Resta in campo, ma forse no
Ed ecco che è arrivata una condanna a 4 anni per frode fiscale a mettere forse la parola fine all’avventura politica di berlusconi, che per quasi un ventennio ha tenuto in scacco un intero Paese sotto il giogo dei suoi interessi personali. L’uomo che nel 1994 era sceso in politica per evitare la galera e che da allora aveva dato il via ad una guerra senza quartiere alla Magistratura, fatta di continui attacchi, deligittimazioni, leggi ad personam, abolizioni di reati gravissimi, legittimi impedimenti e prescrizioni brevi, adesso che non è più Presidente del Consiglio e non ha una maggioranza parlamentare che lavora perchè lui sfugga alla Giustizia, deve subire una grave sentenza di colpevolezza. La prima conseguenza è il suo farneticante doppio dietrofront con tanto di tuffo acrobatico, carpiato ed avvitato all’indietro, con buona pace del buon senso. Ieri aveva deciso di non candidarsi alle prossime elezioni e aveva elogiato l’azione di Monti. Oggi invece, prima annuncia l’intenzione di restare in campo per riformare la giustizia e poi conferma il suo ritiro, minacciando però di togliere la fiducia al Governo.
Rimane da vedere quanti saranno gli elettori disposti a dargli ancora credito. I sondaggi che danno un PdL allo sbando dimostrano che finalmente dopo ben 18 anni gli italiani hanno veramente compreso la natura dell’uomo che li ha sedotti grazie al potere ipnotico del suo impero mediatico. In tutto questo tempo, come scrive Di Pietro nel suo blog, «Col suo cattivo esempio ha disseminato ovunque la malapianta della corruzione e di una politica intesa solo come ricerca a ogni costo del proprio personale vantaggio. Ha lasciato un’Italia peggiore di quella che aveva trovato, con una corruzione ancora più micidiale, più diffusa, ingegnerizzata e spesso, addirittura, più legalizzata di quanto non fosse all’epoca di Tangentopoli.»