Oscar 2012 – parte terza
Paradiso Amaro di Alexander Payne: un ricco avvocato trascura la famiglia per via del lavoro, ma quando la moglie entra in coma irreversibile, a seguito di un incidente nautico, si ritrova a dover recuperare il rapporto con le figlie e a fare i conti con una difficile verità, da affrontare insieme al dolore. Nonostante il grande sfoggio di camicie sgargianti nel pieno stile delle Hawaai – dove la storia è ambientata – il film scivola via in modo incolore, con qualche caduta di troppo nel facile sentimentalismo. Payne, regista e sceneggiatore, va alla continua ricerca dell’equilibrio perfetto fra ironia e malinconia, ma finisce invece col normalizzare ogni aspetto dell’intreccio, per un risultato finale privo di guizzi o reali emozioni. George Clooney, che pure si impegna in un ruolo che domenica potrebbe portargli l’Oscar, non sfugge alla medesima sorte.
War Horse di Steven Spielberg: la storia di una amicizia tra un cavallo e un ragazzo, separati dallo scoppio improvviso della prima guerra mondiale. L’animale passerà di proprietario in proprietario, per tutta la durata del conflitto. Spielberg realizza un film che possiede i pregi e i difetti tipici del suo cinema. Pertanto, mentre da una parte risultano evidenti la cura e la maestria della messa in scena, dall’altra è sin troppo facile criticare l’eccesso di retorica e l’apologia dei buoni sentimenti. Questi ultimi però – trattandosi di un film per ragazzi – sono aspetti che stridono meno che in altre occasioni. La pellicola diventa uno strumento per dimostrare ancora una volta la concezione che il suo autore ha del Cinema: ossia quella di una appassionata fabbrica dei sogni a cui lasciarsi andare senza troppe sovrastrutture razionali. In questo senso War Horse è sicuramente un lavoro che emoziona e coinvolge. Piace inoltre l’omaggio cinefilo a mostri sacri come l’Anthony Mann di Winchester 73, il John Ford di Un Uomo Tranquillo, il Victor Fleming di Via col Vento e, in ultimo, lo Stanley Kubrik di Orizzonti di Gloria.