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Categoria: spielberg

Oscar 2012 – parte terza

Oscar 2012 – parte terza

Paradiso Amaro di Alexander Payne: un ricco avvocato trascura la famiglia per via del lavoro, ma quando la moglie entra in coma irreversibile, a seguito di un incidente nautico, si ritrova a dover recuperare il rapporto con le figlie e a fare i conti con una difficile verità, da affrontare insieme al dolore. Nonostante il grande sfoggio di camicie sgargianti nel pieno stile delle Hawaai – dove la storia è ambientata – il film scivola via in modo incolore, con qualche caduta di troppo nel facile sentimentalismo. Payne, regista e sceneggiatore, va alla continua ricerca dell’equilibrio perfetto fra ironia e malinconia, ma finisce invece col normalizzare ogni aspetto dell’intreccio, per un risultato finale privo di guizzi o reali emozioni. George Clooney, che pure si impegna in un ruolo che domenica potrebbe portargli l’Oscar, non sfugge alla medesima sorte.

War Horse di Steven Spielberg: la storia di una amicizia tra un cavallo e un ragazzo, separati dallo scoppio improvviso della prima guerra mondiale. L’animale passerà di proprietario in proprietario, per tutta la durata del conflitto. Spielberg realizza un film che possiede i pregi e i difetti tipici del suo cinema. Pertanto, mentre da una parte risultano evidenti la cura e la maestria della messa in scena, dall’altra è sin troppo facile criticare l’eccesso di retorica e l’apologia dei buoni sentimenti. Questi ultimi però – trattandosi di un film per ragazzi – sono aspetti che stridono meno che in altre occasioni. La pellicola diventa uno strumento per dimostrare ancora una volta la concezione che il suo autore ha del Cinema: ossia quella di una appassionata fabbrica dei sogni a cui lasciarsi andare senza troppe sovrastrutture razionali. In questo senso War Horse è sicuramente un lavoro che emoziona e coinvolge. Piace inoltre l’omaggio cinefilo a mostri sacri come l’Anthony Mann di Winchester 73, il John Ford di Un Uomo Tranquillo, il Victor Fleming di Via col Vento e, in ultimo, lo Stanley Kubrik di Orizzonti di Gloria.

Gli Anni 70 al Cinema

Gli Anni 70 al Cinema

Verso la fine degli Anni 60 il progressivo declino dell’industria cinematografica americana giunge alla sua fase finale. Ai vertici degli Studios – ormai tutti controllati da grandi gruppi economici – si installa una squadra di giovani leve. In questo contesto di crisi, alcuni film prodotti con mezzi limitati ed in modo indipendente si trasformano in trionfi inaspettati. Si tratta di pellicole legate al clima della rivolta giovanile di quel periodo, che segnano una netta svolta col passato, ed il cui successo dà l’impulso giusto per inaugurare una nuova fase, nota come New Hollywood. Gli Studios cominciano a dar fiducia ad un gruppo di giovani cineasti che introduce una sensibilità più moderna ed aderente alla realtà. Negli Anni 70 il cinema americano vive così uno straordinario rinnovamento e attraversa un momento di libertà senza precedenti. Alla figura del regista, finalmente “autore” del proprio lavoro, viene concessa una maggior autonomia creativa e questo determina una grande varietà di stili figurativi. Da una parte si filma con uno sguardo lucido, disincantato e quanto mai realistico i mali di una società profondamente traumatizzata e divisa dalla guerra del Vietnam e dallo scandalo Watergate. Dall’altra si rielaborano e si rivitalizzano secondo un linguaggio molto esplicito, distantissimo dalle precedenti convenzioni stilistiche e di contenuto, i generi classici del cinema: il western, il noir, la fantascienza, l’horror.  Sono questi gli anni – fra gli altri – di Francis Ford Coppola [Il Padrino, Il Padrino Parte II, La Conversazione e Apocalypse Now], Martin Scorsese [Mean StreetsTaxi Driver e New York New York], Steven Spielberg [Lo Squalo e Incontri Ravvicinati], George Lucas [American Graffiti e Guerre Stellari], Woody Allen [Io e Annie e Manhattan], Hal Ashby [Harold e Maude Oltre il Giardino], Michael Cimino [Il Cacciatore].  In questo modo, i cosiddetti “ragazzacci” del Cinema Americano, aiutati anche da una nuova generazione di attori-icona [Robert De Niro, Jack Nicholson, Al Pacino, Dustin Hoffman, Gene Hackman, Diane Keaton, Faye DunawayMeryl Streep], riescono finalmente ad emanciparsi dallo strapotere televisivo – rivendicandone una superiorità che oltre che estetica è di contenuto –  e ad ottenere un formidabile successo commerciale. 

Quanto all’Europa, mentre rinasce il Cinema Tedesco, si avviano verso la loro conclusione la Nouvelle Vague, la Commedia all’Italiana e la stagione degli spaghetti-western. In Italia il regista che realizza i progetti più ambiziosi è Bernardo Bertolucci con i suoi Ultimo Tango a ParigiNovecento.