I Classici del Cinema – Rebecca, la Prima Moglie

I Classici del Cinema – Rebecca, la Prima Moglie

«La scorsa notte ho sognato di essere tornata a Manderley». Così inizia Rebecca, la Prima Moglie [1940], con un suggestivo prologo di 2 minuti raccontato dalla voce fuori campo della protagonista, a cui fa seguito un lunghissimo flashback che compone il resto del film. Una giovane e timida dama di compagnia sposa Maxim De Winter, un ricchissimo gentiluomo inglese e si trasferisce nella sua dimora, lo spettrale castello di Manderlay. Qui deve affrontare l’ostilità della signora Danvers, la gelida governante che vive nell’adorazione morbosa per la prima moglie del padrone. Il ricordo ossessivo di Rebecca e il mistero che circonda la sua tragica morte spingeranno la giovane sull’orlo della pazzia. Tratta – come sarà anche per Gli Uccelli – da un romanzo di Daphne du Maurier, la pellicola è uno dei massimi capolavori di Alfred Hitchcock, qui alla prima prova negli Stati Uniti. L’unica – strano a dirsi – capace di conquistare l’Oscar come miglior film.

Il regista introduce da subito il tema del sogno e stabilisce l’atmosfera onirica che pervade tutto il film, riuscendo a stemperare le tonalità melò del romanzo, con la suspence del giallo ed il gotico dell’ambientazione. La narrazione, frutto dei ricordi della seconda signora De Winter [a cui un’indimenticabile Joan Fontaine conferisce la perfetta dose di vulnerabilità ed insicurezza], è funzionale ad instaurare un clima obliquo di paranoia, all’interno di una cornice apparentemente romantica. Rebecca, la prima moglie è in effetti un formidabile gioco di apparenze ed inganni. Nulla e nessuno sono ciò che sembrano, tutto è equivoco, ambiguo. Il film stesso, che – come detto – coincide con il racconto che fa il personaggio della Fontaine, non può, per questo motivo, rispondere ai criteri oggettivi della realtà. I contenuti presenti, a cominciare proprio da quello del “doppio” [sviluppato successivamente in lavori come La Donna che Visse Due Volte e in Delitto per Delitto], per andare poi al condizionamento del passato, all’innocente accusato ingiustamente, al senso di colpa, al sogno, sono già quelli tipici della filmografia hitchcockiana. Il regista inglese, come poi succederà con il motel di Norman Bates in Psycho, connota il castello di Manderley di una tale forza da renderlo a tutti gli effetti un personaggio centrale della storia, capace di custodire i segreti di Rebecca – così incredibilmente presente nella sua assenza – e permeare l’intreccio di un’opprimente atmosfera da favola nera. Magistrale è la regia, estremamente raffinata nella messa in scena e abilissima nell’evidenziare la complessità psicologica della storia.

24 pensieri riguardo “I Classici del Cinema – Rebecca, la Prima Moglie

  1. Adoro i prologhi con la voce fuori campo. Trovo che abbiano una fortissima carica evocativa. Qui sembra davvero l’inizio di una fiaba gotica, con un bianco/nero espressionista. Un’atmosfera da fratelli Grimm: non è un caso se il grande Lorenzo Mattotti, nella sua stupenda versione di Hansel e Gretel, abbia scelto di plasmare le figure dal nero.
    Manderley ricorda la villa di Kane in Quarto potere, ma anche il castello di Rochester in Jane Eyre (sempre Orson Welles). Tutte pellicole degli affascinanti anni Quaranta…

    Qui… beh… qui abbiamo Hitchcock. Solo lui poteva rendere un’assenza, un’ombra, un nome così ammaliante e potente. La governante evoca Rebecca come un culto, vestendo i panni di una specie di sacerdotessa. La seconda signora De Winter, invece, rappresenta la luce, il bianco che si oppone al nero.

    Insomma, nulla a che vedere con la fiction del 2008… Del resto riproporre Hitchcock sarebbe, per chiunque, un’impresa titanica!

