Sfogliato da
Categoria: dell’utri

Gli impresentabili

Gli impresentabili

berlusconi ha spiegato che ha dovuto far a meno di uomini come Dell’Utri e Cosentino per avere più consenso. Quindi l’iniziativa del Cavaliere di liberarsi di alcuni personaggi discutibili non è dettata dalla volontà di dar seguito alle istanze di moralizzazione che arrivano sempre più forti dalla pubblica opinione, ma semplicemente da bieche logiche elettorali. Naturalmente non è stato fatto alcun cenno alle accuse gravissime di collusione con la camorra e concorso esterno in associazione mafiosa che gravano sugli uomini del PdL. La colpa è – tanto per cambiare – soltanto della magistratura politicizzata che ha deciso di perseguitare alcuni dei maggiorenti del partito. Insomma, la solita congiura bolscevica.
 
Inoltre per qualche impresentabile che se ne va, ve ne sono molti altri che restano: Verdini, Formigoni, Nitto, Cesaro solo per fare qualche piccolo esempio. Prova ulteriore che l’obiettivo dell’operazione non è certo quello di ripulire le liste poco virtuose del Popolo della Libertà. Per non parlare, ovviamente, del personaggio più impresentabile di tutti, il plurinquisito e condannato in primo grado silvio berlusconi.
Il Salvacondotto

Il Salvacondotto

In questi giorni ho letto da più parti che, per la sua uscita di scena a novembre, berlusconi avrebbe preteso una sorta di salvacondotto giudiziario per lui ed i suoi amichetti. Sono sempre stato restio a prendere in considerazione questo genere di ipotesi che sanno così tanto di fantapolitica. Perdipiù sono convinto dell’indipendenza del potere giudiziario rispetto a quello politico. Non ho mai ritenuto, ad esempio, che vi sia mai stato un accanimento politico di parte della magistratura nei confronti dell’ex premier, il quale – semmai – è sceso in politica proprio per non rispondere di vari reati, fra cui alcuni contestati ben prima del 1993, anno in cui fondò Forza Italia insieme a Marcello Dell’Utri.

In particolare Luca Telese su Il Fatto  pone l’accento sull’apparente [e, a suo dire, piuttosto sospetta] casualità di alcuni fatti giudiziari, avvenuti tutti successivamente all’insediamento di Monti a Palazzo Chigi. Il giudizio della Corte Costituzionale contrario alla legittimità dello scomodo referendum anti porcellum, poi la prescrizione per l’ex premier al processo Mills, e poi ancora la sorprendente sentenza della Cassazione di pochi giorni fa che ha stabilito che il processo Dell’Utri sia da rifare [decisione che verosimilmente condurrà anche il senatore del PdL verso la prescrizione]. Solo coincidenze? Mah… chissà… probabilmente sì, anche se più di un’osservatore è pronto a scommettere che l’ex premier sarebbe stato disposto ad affossare l’intero Paese, pur di non farsi da parte senza una garanzia sull’ impunità giudiziaria sua e del suo sodale. Del resto questa è una soluzione prospettata in tempi non sospetti ed in modo esplicito anche da politici di primo piano, come ad esempio Rocco Buttiglione.

La convergenza fra mafia e politica

La convergenza fra mafia e politica

Oggi Barbara Spinelli ha scritto un illuminante articolo dal titolo: L’osceno normalizzato, in cui fra l’altro si afferma: «Ci fu un tempo, non lontano, in cui era vero scandalo, per un politico, dare a un uomo di mafia il bacio della complicità. Il solo sospetto frenò l’ascesa al Quirinale di Andreotti. Quel sospetto brucia, dopo anni, e anche se non è provato ha aperto uno spiraglio sulla verità di un lungo sodalizio con la Cupola. Chi legga oggi le motivazioni della condanna in secondo grado di Dell’Utri avrà una strana impressione: lo scandalo è divenuto normalità, il tremendo s’è fatto banale e scuote poco gli animi. Nella villa di Arcore e negli uffici di Edilnord che Berlusconi – futuro Premier – aveva a Milano, entravano e uscivano con massima disinvoltura Stefano Bontate, Gaetano Cinà, Mimmo Teresi, Vittorio Mangano, mafiosi di primo piano: per quasi vent’anni, almeno fino al ’92. Dell’Utri, suo braccio destro, era non solo il garante di tutti costoro ma il luogotenente-ambasciatore. Fu nell’incontro a Milano della primavera ’74 che venne deciso di mandare ad Arcore Mangano: che dovremmo smettere di chiamare stalliere perché fu il custode mafioso e il ricattatore del Cavaliere. Quest’ultimo lo sapeva, se è vero che fu Bontate in persona, nel vertice milanese, a promettergli il distaccamento a Arcore d’un “uomo di garanzia”. C’è dell’osceno in questo mondo parallelo, che non è nuovo ma oggi non è più relegato fuori scena, per prudenza o gusto. Oggi, il bacio lo si dà in Parlamento, come Alessandra Mussolini che bacia Cosentino indagato per camorra».

