Il linguaggio è politica
In politica il linguaggio è politica esso stesso. E’ difficile pensare che il vocabolario di Beppe Grillo, sempre così truce e violento, possa davvero veicolare un nuovo modello di democrazia più partecipativa ed efficace. E’ difficile pensare che dietro i grevi epiteti con cui l’ex comico genovese descrive istituzioni e uomini politici, dietro le sue parole cariche di disprezzo in cui non riconosce mai dignità all’avversario politico, possa nascondersi un’idea di rispetto e tolleranza verso chi è diverso da sè. Non a caso in una recentissima intervista Gianroberto Casaleggio ha sostenuto che il M5S governerà quando avrà raggiunto il 51% dei consensi. Quando cioè non sarà costretto a confrontarsi con nessun’altra forza politica. Quando la cultura autoritaria ed antidemocratica dei 5 stelle non dovrà scendere a patti con quanti la pensano differentemente.
Pochi giorni fa la Presidente della Camera è intervenuta sul linguaggio di Grillo che dal suo blog aveva lanciato l’ennesimo attacco alle istituzioni: «Con il suo linguaggio aggressivo e distruttivo – ha detto Laura Boldrini – Grillo continua a rovesciare insulti sulle istituzioni. Dice di volerle migliori, più efficienti, ma i suoi costanti attacchi verbali contribuiscono non poco a screditarle e a far scadere il confronto collettivo: anche perché le sue offese possono autorizzare ogni cittadino a ritenere che questo sia il modo più efficace di intervenire nella discussione pubblica. Grillo dimentica tra l’altro che il Parlamento nasce comunque, nonostante i limiti dell’attuale legge elettorale, dal voto di milioni e milioni di italiani, lo stesso che ha portato alle Camere anche 163 deputati e senatori del Movimento 5 Stelle. Grillo dovrebbe dimostrare più rispetto per i cittadini e per coloro che li rappresentano».