Il Natale ai tempi del terrorismo
Il Natale è qualcosa di più di una semplice festa religiosa: fa infatti parte del nostro patrimonio culturale, del nostro più antico e prezioso bagaglio di tradizioni. Non celebra unicamente la nascita del Bambin Gesù, ma anche quei principi come la fratellanza, la solidarietà e la pace, sui quali si fondano le società occidentali. Ecco perchè la decisione del preside della primaria Garofani di Rozzano è una sciocchezza grossolana, specie se presa a seguito dei fatti del 13 novembre. L’integrazione fra il mondo islamico ed il nostro non può certamente passare attraverso la negazione dei valori fondanti della propria identità, per paura di turbare una non meglio precisata sensibilità religiosa di chi proviene da differenti culture.
Detto questo, sarà comunque opportuno interrogarsi su come gestire la materia complessa della diversità religiosa nelle scuole pubbliche (e laiche), in una società che sta sempre più diventando multietnica, senza naturalmente finire a brandire i presepi come arma di propaganda o a trovarsi improvvide parlamentari che intonano “Tu scendi dalle stelle” davanti ai cancelli degli istituti scolastici. La questione è troppo seria ed importante per lasciarla nelle mani di un Salvini o di una Gelmini qualsiasi, o per strumentalizzarla contro gli islamici e i migranti, in uno spirito che è diametralmente opposto a quello “natalizio”. E’ evidente che ciò che un tempo valeva per una società cattolica non può valere più oggi, ma è altrettanto chiaro che non si può cancellare dai programmi scolastici ogni riferimento religioso per timore di offendere qualcuno. E allora, ancora una volta la diversità dev’essere considerata come un’opportunità, una ricchezza, un’ulteriore strumento di conoscenza dentro una società in cui culture differenti devono imparare a convivere in armonia. Uno degli obiettivi primari dei terroristi è quello di instaurare un clima di contrapposizione totale, di odio verso chi è diverso da noi, cerchiamo – una volta tanto – di non aiutarli.