  2. @Adam’s Rib
    Giustissimi i riferimenti a Orson Welles, a Jane Eyre e ai fratelli Grimm (questi ultimi in particolare vengono persino citati nel romanzo da cui il film è tratto)… quanto al resto… si… diciamo che la Capotondi e Alessio Boni non sono esattamente la Fontaine e Olivier ed il regista Riccardo Milani è un carneade di infimo grado rispetto ad uno dei più grandi cineasti di sempre…

  3. Un vero e proprio film di paura pur non appartenendo al genere horror. A essere sincera, le uniche paura cinematografiche da me provate sono state tutte firmate da Hitckock, gli horror veri e propri mi hanno sempre fatto al massimo effetto noia.
    Con questo regista invece ho tremato in varie occasioni, non solo in REBECCA (raro caso in cui, a mio avviso, il film supera il libro), ma anche PSYCHO (pur non essendo una fifona, da ragazza quante volte mi sono chiusa in bango a chiave quando ero a casa da sola a fare la doccia pensando alla famosa scena! per non parlare della mamma di Norman Bates), GLI UCCELLI emolti episodi della serie tv….sarò strana io, che vi devo dire!
    Il remake con Alessio Boni, nonostante ami le fiction, è una di quelle che butterei dove ci si può immaginare, a parte l’interpretazioni di Mariangela Melato che secondo me pur non essendo all’altezza di Judith Anderson è stata comunque molto buona. Sono una fan di Boni ma in quel film non mi è affatto piaciuto, se prendevano un firgorifero faceva lo stesso effetto e spendevano meno!

  4. Eh, qui siamo su livelli davvero alti. Sottoscrivo tutto ovviamente, specie il ruolo attivo del castello, che contribuisce enormemente a ricreare quell’atmosfera che rende poi il film il capolavoro che è. Ovviamente mi aspetto che da un momento all’altro parli di Nodo alla Gola, da sempre il mio Hitchcock preferito. Forse ;)

  5. Ma sai che pur adorando Hitchcock non ho mai visto questo film? Devo assolutamente rimediare: per caso sai se uscirà in blue ray? (ormai Brontolo gli altri sistemi non li considera neppure :-)

  6. @Tiziana
    Esatto… Rebecca è un film estramente inquietante, pur non essendo un horror. Io credo che Hitchcock sapesse spaventare così tanto e così bene perchè era prima di tutto un grande conoscitore della psiche umana e perciò sapeva far leva sulle corde giuste. La fiction intaliana sono riuscita a vederla per non più di 10 minuti, poi ho cominciato a sentire il buon Hitch rivoltarsi nella tomba e perciò ho spento… :) credo che Alessio Boni abbia fatto una figura decisamente migliore con la recente fiction su Walter Chiari…

    @Elio
    Beh… Nodo alla Gola è un altro film portentoso. Un gioiello di tecnica, ma non solo. In comune con Rebecca ha il tema della fascinazione omosessuale, più evidente e centrale nel film con James Stewart, più accennata e morbosa quella che la governante nutre nei confronti di Rebecca.

    @Maude
    Non mi pare che sia già uscita la versione in bluray… però non mi sorprenderei se uscisse entro l’anno…

  7. Noooooo, la Capotondi – che tanto piace al tenutario – è decisamente la migliore interprete mai vista.
    Max De Winter – che sempre omicida rimane – si meritava questo ed altro : una moglie infida, una domestica piena di boria e di latenze non propriamente riferibili, una seconda moglie noiosa e un po’ tarda e un remake come quello che ci è toccato in sorte.
    Alla fine del ballo, l’unico personaggio che “regge”in tutta questa storia di vizio e di virtù col bene che vince e il male che sprofonda, è proprio lei Rebecca.
    Il resto è Hitchcock nella superba accoppiata con la De Maurier. Come dire : il manicomio è in fondo a destra.

  8. @Sed
    E’ vero… Hitchcock riesce a fare di Rebecca il personaggio più vivo e presente del film, pur non facendola apparire mai in nessun flashback. Sta allo spettatore, esattamente come il personaggio della Fontaine, immaginarsela con le informazioni che ha a disposizione. Ed è forse anche per questo che il pubblico percepisce così bene l’angoscia ed il senso di inadeguatezza della seconda signora De Winter, schiacciata dal costante confronto con Rebecca.

