Fenomenologia dell’aggettivo piccante

Fenomenologia dell’aggettivo piccante



Sono anni che l’aggettivo piccante viene utilizzato esclusivamente in materia gastronomica, in relazione – che so – al peperoncino di Soverato o al pepe di Cayenna. Sentire che il papi ieri lo accostava a temi morbosi e trasgressivi, mi ha fatto tornare alla mente quel cinema che negli Anni 70 assolse all’importante servizio sociale di iniziare al sesso la gran parte degli adolescenti italiani, complici le tette della Fenech, il sedere della Cassini o le frenesie [generalmente appagate verso la fine di ogni film] di un Renzo Montagnani piuttosto che un Alvaro Vitali.
 
E’ evidente il tentativo di mitigare l’impatto sgradevole che l’espressione “rapporti sessuali” [perdipiù con minorenni] avrebbe avuto nei titoli dei quotidiani che oggi avrebbero riportato, virgolettandole, le parole di berlusconi. In pratica l’uso del desueto ed allegramente pecoreccio “piccante” ha la stessa funzione del toupè, delle scarpe col rialzo e del cerone, con cui il Nostro cerca ogni giorno di apparire più presentabile. Pensandoci bene, niente di troppo distante neppure da quel che si è fatto con le leggi ad personam, l’occupazione della RAI, l’attacco strumentale alla Magistratura, la deligittimazione degli avversari politici e quant’altro. Iniziative tutte volte a banalizzare, a minimizzare se non a manipolare o persino a nascondere e negare la realtà dei fatti. Quella che vede il nostro Paese guidato da un arrogante e spregiudicato profittatore senza alcun scrupolo.

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