Com’è possibile che questo Parlamento abbia negato l’autorizzazione a procedere per un personaggio come Nicola Cosentino? Com’è possibile che in Italia nessuno chieda le dimissioni del senatore Marcello Dell’Utri, amico e stretto consigliere del premier, al quale suggerì la discesa in politica? Come può essere che berlusconi ricopra il ruolo di Presidente del Consiglio senza che ancora non abbia risposto dei reati di cui è accusato dalla Magistratura? Di chi è la colpa di tutto questo? Di tutti. Naturalmente del Cavaliere prima degli altri, il quale – grazie al suo impero mediatico – è riuscito nell’impresa di promuovere una condizione sociale di indifferenza ed ignoranza, ideale brodo di coltura perchè si sviluppasse il berlusconismo. Della sinistra che non ha mai saputo [e talvolta voluto] opporsi realmente a questo stato di cose. Di una buona parte della pubblica opinione che non ha saputo [e spesso voluto] impedire la degenerazione attuale della nostra democrazia, inquinata da un sistema autocratico e corrotto. Ecco perchè concordo con la Spinelli quando scrive «Il corpo elettorale non ha autonoma dignità, ma è sprezzato nel momento stesso in cui lo si esalta: è usato, umiliato, tramutato in palo di politici infettati dalla mafia». Negli ultimi mesi però vi sono stati diversi segnali di una rinnovata presa di coscienza da parte della gente e di mutati equilibri politici. E nel giorno delle proteste dei ricercatori e degli studenti universitari e della discesa in campo di Montezemolo, forse si avvicina una nuova stagione per questo Paese martoriato.

La reazione degli onesti

La reazione degli onesti

I primi segnali che nel nostro Paese si cominci [meglio tardi che mai] a respirare una nuova aria stanno pian piano arrivando. In una sola settimana sono stati fischiati e contestati Marcello Dell’Utri a Como, Gianni Letta a Venezia e Renato Schifani a Torino. La strada è ancora lunga, ma finalmente la pubblica opinione sembra iniziare a risvegliarsi dallo stato comatoso in cui era precipitata 15 anni fa. Certo, c’è ancora chi difende la libertà di tutti di parlare. Ma come si fa a pensare, – dico io – che un uomo condannato in appello a 7 anni per associazione mafiosa, che non ha avuto la correttezza istituzionale ed il buon gusto di dimettersi, invece di starsene rintanato a casa, presenzi a conferenze stampe su fantomatici diari di Mussolini [!], senza che la gente non abbia un moto di ribellione? Resta poi da chiedersi per quale motivo il PD decida di invitare alla propria festa un personaggio dal passato oscuro e discutibile come Schifani, proprio quando dovrebbe sferrare un durissimo attacco alla maggioranza, sempre più in affanno sulla questione morale? Come fa poi Fassino a considerare una contestazione come quella che il Presidente del Senato ha subito ieri, alla stessa stregua dell’organizzazione messa in piedi dalla macchina propagandistica del PdL, interamente a spese del partito, con cui si intedeva contestare Gianfranco Fini? Fino a quando il Partito Democratico insisterà a muoversi in questo modo dimostrerà inequivocabilmente di essere lontanissimo dai sentimenti di esasperazione e rabbia che stanno animando il proprio elettorato.

