini, che giudica vergognoso che De Gennaro sia presidente di Finmeccanica, sono particolarmente lodevoli, anche se il Presidente del PD omette di sottolineare – come invece fa Sergio Rizzo nell’articolo riportato – che se il capo della Polizia all’epoca del G8 di Genova è oggi ai vertici di una prestigiosissima società pubblica, lo si deve proprio al suo partito. Chi ieri ha chiesto conto della vicenda al premier, si è sentito ribattere – col solito tono supponente – che lui i riscontri li dà in Parlamento, alludendo alla legge sul reato di tortura finalmente approdata in Aula. Ma questa risposta è largamente insufficiente: recuperare un ritardo di 25 anni rispetto agli obblighi assunti con le Nazioni Unite, adeguandosi così ai principali paesi europei che hanno già recepito la fattispecie nei propri ordinamenti, non può essere considerato un merito. Si tratta infatti di un un dovere, di un atto “minimo ed indispensabile” per chiunque intenda fregiarsi del termine di rinnovatore. Se Renzi si pone davvero come obiettivo quello di cambiare verso al Paese, deve – lo ripeto ancora una volta – collocare al centro della sua azione politica la questione morale. Premiare con l’opportunità di una brillante carriera personaggi (condannati o “solo” indagati) come De Gennaro, sul quale comunque gravano terribili responsabilità oggettive, la dice lunga su quanta strada l’Italia deve ancora fare per essere una democrazia compiuta, capace di garantire i diritti più elementari. E se la sentenza della Corte Europea può aiutarci in questo è la benvenuta, sperando che – come segnala Vauro – non sia ormai troppo tardi.