J.Edgar
Difficilissimo condensare in due ore la vita di una figura così complessa e controversa come quella di J. Edgar Hoover. Il direttore dell’FBI che ha attraversato da protagonista 50 anni della recente storia americana, sotto ben 8 diverse presidenze. Clint Eastwood sceglie di prediligire gli aspetti privati alla dimensione pubblica del personaggio, finendo così per non dargli sufficiente spessore o perlomeno per affrontare con superficialità alcuni snodi che forse avrebbero avuto bisogno di un’altra sottolineatura. La narrazione, non sempre equilibrata, è ulteriormente appesantita da continui ed inutili salti temporali che finiscono col far perdere di vista il quadro generale.
In questo contesto, il film risulta a tratti freddo ed irrisolto, esattamente come il personaggio descritto. Un uomo potentissimo, eppure privo di una vita personale, succube di una madre autoritaria e represso da un’omosessualità mai accettata. A fronte dell’eccessivo materiale di utilizzare – si va dalla lotta contro gli anarchici e i comunisti, passando per la cattura di Dillinger, il rapimento Lindbergh, la rivoluzione tecnologica dell’FBI, i vari intrighi di potere, via via sino al pessimo rapporto con Bob Kennedy, l’attentato di Dallas, l’ossessione contro Martin Luther King e la presa del potere da parte di Richard Nixon – Eastwood riesce comunque a farsi apprezzare per il rigore della ricostruzione scenica e per la scelta di un eccellente cast. In particolare, Leonardo Di Caprio – che si prenota per una probabile vittoria ai prossimi Oscar – spesso sepolto sotto chili di trucco per apparire un credibile settantenne, ne è un protagonista efficace e convincente.