Vie, corsi e ricorsi
Dieci anni fa moriva Bettino Craxi nella sua residenza tunisina. Latitante, con due mandati di cattura sulla testa e due condanne definitive a dieci anni per corruzione e finanziamento illecito. Oggi il Governo berlusconi sta cercando di riabilitarne la memoria, intestando una via od una piazza a suo nome. Una mossa tanto becera quanto spudorata, che ricerca l’obiettivo di discreditare i giudici e colpire Di Pietro [espressione di Mani Pulite] da una parte, e dall’altra di rafforzare la legittimità di berlusconi a dichiararsi perseguitato dalla magistratura. Quella stessa magistratura che costrinse alla fuga il leader del PSI, perseguendo unicamente dei fini politici. Un teorema che nega e ribalta la realtà e che fa diventare un uomo che ammise di aver rubato perchè “così fan tutti” e che trascorse gli ultimi anni della sua vita protetto da un feroce dittatore tunisino, un “innovativo” [secondo le parole di Capezzone], un “patriota” [come sostiene la Boniver], o un “esule martire” come si affannano a dire i tanti yesmenberlusconiani, complice l’ignoranza e l’inesistente memoria storica degli italiani. Ecco allora che la difesa di Craxi diventa la difesa stessa di berlusconi, perchè se al segretario socialista condannato in via definitiva, con circa 150 miliardi di vecchie lire di introiti illeciti, si intitola una via di Milano, come si può omaggiare il Cavaliere, “soltanto” indagato per corruzione in atti giudiziari?
Intervistato al riguardo, Giorgio Bocca ha recentemente affermato: «Craxi era uno che faceva politica come un bandito. Per questo piace tanto a Berlusconi. […] Mani pulite è stata un tentativo di purificare la politica italiana. Siccome la politica italiana è piena di corrotti, tutti d’accordo hanno cercato di seppellire Mani pulite. Si spiega così l’odio della destra per Antonio Di Pietro: viene considerato il demonio solo perché chiede alla politica di essere una politica di persone per bene e non di ladri».