La difficile vita del tesoriere
E’ indubbio ormai che fare il tesoriere di un partito politico sia un mestiere terribilmente usurante. Avere ogni giorno a che fare con vagonate di soldi senza essere colti dalla tentazione di impiegarli in modo indebito è umanamente impossibile. Come biasimare allora il senatore Luigi Lusi, tesoriere della Margherita, indagato per aver prelevato dalle casse del partito, naturalmente ad insaputa della dirigenza, almeno 13 – diconsi 13 – milioni di euro, ed averli quindi spesi per acquistare appartamenti di lusso, ville ai Castelli Romani, perfino una casetta in Canadà. Costringendo così il buon Rutelli ad uno sfiancante tour mediatico con l’obiettivo di convincere l’opinione pubblica della sua estraneità ai fatti, come se da un punto di vista meramente politico, essere così fessi da farsi soffiare sotto il naso fiumi di denaro sia davvero tanto meglio d’essere dei ladri.
Come già successo con Lusi, risulta davvero troppo facile fare i fustigatori della domenica nei confronti del povero tesoriere del Carroccio Francesco Belsito [con illustri trascorsi di buttafuori nelle discoteche della riviera ligure e di titolare di un’impresa di pulizie], accusato di truffa aggravata ai danni dello Stato e appropriazione indebita. Avrebbe infatti usato parte dei finanziamenti pubblici della Lega per sostenere alcune spese della famiglia Bossi. Una persona come berlusconi, che ha sempre fatto della trasparenza e della rettitudine morale una linea personale di condotta, ha pensato bene – dall’alto della sua incontestabile autorevolezza – di rilasciare al riguardo una sollecita dichiarazione: «Chiunque conosca Umberto Bossi come me non può essere neanche sfiorato dal sospetto che abbia commesso alcunché di illecito». Con un garante così, come possibile dubitare?
Lega ladrona?
Fatto salvo il famoso principio della presunzione di innocenza fino a giudizio emesso, l’indagine per corruzione a carico del presidente del Consiglio Regionale della Lombardia, il leghista Davide Boni, è una bella tegola in casa del Carroccio. Se l’accusa finale fosse di colpevolezza, infatti, dimostrerebbe nel modo peggiore che anche il partito di Bossi, nato vent’anni fa come reazione al sistema politico centralista, fatto di ruberie e corruttele, è ormai pienamente organico al regime di malaffare messo in piedi dal PdL e che, perlomeno in ambito milanese, ha visto coinvolto anche un esponente di punta del PD.
Ciò che dispiace sono le prime reazioni del Senatur e di gran parte della dirigenza del partito, che – nel miglior stile berlusconiano – parlano di ritorsioni e complotti orditi dalla magistratura. Se poi si nutrisse ancora qualche dubbio sull’idea di trasparenza e democraticità in seno al Carroccio, basta leggere il suo organo ufficiale di informazione, La Padania, che per il secondo giorno consecutivo omette di parlare della vicenda, preferendo – evidentemente – concentrarsi su notizie sicuramente più importanti, come la sagra della polenta taragna col cotechino a Brembate di Sopra.
Votare secondo incoscienza
Poco fa la Camera si è nuovamente espressa, dopo un anno e mezzo, contro l’arresto del deputato del PdL e coordinatore del partito in Campania, Nicola Cosentino. Il risultato è stato possibile anche grazie ai voti della Lega, che – seppur spaccata al suo interno – si è ancora una volta sottomessa ai diktat di berlusconi. Certo fa piacere che gli uomini vicino a Maroni abbiano assunto una posizione contraria alla linea dettata da Bossi, resta soltanto da domandarsi come può il Senatur pensare di continuare a tuonare contro la mafia del Sud, e poi opporsi ogni volta alle richieste della Magistratura? Di quale credibilità ritiene possa ancora godere il suo partito? Quando si viene chiamati a decidere su questioni importanti come questa, si dovrebbe farlo indipendentemente dall’opportunità del momento. L’autorizzazione a procedere nei confronti di un politico di spicco, su cui pesano gravissime accuse di collusione con organizzazioni criminali, non può certo essere negata od accordata sulla base di alleanze o convenienze partitiche.