    1. Nessuna donna dotata di buon senso si lascerebbe consigliare un abito dalla sua peggiore nemica.Negli anni 40 poi.
      Che altro c’è da percepire?
      Quanto è ingenua, buona e cara la De Winter 2.0 ?
      Massì …solo che non sta in piedi.
      Mi piace il film ma tra l’omicida impunito con il placet del gentile pubblico e la gatta morta..
      W Rebecca che lungi dall’esser vittima, tiene banco anche defunta ( e chissà che tormenti nel sequel…)

  9. @Sed
    Il film è sostanzialmente una fiaba, come Hitchcock peraltro conferma nella sua lunga e famosa intervista a Truffaut, paragonando il personaggio interpretato dalla Fontaine a Cenerentola… e si sa che le eroine delle favole hanno poco a che fare col movimento di emancipazione femminile ;) Io trovo che sia proprio quest’atmosfera fiabesca e straniante a collocare il film fuori dal tempo e dalle convenzioni più quotidiane, come quella che citavi tu a proposito del vestito.
    Peraltro tu continui a parlare di omicidio, ma in realtà non è così. Sempre nell’intervista a Truffaut, Hitch ad una domanda circa la spiegazione finale del film, sostiene: «La spiegazione è che Max De Winter non ha ucciso Rebecca, la quale si è invece suicidata perchè aveva un cancro».

    1. Con la scusa della fiaba però si giustifica qualunque scivolone narrativo.Il realtà quando si dice che un personaggio “regge” più che alla veridicità si pensa alla coerenza dell’impianto e all’interesse che può suscitare.
      Poi figurati se Hitchcock non la tirava per i capelli. Infatti Truffaut lo considera un maestro della cinematografia,mica delle sceneggiature. Questa del suicidio sta nel retrotesto..ma comunque non è questo l’importante,
      Emancipazione o no – e sulle favole comunque ti contraddice l’intero movimento di liberazione – negli anni 40 esistevano già personaggi femminili meno sbiaditi e insignificanti.
      Mi dirai che non tutti i registi avevano problemini così marcati con le signore. E lì,e solo lì, casca l’asino del nostro caro Alfred, cioè nel suo rapporto con il genere femminile. E manco a dirlo ovviamente, con le attrici.
      Poi questo non significa che i suoi film non siano egualmente interessanti ma un po’ meno Tippi e un po’ più Ingrid, lo sarebbero stati ancor di più.

  10. @Sed
    Personalmente non ho rilevato alcun scivolone narrativo. Truffaut sosteneva (sempre nel famoso libro) che si trattasse di un film estremamente moderno, ed io son d’accordo. Con la lente della fiaba (che a mio avviso non è una scusa, ma l’elemento fondante della storia) Hitchcock è riuscito a parlare di angosce e paure che sono universali: in questo caso la paura di non essere amati, di non essere accettati per quello che si è. Non mi pare che il regista releghi l’idea del suicidio al retrotesto, ma la considera piuttosto come l’unica spiegazione plausibile…. tantopiù che difficilmente nel 1940 al cinema l’autore di un omicidio sarebbe riuscito a farla franca. Detto questo, sono naturalmente d’accordo quando evidenzi i problemi che il buon Hitch ha avuto con le sue protagoniste femminili e con la propria concezione della donna (algida ed elegante in salotto e puttana in camera da letto)

    @luca
    Assolutamente! :)

  11. Bah… la misoginia non conduce da nessuna parte esattamente come qualsiasi atteggiamento fobico con il quale non si riesce a fare i conti. Ergo : se per far emergere paure universali dal fondo della cupa spelonca,mi devo servire di figure,guarda caso, femminili, alienate,mostruose, ambigue e inverosimilmente sceme, interpretate, salvo rari casi, da pupattole inespressive, qualcosa finisce col non tornare dal punto di vista del racconto.Semplicemente perché le cose non stanno così . Poi posso convocare anche Dalì e cospargere la scena di tutti i simbolismi freudiani disponibili,resta una discrasia, un vuoto, un troppo detto e mai risolto,(una forzatura questa che la cinematografia paga in termini di coerenza del racconto) nonché un eccesso di direzione delle attrici che recitano decentemente solo quando riescono a sfuggirgli di mano. Vedi Alida Valli e in parte la Bergman.
    Tutto ciò stride col gran mestiere il colpo d’occhio geniale e la notevole sensibilità artistica che a volte è sufficiente a risolvere il film ma alle volte no. Morale : non è che tutto quello che è grande e ci piace è anche perfetto e va difeso ad ogni costo oltre il ragionevole. (però…la Capotondi, vuoi mettere?)

