Philip Seymour Hoffman
Philip Seymour Hoffman era uno dei migliori attori americani, forse il più grande della sua generazione. Capace di impreziosire con la sola presenza tutti i film a cui prendeva parte, anche quelli meno riusciti. Non c’è stato genere o ruolo che non sia riuscito a sostenere con straordinaria versatilità, dando prova al tempo stesso di metodo rigoroso e di sorprendente naturalezza. Non una star quindi, che finisce col riproporre se stessa all’infinito, ma un formidabile interprete, in grado di reinventarsi ogni volta e perdersi fra le pieghe del proprio personaggio.
Un talento fuori dal comune che però non lo ha salvato da una debolezza personale che lo ha condotto alla morte all’età di 46 anni. Disse una volta: «Per me recitare è talmente difficile che, a meno che io non abbia la percezione che il lavoro sia di una certa statura, a meno che io non raggiunga le aspettative che ho di me stesso, sono infelice. E allora, è una miserabile esistenza. Io metto un pezzo di me là fuori. Se questo non ha nessun effetto, provo una grande vergogna». Un’affermazione che forse può chiarire perchè con apparentemente così tanto per lui, niente sia stato sufficiente a tenerlo ancorato a questo mondo. Alcuni grandi artisti traggono la loro creatività da un luogo di fragilità e sofferenza che poi è lo stesso da dove provengono i propri demoni e i propri fantasmi. Un male di vivere da cui non ci si può separare.