La fine del berlusconismo può essere sancita solo da un nuovo fermento di movimenti d’opinione grazie al quale riappropriarsi della politica dal basso. Attraverso una una rinnovata coscienza civile, la politica deve tornare ad essere qualcosa che la gente percepisca come “propria”. Ecco perchè sono concorde con Di Pietro quando afferma: «In uno Stato di diritto ci dev’essere un luogo per far sentire la propria voce. E dove se non in un comizio pubblico? Solo nei regimi è vietato contestare. Solo Gheddafi, quando è venuto ha preteso incontri blindati. Sembra che in questo Paese non stia succedendo niente. Facciamo finta che non ci sia una cricca piduista e fascista che ha occupato le istituzioni, approvando leggi liberticide e ad personam che violano la Costituzione. Però tutto questo non si può dire e si vuole togliere al cittadino il diritto di ribellarsi quotidianamente. Il clima di questi giorni è simile a quello degli albori di Mani pulite, con migliaia di persone che si sono rotte di sentirsi prese in giro».

Il plotone della libertà

Il plotone della libertà

Dopo che per anni a sinistra si è denunciata l’illiberalità e la mancanza di senso dello Stato di berlusconi, anche il Presidente della Camera si accorge che il Premier ha un’idea della democrazia pericolosamente autoritaria: quella di un ordinamento in cui il dissenso – di qualsiasi natura questo sia – vada stroncato in tutti i modi. Ecco allora le reiterate aggressioni agli organi di garanzia istituzionali, ecco le campagne di deligittimazione nei confronti degli avversari politici, ecco poi il tentativo di imbavagliare e spegnere la libera informazione ed ancora la promozione di un clima di intolleranza ed ignoranza sociale, e via così in un crescendo di repressione e populismo che avrebbe fatto felice l’Argentina di Peron.

Quanto è successo giovedì all’interno del Plotone delle Libertà somiglia più ad un regolamento di conti di stampo nazista, piuttosto che un modo per sanare una divergenza politica. Fini ed i suoi uomini vengono epurati dal cosiddetto Partito dell’Amore perchè hanno osato onorare «il patto con milioni di elettori onesti, grati alla magistratura e alle forze dell’ordine, che non capiscono perché nel nostro partito il garantismo significhi troppo spesso pretesa di impunità». Non è un caso se  il PdL si sfalda su una questione ben precisa: quella della legalità. La prepotente alzata di scudi a beneficio dei vari Verdini, Cosentino e Dell’Utri altro non è che la difesa stessa del Caimano, leader di un partito personalistico, nato per evitare che i due fondatori finissero per rispondere alla Giustizia dei rispettivi reati e per poi consentire, nel corso del tempo, che i propri uomini di punta potessero mettere in piedi un sistema occulto e tentacolare, al fine di conservare e preservare il potere il più a lungo possibile. Si spiega così perchè chi si arrischia a mettere in discussione il nucleo, il fondamento, l’essenza stessa del partito di berlusconi, non possa più farne parte.

Omertà di Stato

Omertà di Stato

«Ritengo che Schifani sia una persona che non occupa degnamente la sua carica. Non ci siamo arrogati il diritto di proibire a Schifani di venire in via D’Amelio. E’ lui che ha scelto di non venire. Se avesse fatto come Fini che ha affrontato le contestazioni – perche’ Fini e’ stato contestato quando e’ arrivato pero’ ha accettato di spiegarsi e dopo e’ stato applaudito – Schifani sarebbe potuto venire. E’ stata una sua scelta fuggire e andare a deporre la corona in una posizione protetta». Queste parole sono di Salvatore Borsellino, il giorno dopo le commemorazioni della strage di via D’Amelio. Il fratello del giudice ucciso 18 anni fa dalla mafia ha poi commentato la dura presa di posizione del Presidente della Camera contro chi continua a giudicare Vittorio Mangano un eroe e fa di tutto per ostacolare il lavoro della magistratura: «Ecco, vedete perche’ Fini e’ potuto venire e altri no? Chi considera Mangano un eroe non e’ gradito in via D’Amelio».