  12. @sed
    Continui a non considerare che la chiave di lettura è quella della fiaba… ok, per te è una scusa, ma per me no. Quindi ciò che sostieni tu io non lo condivido, non per “partito preso” o per irragionevolezza, ma più semplicemente perchè parto da un presupposto che non è il tuo e che mi fornisce una chiave di lettura del film differente dalla tua. Inoltre non credo di essere “di parte” se dico di non esser d’accordo neppure sul fatto che l’interpretazione delle sue attrici è migliore quando queste si prendono delle libertà. Ad esempio, non mi ricordo di alcun film non di Hithcock in cui Grace Kelly sia venuta fuori meglio che ne La Finestra sul Cortile o in Caccia al Ladro. Può piacere o meno l’idea di donna che si deduce da molti (non tutti) suoi film, resta però un fatto che abbia intercettato l’immaginario del pubblico, magari composto da troppi uomini repressi e maschilisti… questo te lo concedo! :)

  13. mi sarebbe tanto piaciuto conoscere la Rebecca buonanima!
    Tra un assassino, una moglie tonta, un maniero inquietante ed una lesbica repressa, colei che brilla per la sua personalità, la sua presenza e la sua libertà dalle convenzioni è proprio la cara estinta.
    gran film!
    aneddoto: al terzo matrimonio di un amico, essendosi chiusi in amicizia gli altri due ed essendo le ex ambedue invitate, la numero Uno si presentava a chi non la conosceva con un bel “piacere, sono Rebecca!”

  14. Ah meno male che con le ultime tre righe hai riabilitato il resto, altrimenti tra chiavi di lettura, Truffaut e principesche patate lesse – taaaaaaaanto fine – stavo per smarrire il filo.
    E comunque al di là della Versione Ufficiale che dopo un certo numero di anni è più stucchevole delle 4(quattro) espressioni di Grace – taaaaaaanto carina – Kelly, l’unica critica possibile è quella istintiva del comune (e innocente) spettatore represso e maschilista e della comune spettatrice wannabee uno straccetto targato Dior.Il resto è Capotondi. E la fiaba continua.

  15. @gatta
    Bellissimo l’aneddoto!!! :)
    Comunque Rebecca non è stata uccisa dal marito… si è suicidata perchè malata di cancro…

    @sed
    A sed… nun te facevo così femminista… e daje su… che in quella fiction oltre la Capotondi che fa sempre pena , anche la Melato non è che ne sia venuta fuori così splendidamente… ;)

  16. Ah si? Allora per punizione vedrai tutti e 500 ( vero!) i film della rassegna internazionale Kinomata cinema di donne,per donne,con donne etc etc e bada bene di non distrarti che dopo t’interrogo sulla sezione giapponese.
    Si in effetti ho,tra i tanti,anche quel difetto lì : una visione del mondo non…neutra

  17. @Sed
    Arghhh… non ce la posso fare!!! :))

    @gatta
    Evidentemente la spiegazione finale del film è un pò ambigua, visto che nel famoso libro intervista di Truffaut ad Hitchcock, il regista francese chiese al suo più anziano e famoso collega di spiegargliela, al che il buon Hitch disse che per l’appunto si trattò di suicidio…

    1. …comunque c’è occultamento di cadavere e falsa testimonianza di sicuro (guarda questa storia se non finisce a colpi di codice Hays) poi la storia della morte accidentale.
      e tutto per una …. wish I were a woman of 36, dressed in black satin with a string of pearls gne gne di cui non si conosce manco il nome, e il cui matrimonio *is not exactly a bed of roses * ( e ti credo due pesci lessi come quelli che rose volevano spargere)

  18. ho sempre amato rebecca la prima moglie e cosi joan fontaine ,sorella se non sbaglio di un altra grandissima ,olivia de havilland ,la melania di via col vento. due grandi attrici ,molto belle entrambe ,joan forse di piu ,che nella vita mi pare non andarono affatto d accordo.rebecca la prima moglie ,mi ha sempre ricordato per qualche ragione -forse anche per il castello sinistro e minaccioso e per la figura della prima moglie incombente e condizionante sulla fragile seconda signora ..per non parlare della governante e del marito ,che fino all ultimo appare ambiguo nel suo reale attaccamento alla seconda giovane donna- il romanzo di charlotte bronte jaine ayre .anche se rebecca è certamente piu moderno ,anche ovviamente per il tempo in cui avviene ben piu tardo del romanzo ,e la prima moglie anziche essere una demente reclusa si rivela piuttosto una maliarda fedifraga se non ricordo male..ma la protagonista ,secondo me ,conserva la stessa forza fragile di jane eyre ,la stessa curiosita timida ma temeraria al tempo animata solo da un amore incondizionato per un uomo che pure appare fino all ultimo ,in entrambi i casi ,ambiguo.e quell amore tenace e limpido alla fine per tutte e due le eroine , verra premiato…e il mistero che aleggia sulla sinistra magione ,svelato.

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