Così, il tentativo dei “maroniani” di smarcarsi da berlusconi sulla questione della legalità non è riuscito. La Lega continua ad andare a traino del PdL, che si configura sempre più come il partito dell’impunità, accampando l’abusato teorema dei complotti bolscevichi ad opera della Magistratura o, in alternativa, la solita panzana del fumus persecutionis. La scorsa settimana si è persino spinto a mettere in dubbio l’opportunità di operazioni di verifica fiscale come quella di Cortina. Evidentemente anche gli evasori fiscali sono perseguitati dalla legge! Fino a quando la maggioranza parlamentere sarà in mano al Partito della Libertà e ad uomini come Cicchitto, che aveva minacciato di compromettere il quadro politico nel caso Cosentino fosse stato arrestato, sarà difficile per questo Paese uscire dalle sacche del berlusconismo.
I senza vergogna
Cominciamo col dire che questa manovra economica non rispetta certo i principi di equità sociale con cui Monti si era presentato. Stabilito questo, le critiche che gli sono piovute addosso in queste ultime ore da parte di berlusconi e l’ignobile gazzarra che la Lega ha portato al Senato e alla Camera, dimostrano in modo inequivocabile il becero populismo e la sfacciata ipocrisia di cui sono capaci il Cavaliere e Bossi. E’ stato proprio il loro Governo, infatti, che ha condotto l’Italia a questa drammatica situazione. Non dimentichiamoci che fino al mese scorso la crisi veniva sminuita o persino negata. Il premier trascorreva il suo tempo insieme alle nipotine di Mubarack o comprando i propri sostenitori in Parlamento, mentre Bossi approvava qualsiasi legge ad personam del suo degno compagno di merende.
Le riforme di questi giorni si sarebbero dovute effettuare già da tempo e si sono rese ancor più urgenti proprio perchè chi ha governato per la gran parte degli ultimi 17 anni è stato incapace di mantenere le promesse fatte, lasciando sprofondare l’Italia sull’orlo del baratro. Ancora in queste settimane sia berlusconi che bossi parlano di pericolo comunista e di difesa della libertà, usando toni e linguaggi che apparivano vecchi e logori già nel 1994. Due anziani parolai il cui immobilismo è ormai patologico. E’ assolutamente legittimo criticare Monti e la sua manovra, ma gli unici che non possono attaccare chi – certamente commettendo degli errori – sta cercando di trovare dei rimedi allo sfascio di questo Paese, sono coloro i quali hanno determinato questo stato di cose.
L’irresponsabilità della Lega
Gad Lerner ha intitolato il suo post di ieri, che condivido pienamente,“I rifiuti di Napoli e la Lega carogna”. Quando una delle città più importanti d’Italia vive una sciagura che mette a rischio la salute dei più deboli, una drammatica situazione alimentata dalla criminalità organizzata e mai contrastata efficacemente dalla politica, è tempo di mettere in campo responsabilità e solidarietà. Caratteristiche queste che non hanno mai costituito il tratto identitario del partito di Bossi, animato piuttosto da spinte localiste e separatiste che vedono nell'”altro da sè” qualcuno di cui non tenere mai conto. Quindi come non definire carogne i dirigenti del Carroccio che si nascondono dietro frasi agghiaccianti come «Chi è causa del suo mal pianga se stesso»? Bossi si oppone all’approvazione del decreto “salva Napoli”, dimenticandosi che la Lega governa da otto anni sugli ultimi dieci e certo non può non assumersi la sua parte di responsabilità nella cattiva gestione della vicenda, ed anche se ne fosse del tutto estranea, non può rifiutare il proprio aiuto, per mere motivazioni propagandistiche, a dei cittadini italiani che oggi ne hanno bisogno. Perchè se c’è un modo per risolvere l’annosa questione della spazzatura a Napoli è quella di un’azione coordinata fra Governo, Regione Campania, Provincia e Comune. Ognuno faccia la sua parte per farsi carico di un problema che è nazionale, con coscienza e senso dello Stato. Anche la Lega, se ne è capace.