Ci sono voluti ben 18 anni perchè diventasse chiaro a tutti che dietro le stragi del 1992 non ci fu solo la mafia. E proprio per questo motivo da più parti si sta denunciando a gran voce il tentativo di pezzi dello Stato di contrastare le indagini. Inequivocabile la dichiarazione di ieri del Procuratore Antonio Ingroia: «La verità di quella stagione difficile è un’eredità pesante, ingombrante. Una parte rimane sepolta perchè c’è chi ancora – certamente anche nelle istituzioni – non la vuole scoprire». Che sia allora un caso che questo Governo abbia etichettato i magistrati di Palermo come deviati mentali e abbia poi negato la protezione a pentiti come Spatuzza, le cui rivelazioni hanno chiamato direttamente in causa berlusconi e dell’utri? E’ un altra coincidenza che ieri, nel giorno del ricordo, il Presidente del Consiglio abbia disertato ogni commemorazione, preferendo recarsi al Duomo di Milano per assistere al concerto di Aznavour?

Appunto!

Appunto!

Il berlusconismo è entrato nella sua fase terminale. Una fase che verrà ricordata per Bertolaso, Scajola, Brancher e le rispettive cricche e – siccome non ci si vuol far mancare nulla – anche per le sue belle logge massoniche deviate. Ecco quindi che si scopre come il coordinatore del PdL Denis Verdini si sia impegnato – insieme al faccendiere piduista Flavio Carboni, al senatore amico dei mafiosi Marcello Dell’Utri, al sottosegretario all’Economia in odore di camorra Nicola Cosentino e ad altri stimati compagni di merenda –  nel mettere in piedi un sistema occulto di potere, allo scopo di condizionare i giudici della Consulta chiamati a decidere sul lodo Alfano, fare pressioni su componenti del Csm per la nomina a cariche direttive di alcuni magistrati graditi e promuovere ispezioni nei confronti di quelli considerati ostili, manovrare i PM dell’inchiesta sul G8, fabbricare falsi dossier ai danni degli avversari dentro il Popolo delle Libertà, e spartirsi malaffari di vario tipo.

Questo ennesimo scandalo è stato scoperto proprio grazie a quelle stesse intercettazioni telefoniche che il nostro beneamato premier vorrebbe pesantemente limitare. Guarda a volte la coincidenza! Non c’è niente da fare: le cose ultimamente per berlusconi stanno girando per il verso sbagliato, ed ora – dopo il Dipartimento di Giustizia americano – contro la cosidetta Legge Bavaglio interviene anche l’ONU, che chiede al governo di «abolire o modificare il disegno di legge sulle intercettazioni, perché se adottato nella sua forma attuale può minare il godimento del diritto alla libertà di espressione in Italia». Quando si dice la sfiga! Capezzone ha replicato suggerendo all’ONU di dedicare il proprio tempo a contrastare le dittature. Pare che da Bruxelles abbiano risposto: «Appunto!».

Mafia e dintorni

Mafia e dintorni

L’altroieri Marcello Dell’Utri è stato condannato in appello a 7 anni per associazione mafiosa. Peter Gomez su Il Fatto Quotidiano ha parlato di “pornografia dell’esultanza” da parte del PdL, riferendosi alle stupefacenti dichiarazioni dei vari capezzonecicchittogasparribondi, oltremodo gaudenti solo perchè si è provato che il cofondatore di Forza Italia e fraterno sodale del premier ha fatto favori alla mafia durante tutti gli Anni 70 e 80, ma non dopo il 92. Per non parlare poi di un sempre più spudorato Minzolini, che si è prodotto in veri e propri salti mortali linguistici per evitare di impiegare il termine “condannato” nei titoli e nei servizi del TG1.

E’ davvero difficile commentare adeguatamente l’abisso in cui è precipitato il governo e i media di regime, nel tentativo scellerato e continuo di proteggere e difendere il proprio padre padrone. Abisso dentro cui non ci si fa scrupolo – tantomeno si prova vergogna – a muoversi con una spregiudicatezza politica senza pari, forti del fatto che in questo Paese ogni contrappeso democratico è ormai fortemente indebolito, sia che si tratti del Presidente della Repubblica, che dell’opposizione o della pubblica opinione. E così diventa “normalissimo” essere rappresentati da un Parlamento nel quale la maggioranza è guidata da un partito il cui ispiratore è Marcello Dell’Utri, uomo che ha lavorato per anni come mediatore tra le ambizioni di Cosa Nostra e gli interessi di berlusconi, ed il cui riferimento ideale è Vittorio Mangano, criminale pluriomicida che il Giudice Borsellino solo due mesi prima della morte definì «la testa di ponte dell’organizzazione mafiosa nel nord Italia».

