Fuori dal Parlamento!
L’Italia non ha nulla a che fare con qualsiasi altro Paese occidentale, o con una democrazia civile ed evoluta. Altrove un politico si sarebbe dimesso ben prima di attendere la condanna definitiva, qui invece sono 4 mesi che gli si consente di fare il bello ed il cattivo tempo: minacciare parlamentari, pressare il Capo dello Stato per ottenere la grazia, togliere la fiducia al Governo, chiedere la testa del Presidente del Consiglio, gridare al golpe, promuovere manifestazioni di piazza, fondare nuovi partiti e chi più ne ha. Ancora una volta la responsabilità però non è di berlusconi, ma di un’opinione pubblica bovina ed inetta che non sa cosa significa indignarsi e per cui tutto è lecito, persino che un pregiudicato attacchi la Magistratura, le leggi dello Stato ed il primato del diritto. Una collettività di cui il ducetto di Arcore è da vent’anni modello e allo stesso tempo specchio.
A nulla è valso l’anatema che qualche giorno fa aveva rivolto ai senatori del PD e del M5S: salvatemi o della vostra colpa dovrete vergognarvi per sempre di fronte ai vostri figli, ai vostri elettori e a tutti gli italiani. Il Caimano è decaduto, ma sbaglieremmo se pensassimo che questo atto costituisca la fine del berlusconismo. In questo senso sono d’accordo con Barbara Spinelli, che scrive: «È un sollievo sapere che non sarà più decisivo, in Parlamento e nel governo, ma il berlusconismo è sempre lì, e non sarà semplice disabituarsi a una droga che ha cattivato non solo politici e partiti, ma la società. Sylos Labini lo aveva detto, nell’ottobre 2004: “Non c’è un potere politico corrotto e una società civile sana”. Fosse stata sana, la società avrebbe resistito subito all’ascesa del capopopolo, che fu invece irresistibile: “Siamo tutti immersi nella corruzione”, avvertì Sylos.»