La legge Grillo-Casaleggio
«Ieri è passato l’emendamento di due portavoce senatori del MoVimento 5 Stelle sull’abolizione del reato di clandestinità. La loro posizione espressa in Commissione Giustizia è del tutto personale. Non è stata discussa in assemblea con gli altri senatori del M5S, non faceva parte del Programma votato da otto milioni e mezzo di elettori, non è mai stata sottoposta ad alcuna verifica formale all’interno. Non siamo d’accordo sia nel metodo che nel merito. Nel metodo perché un portavoce non può arrogarsi una decisione così importante su un problema molto sentito a livello sociale senza consultarsi con nessuno. Il M5S non è nato per creare dei dottor Stranamore in Parlamento senza controllo. Se durante le elezioni politiche avessimo proposto l’abolizione del reato di clandestinità, presente in Paesi molto più civili del nostro, come la Francia, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, il M5S avrebbe ottenuto percentuali da prefisso telefonico».
Questa la posizione di Grillo circa l’approvazione dell’emendamento del M5S che abroga il reato di immigrazione. In queste parole ci sono tutte le miserie del Movimento. Da una parte il greve populismo che è il vero motore che anima le scelte del profeta del vaffanculo. Le decisioni politiche vengono prese non tanto per il bene comune o in nome di ciò che è giusto o di buon senso, quanto piuttosto allo scopo di ottenere consenso o perlomeno di non perderlo. La famosa democrazia dal basso poi è solo propaganda. L’uno vale uno ha un significato soltanto se quell’uno si chiama Grillo o Casaleggio. In caso contrario uno vale niente e se prova a valere qualcosa, viene zittito o espulso. I parlamentari pentastellati che – è bene ricordarlo ancora una volta – secondo la Costituzione Italiana agiscono [come tutti gli altri] senza alcun vincolo di mandato, sono invece relegati a meri esecutori, obbligati ad obbedire ai diktat dei due fondatori del Movimento, i quali non si fanno scrupolo di sconfessarli ed umiliarli quando si ritiene che le loro azioni non inseguano la pancia dell’opinione pubblica.