Odio gli indifferenti. Quelli che “a me la politica non interessa” o “io di politica non ci capisco niente”, oppure che “tanto sono tutti uguali”. Fra questi ci sono molti incolti – certamente – ma anche coloro che, trascorrendo troppe notti sopra vecchi tomi impolverati, pensano di aver compreso cose che altri non afferrano. Basterebbe un pò di impegno per i primi ed umiltà per i secondi, per realizzare che i politici in Italia non sono tutti uguali. Molti di loro sono dei mascalzoni – è vero – ma mascalzoni in modo diverso. Odio i fanatici. C’è una sostanziale differenza fra la gran parte degli elettori del centrosinistra e quelli dello schieramento opposto. I primi, tendenzialmente, non lesinano critiche ai loro partiti di riferimento. Molti di quelli che votano per il PdL, invece, sono soliti trasformare il dibattito politico da qualcosa per cui occorre esercitare discernimento, raziocinio e senso critico, oltre che una naturale dose di passione, in un fatto di mero fanatismo sportivo. Così sostengono berlusconi nè più nè meno come farebbero il tifo per una squadra di calcio, con il medesimo impegno intellettivo di un ultras. Odio gli ipocriti. Fra questi ci sono sicuramente quegli esponenenti del PD che si sono scagliati contro lo scudo fiscale, denunciando il tentativo del Governo di offrire l’impunità a mafiosi ed evasori, salvo il giorno dopo disertare la votazione in Parlamento e consentire così che il decreto diventasse legge. Il Partito Democratico ormai è una macchietta. Pare fare opposizione come un attore che recita svogliatamente una parte, molto più interessato e ripiegato piuttosto su logiche di potere tutte interne. Ma più di tutti odio i servi, come ad esempio il direttore del TG1, che ieri sera – dimentico del profilo istituzionale che dovrebbe ricoprire l’ammiraglia dell’informazione pubblica – ha arrogantemente attaccato la manifestazione sulla libertà di informazione, definendola assurda e dopo presentandola in modo parziale e partigiano, come una passerella di politici dell’opposizione contro il premier. Nel nostro Paese si vive una censura preventiva: i giornalisti servitori, che ben conoscono i propri padroni, si adoperano in modo che quest’ultimi non siano neppure costretti ad esplicitare i propri desiderata. A tale spregevole atteggiamento, molto frequente durante il periodo nazista, i tedeschi danno il nome di Vorauseilende Gehorsamkeit: l’obbedienza che corre con la fretta di arrivare prima ancora che giunga l’ordine.
Resta qualcosa d’amare in quest’Italia? Se è vero come è vero che la libertà è partecipazione, le 300.000 persone che ieri hanno manifestato a Roma, hanno dato prova che c’è una buona parte del Paese a cui stanno ancora a cuore parole come democrazia, indipendenza, pluralismo, tolleranza, giustizia, verità. E forse non è un caso che fra le cose più significative dette ieri, c’è questa affermazione di un uomo di Chiesa, Don Sciortino, che così si è espresso: «La legittimazione del voto popolare non autorizza nessuno a colonizzare lo Stato e a spalmare il Paese di un pensiero unico senza diritto di replica».