Il Grande Carnevale
Tutto questo mentre il premier accelera senza la minima vergogna – nonostante le assicurazioni che non si sarebbe più ricorso a leggi ad personam – al fine di far approvare in tempi brevissimi la prescrizione breve, che oltre a presentare tratti di dubbia costituzionalità mette incidentalmente a rischio migliaia di processi.
Viva l’Italia. L’Italia tutta intera.
Questa volta persino l’alleato stigmatizza il vergognoso comportamento leghista, sostenendo – nella persona del coordinatore provinciale del PdL – che «chi non rende onore alla propria bandiera, al proprio inno e alla patria non può che essere definito vigliacco e la sua esistenza meschina. Migliaia di lombardi si sono sacrificati, dalle guerre risorgimentali fino alle battaglie sul Carso e sul Piave. Chi disonora il sangue dei propri avi, patrioti che si sono immolati per sconfiggere il nemico asburgico, è un traditore e un vigliacco». Al di là di tutto resta la gigantesca anomalia, davvero unica al mondo, di un partito che governa un Paese che non riconosce. Ennesima riprova, se mai ce ne fosse ancora bisogno, del populismo, dell’opportunismo e dello squallore assoluti, rappresentati da questa maggioranza.
L’unità che divide
Ora, fingiamo di non ricordare che fino a qualche giorno fa ci avevano raccontato che il nostro Paese era fra quelli che in Europa aveva meglio reagito alla crisi economica. Fingiamo ancora di non considerare l’evidente malafede di chi si richiama alla Costituzione oggi, quando ieri non vi si è mai riconosciuto. Però il tentativo del Carroccio di motivare la propria posizione con questioni di ordine economico è davvero troppo indecente per non sentirsi presi in giro! Non sarebbe invece più leale dichiarare, senza nascondersi dietro l’ipocrisia di false spiegazioni, che per il Carroccio l’Unità dell’Italia non solo non rappresenta un valore da festeggiare, ma è qualcosa contro cui si è sempre schierato? Di cosa ha paura Bossi? Di incrinare la propria alleanza col PdL in un momento già così delicato per la maggioranza? Resta comunque l’infamia di un Governo che non riesce neppure ad avere una posizione condivisa su un bene assoluto come l’Unità nazionale, in spregio a tutti coloro che hanno lottato, arrivando persino a sacrificare la propria vita, per quest’ideale di libertà.
La satira diventa cronaca
Le vicende di queste ultimissime settimane, a cominciare dalla bestemmia pronunziata in pubblico, per finire con l’aggressione verbale ai gay e con la puntata di ieri sera di Ballarò, dove l’onorevole Lupi si è dimostrato più snodato dell’Uomo Ragno nell’arrampicarsi su ogni specchio possibile per difendere il premier, mi hanno fatto tornare alla mente una vignetta di Stefano Disegni di due anni fa. Alla fine oggi siamo nelle condizioni di dire che la realtà dei fatti ha superato la fantasia di chi fa satira. Quando i comportamenti di un uomo pubblico e di chi continua ancora a sostenerlo [a cominciare da Bossi che liquida l’affaire della telefonata alla Questura di Milano affermando: «Silvio ha sbagliato, poteva telefonare a me o a Maroni», come a dire: il lavoro sporco non lo faccia personalmente, lo lasci pure a noi], ridimensionano la satira a cronaca, allora significa che il regime, nel tentativo di salvare se stesso, è andato ben oltre ogni livello di guardia.
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