Meno extracomunitari, meno ciminalità

Meno extracomunitari, meno ciminalità

«Meno extracomunitari, meno ciminalità»: questa l’equazione dal tono apertamente razzista espressa ieri dal nostro beneamato premier. A parte che ero convinto che Arcore si trovasse in Europa ed invece evidentemente mi sbagliavo, non so bene come mai, ma l’affermazione del Cavaliere mi ha fatto venire alla mente, uno dietro l’altro, alcuni loschi figuri. Per esempio Marcello Dell’Utri: condannato a 9 anni per concorso esterno in associazione mafiosa, tutt’ora senatore pdl in carica. E poi Salvatore Cuffaro: condannato a 7 anni per favoreggiamento aggravato di mafiosi, tutt’ora senatore udc in carica. Nicola Cosentino: indagato per presunti contatti con il clan dei Casalesi, tutt’ora sottosegretario all’economia in carica. Raffaele Fitto: rinviato a giudizio per abuso d’ufficio, corruzione e finanziamento illecito ai partiti, tutt’ora ministro degli affari regionali in carica. Altero Mattioli: imputato per favoreggiamento, tutt’ora ministro dei trasporti in carica. E – last but not least – silvio berlusconi stesso, indagato nei processi compravendita diritti tv mediaset, per corruzione dell’avvocato Mills, e per appropriazione indebita e frode fiscale per l’affare Mediatrade, naturalmente ancora in carica. Parole volgari e superficiali che avranno fatto la felicità di Umberto Bossi, condannato per vilipendio alla bandiera italiana, tutt’ora ministro delle riforme per il federalismo in carica.

Attualmente i ministri e i parlamentari condannati, prescritti, indagati, imputati e rinviati a giudizio, sono più di settanta, ovviamente – ma non c’è neppure bisogno di precisarlo – tutti extracomunitari!

