Come può uno scoglio arginare il mare?
C’è una notizia che da una settimana apre tutti i telegiornali e campeggia dalle prime pagine dei quotidiani: il naufragio della Costa Concordia. Certo, in un Paese in cui fino a pochi giorni fa ad affondare erano soltanto i barconi dei migranti, vedere colare a picco una nave da crociera con più di 4ooo passeggeri ha dell’incredibile. Ma ciò che più ha colpito l’immaginario nazionale è la figura del Comandante Schettino ed in particolare la sua esplosiva telefonata con il Capitano De Falco della Capitaneria di porto di Livorno. Quel «Torni a bordo, cazzo» rivolto da quest’ultimo al Comandante della Concordia – il quale attinge a piene mani al solito scusario dell’italietta berlusconiana per giustificare l’incidente prima e la sua repentina fuga poi – è diventato il manifesto di quegli italiani che vorrebbero chiudere per sempre con i tanti cialtroni che rivestono, senza meritarlo, un posto di comando. In un Paese in cui non è mai colpa tua, in cui splendide case vista Colosseo ti vengono intestate senza che tu ne sappia niente, e dove – se una nave affonda – è colpa di uno scoglio che stava lì ad insaputa tua e delle carte nautiche, uno come De Falco, che si è limitato a fare il proprio lavoro con coscienza e scrupolo, pare davvero un supereroe con mantello e calzamaglia.
E così, grazie allo sciagurato Schettino e alla fin troppo facile e schematica riconducibilità della sua figura ad un Italia priva di responsabilità e coraggio, una terribile tragedia è diventata un farsesco evento metaforico, un reality show a puntate sul Titanic nostrano che ha coinvolto media e social network. Naturalmente con tanto di stuoli di esperti che rilasciano pareri tecnici, plastici a Porta a Porta, gruppi su Facebook, rimandi a Love Boat e pruriginose interviste a ballerine moldave.