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Categoria: ruby

Cinque per Mills

Cinque per Mills

Qualcuno si ricorda di un imprenditore televisivo dall’oscuro passato e con qualche pendenza giudiziaria, che nel 1994 decise di scendere in politica e governò l’Italia fino allo scorso novembre? Lo stesso che, sfruttando la sua posizione di potere, cercò in tutti i modi possibili di sfuggire ai processi che lo riguardavano. Quello che aveva confidato ad Obama che in Italia esisteva una dittatura dei magistrati comunisti. Sempre quello che aveva imposto al Parlamento della Repubblica di ratificare che Ruby Rubacuori fosse effettivamente la nipote di Mubarack. Ancora lo stesso che i più sostenevano fosse meglio governasse, perchè tanto non c’erano alternative. Bene… ora che un’alternativa è stata trovata e lui non è più Presidente del Consiglio – anche se c’è chi afferma stia pensando a farsi eleggere prossimo Presidente della Repubblica – le notizie che riguardano i suoi processi dalle prime pagine stanno scivolando verso il fondo dei quotidiani. Tuttavia o forse proprio per tale ragione, ritengo sia buona cosa fare il punto.
Due giorni fa, giocando sempre sul filo della prescrizione che Ghedini e colleghi hanno cercato di far abbreviare in ogni modo, è arrivata la richiesta del PM in merito al processo Mills. Cinque anni di carcere per silvio berlusconi perchè «colpevole di corruzione, al di là di ogni ragionevole dubbio». Richiesta a cui si aggiunge quella di 250 mila euro di risarcimento da versare alla Presidenza del Consiglio, per danni morali e di immagine. Sempre due giorni fa la Corte Costituzionale ha respinto il ricorso della Camera contro la procura di Milano per il conflitto di attribuzione tra poteri, nell’ambito del processo Ruby, che vede l’ex premier imputato per concussione e prostituzione minorile.  Il Parlamento aveva sostenuto che i reati in oggetto fossero ministeriali, ossia posti in essere da berlusconi nell’esercizio delle sue funzioni. Bocciando il ricorso, la Consulta dà il via libera al proseguimento del processo a Milano, che altrimenti avrebbe dovuto ripartire da zero presso il Tribunale dei Ministri. Il tutto naturalmente condito dalle immancabili dichiarazioni di Bondi che parla di democrazia dimezzata.
Meglio coglione che puttaniere

Meglio coglione che puttaniere

Quanto successo martedì alla Camera rappresenta una delle pagine più umilianti della Storia della nostra Repubblica. Il Parlamento ha sentenziato che berlusconi credeva realmente che Ruby fosse la nipote di Mubarak [solo in questo caso infatti i reati di cui è accusato il premier sarebbero di competenza del Tribunale dei Ministri]. Come se essere guidati da un 75enne sprovveduto e boccalone che crede alle balle raccontategli da una ragazzina di 17 anni costituisca qualcosa di cui menar vanto, qualcosa che sia – perlomeno politicamente – meno devastante dell’avere un Presidente del Consiglio concussore e puttaniere. Ma il Cavaliere non può affrontare il processo dimostrando la sua innocenza, quindi gli va bene persino passare da coglione. Preferisce trascinare il Paese in un conflitto istituzionale senza precedenti e mettere a rischio migliaia di processi, pur di evitare il giudizio. Tanto il suo elettorato non sa o non capisce, avvelenato com’è dalla quotidiana disinformazione di regime.

Così Gad Lerner due giorni fa sul suo blog: «I 314 deputati che quest’oggi si sono dichiarati convinti Berlusconi abbia agito “nell’esercizio delle funzioni” di Presidente del Consiglio telefonando la notte del 27 maggio 2010 alla Questura di Milano per sollecitare il rilascio di Ruby, si sono ricoperti di vergogna e disonore. Sono protagonisti attivi del degrado morale di una nazione. Così i posteri li ricorderanno». Io aggiungo solo che tra i colpevoli di tale infamante degrado vi saranno anche coloro che alle prossime elezioni voteranno ancora per PdL e Lega.

