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Categoria: polanski

I Classici del Cinema – Rosemary’s Baby

I Classici del Cinema – Rosemary’s Baby

La vicenda narrata è quella di una coppia [Mia Farrow e John Cassavetes] che si trasferisce in un appartamento di New York e scopre di essere vittima di una setta satanica che congiura contro il bimbo che la donna porta in grembo, aiutata in questo dal marito. Rosemary’s Baby [1968] di Roman Polanski è uno degli horror più riusciti della Storia del Cinema, in cui si ritrovano molti dei temi tipici del regista polacco: il tradimento, la corruzione, i confini della normalità, il disagio interiore. Ha avuto un successo tale da dare origine ad una serie di lungometraggi sull’occulto che è durata per tutto il decennio successivo.

Il suo aspetto più impressionante non è tanto la connotazione demoniaca, quanto piuttosto il fatto di essere calato in un’ambientazione quotidiana ed estremamente realistica, così da scatenare le paure più ataviche. Il tradimento del marito suggerisce l’idea che familiari ed amici possano trasformarsi nei nostri peggiori nemici. La protagonista scopre infatti di non conoscere le persone che la circondano e di non potersi fidare di nessuno, ritrovandosi senza alcuna protezione contro il male che ha invaso la sua vita. Manipolando le nostre paure esistenziali Polanski ha realizzato un capolavoro angosciante, con un cast magistrale, una colonna sonora indovinata, una sceneggiatura costruita con assoluta maestria ed una regia perfetta che fa intuire il male, senza però mai mostrarlo. Un lavoro indimenticabile in cui risulta impossibile non identificarsi con Rosemary e non pensare: «Potrebbe succedere anche a me». Negli anni il film ha assunto una fama particolarmente sinistra. Quasi sia stato profetico, è parso rimandare prima di tutto allo spietato assassinio della moglie di Polanski, Sharon Tate, incinta di 8 mesi, avvenuto nel 1969. Quindi all’omicidio di John Lennon del 1980, occorso proprio davanti al palazzo in cui la pellicola è ambientata.

Il 2011 al Cinema

Il 2011 al Cinema

Per quanto mi riguarda, a differenza degli anni precedenti, il 2011 non ha prodotto alcun capolavoro. Però ci son stati diversi piccoli/grandi gioielli [alcuni dei quali non compresi da tutti] che hanno costellato le mie personali visioni negli ultimi 12 mesi. Chissà se è un caso che 3 dei 5 registi in cima alla mia top five siano ultrasettantacinquenni. E’ comunque un fatto che Woody Allen, Clint Eastwood e Roman Polanski continuino a realizzare pellicole di pregevole fattura a dispetto dell’età e delle lunghissime carriere. In quest’ottica è da rimarcare anche la formidabile prova dell’ottantaseienne Michel Piccoli che contribuisce non poco al successo e a alla qualità dell’ultimo lavoro di Nanni Moretti. Invece J.J. Abrams ha solo 45 anni, eppure dirige il suo film più riuscito rielaborando a proprio modo atmosfere, tematiche e situazioni tipiche di pellicole di 30 anni fa. 

E’ forse il segno che il Cinema manchi di nuova linfa vitale? Non credo, anche se la pletora di sceneggiature prelevate dal mondo del fumetto o da quello dei videogiochi, di remake, prequel, sequel e di saghe composte da almeno 4 o 5 episodi, denota sicuramente scarsa propensione [o coraggio] a proporre prodotti non meno che sicuri dal punto di vista commerciale. Dimenticando così che il pubblico non va soltanto inseguito, ma anche educato.

Gli Anni 60 al Cinema

Gli Anni 60 al Cinema

Negli Anni 60 i grandi studios americani vivono un progressivo declino, che arriva ad assumere le proporzioni di una bancarotta. La televisione sottrae milioni di dollari al mondo del Cinema, costringendo le majors a licenziamenti di massa. Perdipiù questi sono anni in cui società e mercato subiscono profonde trasformazioni. Il cambiamento nei gusti degli spettatori è la molla che apre la strada ad una nuova generazione di registi, fra cui Stanley Kubrik [con capolavori come Il Dottor Stranamore e 2001: Odissea nello Spazio], Roman Polansky [Rosemary’s Baby e Repulsion] e Blake Edwards [Colazione da Tiffany, La Pantera Rosa, Hollywood Party]. Vecchi e gloriosi autori come Alfred Hitchcock, Billy Wilder e John Ford hanno giusto il tempo per alcuni straordinari colpi di coda [Psycho, Gli Uccelli, L’Appartamento e L’Uomo che uccise Liberty Valance] prima di essere soppiantati – a partire dalla seconda metà del decennio – da un nuovo linguaggio e da un processo di revisione dei classici, che solo qualche anno prima sarebbe stato impensabile.

Tali trasformazioni sono anche una reazione ai cambiamenti in atto in Europa. La Nouvelle Vague francese infatti esercita una notevole influenza sul cinema americano. Altrettanto si può dire a proposito del nuovo cinema d’autore italiano, guidato da registi come Fellini ed Antonioni, e del formidabile lavoro di Sergio Leone, in grado – da solo – di riscrivere completamente l’epopea del genere western. Tutto questo mentre la migliore commedia all’italiana [quella di Dino Risi e dei suoi Una Vita Difficile e Il Sorpasso, e quella dei vari Monicelli, Germi, Comencini, ecc.] guadagna una crescente considerazione internazionale.