Chi ignora il passato non saprà mai nulla del presente

Chi ignora il passato non saprà mai nulla del presente



[1973]
Silvio Berlusconi fonda la Italcantieri Srl, grazie a due misteriose fiduciarie svizzere. Tramite l’amico avvocato Cesare Previti, acquista ad Arcore, pagandola appena 500 milioni di lire, la Villa Casati ed alcuni terreni contigui. La proprietà gli è venduta da Annamaria Casati Stampa, contessina dodicenne rimasta orfana nel 1970, che versa in grandi difficoltà finanziarie, della quale l’avvocato Previti è tutore legale.
[1974]
Grazie a due fiduciarie della BNL, nasce l’Immobiliare San Martino, amministrata da un ex compagno di università,
Marcello Dell’Utri, palermitano. In un condominio di Milano 2 nasce una tv via cavo, Telemilano 58, che passerà ben presto all’etere col nome di Canale 5. Berlusconi si trasferisce con la famiglia a Villa Casati, affiancato dal boss mafioso Vittorio Mangano [nel 2000 condannato all’ergastolo per duplice omicidio], assunto in Sicilia da Dell’Utri come “fattore”, cioè come amministratore della casa e dei terreni.
[1975]
Le due fiduciarie danno vita alla Fininvest. Nascono anche la Edilnord e la Milano 2. Ma Berlusconi non compare mai: inabissato e schermato da una miriade di prestanomi dal 1968 fino al 1975, quando diventa presidente di Italcantieri, e poi fino al 1979, quando assumerà la presidenza della Fininvest.
[1977]
Appena divenuto Cavaliere del Lavoro, acquista una quota dell’editrice de Il Giornale, fondato tre anni prima da Indro Montanelli.
[1978-1983]
Riceve circa 500 miliardi di lire, di cui almeno una quindicina in contanti, per alimentare le 24 [poi salite a 37] holding che compongono la Fininvest, di cui si ignora tutt’oggi la provenienza. Sono gli anni della scalata
al poteree della ascesa al governo del suo amico Bettino Craxi, segretario del Psi.
[1978]
Si affilia alla loggia massonica deviata e occulta
Propaganda 2 [P2] del maestro venerabile Licio Gelli. Di lì a poco comincerà a ricevere crediti oltre ogni normalità dal Monte dei Paschi e dalla BNL [due banche con alcuni uomini-chiave affiliati alla P2]. E inizierà a collaborare, con commenti di politica economica, al Corriere della Sera, controllato dalla P2 tramite Angelo Rizzoli e Bruno Tassan Din. La P2 verrà poi sciolta, in quanto eversiva, con un provvedimento del governo Spadolini.
[1980]
Berlusconi fonda, con Marcello Dell’Utri, Publitalia 80, la concessionaria pubblicitaria per le reti tv.
[1981]
I giudici milanesi Gherardo Colombo e Giuliano Turone, indagando sui traffici del bancarottiere mafioso e piduista Michele Sindona, trovano gli elenchi degli affiliati alla loggia P2. Berlusconi però non subisce danni dallo scandalo che travolge il governo, l’esercito, i servizi segreti e il mondo del giornalismo.
[1982-1984]
Berlusconi acquista l’emittente televisiva Italia 1 dall’editore Edilio Rusconi e l’emittente Rete 4 dalla Mondadori: ormai è titolare di tre network televisivi nazionali, e può entrare in concorrenza diretta con la Rai. Ma tre pretori, di Torino, Pescara e Roma, sequestrano gli impianti che consentono le trasmissioni illegali di programmi in contemporanea su tutto il territorio nazionale. Craxi vara un decreto urgente [il primo “decreto Berlusconi”] per legalizzare la situazione illegale. Ma il decreto non viene convertito in legge perché incostituzionale. Craxi ne vara un altro [il secondo “decreto Berlusconi”], minacciando i partiti alleati di andare alle elezioni anticipate in caso di nuova bocciatura del decreto. E nel febbraio ’85 il decreto sarà approvato, dopo che il governo avrà posto la questione di fiducia.
[1986]
Berlusconi acquista il Milan Calcio e ne diviene presidente. Intanto fallisce l’operazione La Cinq in Francia, che chiuderà definitivamente i battenti nel ’90. E’ Jacques Chirac a cacciarlo dal suolo francese, definendolo “venditore di minestre”.
[1988]
Il governo De Mita annuncia la
legge Mammì sul sistema radiotelevisivo, che in pratica fotografa il duopolio Rai-Fininvest, senza imporre al Cavaliere alcun autentico tetto antitrust. Berlusconi acquista La Standa. La legge verrà approvata nel 1990.
[1989-1991]
Lunga battaglia fra Berlusconi e De Benedetti per il controllo della Mondadori, la prima casa editrice che controlla quotidiani (La Repubblica e 13 giornali locali), settimanali (Panorama, Espresso, Epoca) e tutto il settore libri. Grazie a una sentenza del giudice Vittorio Metta, che il tribunale di Milano riterrà poi
comprata con tangenti dall’avvocato Previti, il Cavaliere strappa la Mondadori al suo concorrente. Una successiva mediazione politica porterà poi alla restituzione a De Benedetti almeno di Repubblica, Espresso e giornali locali. Tutto il resto rimarrà a Berlusconi.
[1990]
Il Parlamento vara la legge Mammì, fra le polemiche: Berlusconi può tenersi televisioni e Mondadori, dovendo soltanto spogliarsi de Il Giornale [che viene girato nel ’90 al fratello Paolo].
[1994]
Berlusconi, ormai orfano dei partiti amici, travolti dallo
scandalo di Tangentopoli, entra direttamente in politica, fonda il partito di Forza Italia, vince le elezioni politiche del 27 marzo alla guida del Polo delle Libertà e diventa presidente del Consiglio. Il 21 novembre viene accusato di concorso in corruzione, reato che sarebbe stato perpetrato mediante il versamento di alcune tangenti ad ufficiali della Guardia di Finanza impegnati in verifiche fiscali presso quattro sue aziende. Il 22 dicembre è costretto a dimettersi, per la mozione di sfiducia della Lega Nord, che non condivide più la sua politica sociale e avvia una violenta campagna ai danni dell’ex alleato, esplicitamente accusato di appartenere alla mafia.
[1996]
Berlusconi, indagato nel frattempo per storie di mafia, falso in bilancio, frode fiscali e soprattutto corruzione giudiziaria insieme a Previti, si ricandida alle elezioni politiche, ma perde. Vince il candidato del centrosinistra Romano Prodi. Trascorrerà 5 anni all’opposizione, alle prese con una
serie di inchieste giudiziarie e di processi, conclusi con diverse condanne in primo grado, poi trasformate in prescrizioni e in assoluzioni in appello e in Cassazione.