La pistola fumante

La pistola fumante

Concussione ed utilizzo della prostituzione minorile. Su questi due reati, che persino in questa Repubblica delle Banane sono serissimi, specie per un Presidente del Consiglio, si apre l’ultimo capitolo del ventennio berlusconiano. L’uomo che ha fondato il proprio enorme impero economico sulla corruzione e che ha logorato un intero Paese modellando il senso comune sugli istinti più bassi e rozzi della società, l’uomo che ha costruito il suo potere sulla manipolazione costante della realtà e sull’appoggio di un partito – la Lega Nord – che teorizza e pratica la discriminazione ed il razzismo, deve ora affrontare la triste parabola conclusiva del suo percorso. Siamo, come sostiene Nichi Vendola, al momento della «caduta degli dei. Peccato, però, che la colonna sonora non sia di Wagner ma di Apicella». Un premier malato e, secondo le parole della stessa Ruby,«solo ed infelice», il quale – mentre il resto del mondo ci deride ed il Paese si dibatte in una rovinosa crisi ecomonica, con studenti in rivolta nelle piazze ed operai costretti a scegliere fra un lavoro senza dignità e la disoccupazione –   rischia   di finire a processo con “rito immediato”. Rito che solitamente una Procura richiede quando le prove in suo possesso sono schiaccianti.

Sta proprio qui la novità di questa ennesima disavventura giudiziaria di berlusconi: nel fatto che la Magistratura, per la prima volta, abbia fra le mani una pistola fumante. Ossia una quantità di prove documentali inconfutabili, tali da non lasciare spazio a posizioni innocentiste e rendere impossibile contestare l’evidenza dei fatti persino ai berlusconiani più convinti.

Bunga bunga?

Bunga bunga?

«Vi sono due ministri del governo Prodi che vanno in Africa, su un’isola deserta, e vengono catturati da una tribù di indigeni. Il capo tribù interpella il primo ostaggio e gli propone: Vuoi morire o Bunga-bunga? Il ministro sceglie: Bunga-bunga. E viene violentato. Il secondo prigioniero, anche lui messo dinanzi alla scelta, non indugia e risponde: Voglio morire! Ma il capo tribù: Prima Bunga-bunga e poi morire». Questa, secondo il Corriere del Mezzogiorno, è la barzelletta di berlusconi preferita da Noemi Letizia.

Sinceramente, qualche anno fa, prima che la parabola berlusconiana conoscesse il suo punto più geriatricamente basso, tutto mi sarei aspettato tranne che i titoli dei quotidiani nazionali fossero costretti ad occuparsi di un rituale d’origine africana chiamato “bunga bunga“. Tratterebbesi di una pratica che il premier ha mutuato dal caro amico Gheddafi [una volta ci si rifaceva a De Gasperi o a Gramsci… ma anche questo è un segno dei tempi], secondo la quale il padrone di casa, dopo una cena conviviale, invita le ospiti più disponibili ad una allegra orgietta. Saremmo [il condizionale è d’obbligo, visto che i contorni della vicenda sono tuttora da chiarire] nuovamente dalle parti di vecchi bavosi e minorenni, di favoreggiamento della prostituzione ed intrecci fra politica e tv, di lelemoraemiliofede ed abusi di potere. Quello che parrebbe già accertato [una ragazzina marocchina amica del Premier, fermata dalla Polizia per furto, viene fatta rilasciare da Palazzo Chigi che la spaccia per la nipote di Mubarack] è già di per sè di una gravità inaudita e segna lo sfacelo di uno Stato violentato [e qui si torna al bunga bunga] da una cultura del malaffare, della corruzione, dell’impunità e dei soprusi, e da un potere abietto che via via sta trasformandosi in grottesco burlesque.