Carnage

Carnage

Carnage è una formidabile prova attoriale. Jodie Foster, Kate Winslet, Christoph Waltz e John C. Reilly in stato di grazia, un’impeccabile sceneggiatura con dialoghi corrosivi e tempi perfetti, e una regia serrata ed incalzante dimostrano che si può realizzare un film eccellente pur ambientandolo fra 4 mura, senza stacchi temporali. Due coppie di genitori si incontrano per la prima volta in un appartamento di Manhattan dopo una violenta lite fra i rispettivi figli undicenni. Quella che inizia come una civilissima visita di cortesia con tanto di tortà, caffè e scambi di convenevoli, si trasforma ben presto in un gioco al massacro che non risparmia nessuno.

Il nuovo film di Roman Polanski è un’amarissima commedia che svela ciò che si cela dietro una “famiglia borghese” quando cadono le maschere del perbenismo e le convenzioni sociali. Ecco allora che fra i 4 personaggi nascono e si sfaldano repentine alleanze, dapprima tra una coppia e l’altra e poi tra i due sessi. Ci si attacca senza alcun ritegno, sembra che ci si comprenda per un attimo, salvo poi riprendere le reciproche ostilità. Se si considerano le sue ben note vicissitudini personali, è facile scorgere nel lavoro del regista [che rispetto alla piece teatrale da cui il film è tratto sposta l’azione da Parigi a New York] una ferocissima critica alla società americana, così puritana e moralista in apparenza, ma che sotto il tappeto nasconde pregiudizi, vizi e contraddizioni.

Il 2010 al Cinema

Il 2010 al Cinema

Questa stagione ci ha regalato due capolavori che curiosamente presentano più di un aspetto in comune. Entrambi hanno come protagonista Leonardo Di Caprio ed entrambi condividono la stessa straordinaria capacità di indagare sul rapporto fra realtà e sogno. Ognuno a modo proprio, Christopher Nolan con Inception e Martin Scorsese con Shutter Island, si muovono sul terreno incerto e confuso che separa la verità dall’immaginazione, riuscendo – cosa non più così comune nel cinema americano degli ultimi anni – a sposare autorialità ad intrattenimento. Al terzo e al quarto posto della mia personale top five dei film usciti nel 2010 si trova un’altra coppia di pellicole dirette – anche questa volta – da un regista della vecchia generazione e da uno della nuova. Roman Polanski con Un uomo nell’ombra firma un thriller solidissimo come pochi negli ultimi decenni, dalle atmosfere cupe ed opprimenti, in cui lo smarrimento dell’uomo comune di fronte ad un intrigo internazionale rimanda al miglior Hitchcock. David Fincher realizza The social network, una poderosa storia di solitudine e rivalsa tra le pieghe del più importante fenomeno di costume di questi ultimi anni. Non fa neppure più notizia l’ennesimo gioiello in casa Pixar, che anche quest’anno con Toy Story 3 propone la magia di una storia che sa parlare al cuore di tutti, grandi e piccini.

Il 2010 è stato un anno orribile per le tante morti che hanno colpito il mondo del cinema. Quel che restava della commedia all’italiana è stato falciato via: Mario Monicelli, i grandi sceneggiatori Furio Scarpelli e Suso Cecchi d’Amico, il produttore Dino de Laurentiis ed il “solito ignoto” Tiberio Murgia. Sono morti i due registi francesi Eric Rohmer e Claude Chabrol. In America ci hanno lasciato Dennis Hopper, Tony Curtis, Jill Clayburgh, Leslie Nielsen, Tom Bosley e i registi Arthur Penn e Blake Edwards. Per non parlare di Raimondo Vianello e Sandra Mondaini che, pur avendo solo sfiorato il cinema, sono da considerarsi due pietre miliari del mondo dello spettacolo italiano.

Dieci anni al Cinema

Dieci anni al Cinema

In occasione della fine del primo decennio del secolo, i magazine italiani ed internazionali si stanno prodigando in classifiche di vario genere. Poteva il mio blog esimersi dal partecipare a questo momento di verifiche e bilanci? Certamente si, ma siccome ho a cuore la soddisfazione del mio sparutissimo drappello di fidi lettori, eccomi qua a pubblicare una personale “top ten” dei film usciti fra il 2000 e il 2009. Oltre alle pellicole ai primi 10 posti che elenco più in basso, voglio assegnare una particolare nota di merito a Il Pianista di Roman Polanski, ai due film di Tullio Giordana: I Cento Passi e La Meglio Gioventù, a The Others di Alejandro Amenabar, a La 25ª ora di Spike Lee, a tutto il lavoro di Clint Eastwood che in questi ultimi 10 anni si è costantemente mantenuto su livelli di eccellenza, a Christopher Nolan che si è affermato come uno dei maggiori talenti della “nuova” generazione di registi, a Paolo Sorrentino, il più originale e bravo cineasta italiano, ed infine alla Pixar che ha davvero rivoluzionato il mondo dell’animazione, realizzando alcuni nuovi classici senza tempo.

Ecco quindi i miei magnifici 10… ed i vostri?