Il coraggio del dire

Il coraggio del dire

Se in questi giorni si volesse parlare di politica, si avrebbe davvero l’imbarazzo della scelta. Infatti in una settimana sola si sono concentrate un numero di bassezze che un Governo di un Paese straniero qualsiasi non riuscirebbe a mettere insieme in un’intera legislatura.

Parlo della vicenda dell’arresto dei 3 operatori di Emergency. Trovo scandaloso che le autorità italiane, invece di impegnarsi a sostegno dei tre connazionali fermati in Afghanistan, si siano preoccupate prima di tutto di screditare l’organizzazione di Gino Strada, personaggio sicuramente molto scomodo per quanti insistono ancora a dipingere la violenta guerra in corso in Afghanistan come una missione umanitaria. Parlo naturalmente anche delle dichiarazioni di berlusconi circa la mafia, a suo dire “supportata promozionalmente” da opere letterarie come Gomorra. L’attacco a Roberto Saviano è qualcosa la cui gravità va ancor oltre l’elogio del premier al criminale mafioso pluriomicida Vittorio Mangano. Lucida, appassionata e netta la risposta dello scrittore al presidente del consiglio: «I clan di tutte le mafie vogliono il silenzio. Vogliono che tutto si riduca a un problema tra guardie e ladri. Ma non è così. Solo mostrando come stanno le cose si ha la possibilità di fare resistenza. Diffondendo il valore della responsabilità, del coraggio del dire, del valore della denuncia, della forza dell’accusa, possiamo cambiare le cose».

Rispetto a queste cose, così come ad altre che non cito per brevità, mi viene in mente la battuta pubblicata sul blog di Daniele Luttazzi: «Incidente aereo: decimata la classe dirigente polacca. Si terranno elezioni anticipate. Non faccio neanche la battuta, stiamo pensando tutti la stessa cosa».

Che noia, che barba. Che barba, che noia.

Che noia, che barba. Che barba, che noia.

Raimondo Vianello è sempre stato un mio punto di riferimento. Ho adorato la sua classe, la sua intelligenza e la sua inarrivabile ironia, tagliente ma mai aggressiva. Sono cresciuto con la sua televisione, popolare ed al tempo stesso raffinata. Mi piaceva tanto quel continuo sfottò con la moglie, che in realtà nascondeva un amore enorme ed una profonda devozione. L’ultimo dei grandi comici se ne va curiosamente nello stesso giorno di Totò, a cui fece da spalla in diversi film. La sua morte oggi mi fa sentire improvvisamente più vecchio e triste. Come ha detto Chiambretti, ricordandolo: «il mondo ora sarà solo una noia, una barba, una barba, una noia».

Un paese di orticelli

Un paese di orticelli

A prima vista la vittoria pare netta. La maggioranza conquista 6 regioni su 13, di cui le due più importanti e strategiche: Piemonte e Lazio. Però, ad un esame più attento [e libero dalle manipolazioni della TV di regime], non si può non registrare il crollo del PDL che, rispetto all’ultimo turno elettorale [europee del giugno 2009], perde ben 9 punti percentuali, attestandosi al 27% circa delle preferenze. Appena un soffio sopra il PD che, contrariamente al suo principale antagonista, si mantiene stabile al 26%. Il partito di Bersani, oltre che dell’astensionismo, oggi deve preoccuparsi anche del successo di un movimento come quello di Beppe Grillo che, dove si è presentato, ha eroso il 3% dei voti e ha contribuito a frammentare ulteriormente un’area politica che invece ha il dovere di ritrovare al più presto unità e coesione. E’ solo responsabilità dell’opposizione – infatti – se nonostante lo sconquasso del PDL si è nuovamente riusciti a non vincere le elezioni. Se si fosse in grado di far tesoro di queste regionali, si dovrebbe – a mio avviso – ripartire da Nichi Vendola, l’unico esponente che per carisma, spessore culturale e storia personale può incarnare lo spirito della vera sinistra. Così Concita De Gregorio su L’Unità: «Questo è un voto di delusione e di rabbia verso un centrosinistra che ha disatteso le aspettative. Che rispetto a quel che l’elettorato chiedeva non ha avuto abbastanza coraggio: di cambiare la sua classe dirigente, di puntare sul rinnovamento, su logiche nuove e non solo su somme aritmetiche di alleanze possibili, su un progetto chiaro semplice e alternativo che fosse anche – come dice Vendola – un nuovo racconto».

Ho sempre sostenuto che in Italia prima di ogni altra cosa esiste un problema culturale. Ed in questo senso la vittoria al Nord di una forza populista e reazionaria come il partito di Bossi non può che preoccupare.  Come ha scritto ieri Vittorio Zucconi: «L’Italia è, e rimane, una sottocultura proporzionale e localistica. A ciascuno il proprio poderino, il proprio orto, il proprio manipolo di consiglieri o assessori, la propria contrada, e chi se ne frega dell’agricoltura nazionale».

Meno tumori per tutti

Meno tumori per tutti

Ormai eravamo abituati alle gaffes, alle menzogne, alle prevaricazioni, avevamo fatto il callo alle censure, alle leggi ad personam, ai conflitti di interessi, ci eravamo adeguati persino alle amicizie con ergastolani mafiosi, alle corruzioni di avvocati e finanzieri, e alle aggressioni ad organi di garanzia istituzionali e magistrati. Però sabato il nostro teleimbonitore preferito è riuscito ad arrivare là, dove nessun uomo era mai giunto prima, raggiungendo livelli di virtuosismo inimmaginabili prima di qualche giorno fa. «Nei prossimi tre anni col mio governo vogliamo vincere anche il cancro, che colpisce ogni anno 250.000 italiani e riguarda quasi due milioni di nostri cittadini»: è’ stato questo il passaggio più eclatante del comizio di berlusconi alla manifestazione del PDL. Il Presidente del Consiglio, recuperando i poteri taumaturgici di chi è stato unto dal Signore, ormai non può arrestarsi neppure di fronte al dolore di milioni di persone. Del resto non è lui il leader maximo del Partito dell’Amore? E chi in cuor suo non sa che l’amore vince su ogni cosa?

Così su L’Unità«L’Italia destina alla ricerca sanitaria appena lo 0,1% del Pil lordo: tre volte meno della Germania o della Gran Bretagna. In assoluto, 200 [sì 200 volte meno] degli Usa. Chi può pensare che il nostro piccolo paese possa riuscire in tre anni lì dove il resto del mondo, con una quantità di risorse economiche 60 volte superiori e un numero di ricercatori 120 volte superiori, non riesce da decenni?». Evidentemente solo dei giornalisti comunisti, invidiosi e rancorosi, possono pensare che i tagli che questo governo ha imposto alla ricerca mal si sposano con le promesse di guarigione di berlusconi. Al nostro cavaliere sciamano, che tutto può, sarà infatti sufficiente imporre le mani sui malati, perchè questi si rimettano in salute giusto in tempo per recarsi alle urne e votare per lui.

Perchè si deve andare a votare

Perchè si deve andare a votare

«E’ importante che le regionali vadano bene, perché con un mandato pieno potremo lavorare bene e con serenità: per esempio per modernizzare il Paese, magari introducendo l’elezione diretta del Presidente della Repubblica» ha dichiarato il Cavaliere nei giorni scorsi. Ecco svelato il progetto eversivo di berlusconi. Stravolgere la Carta Costituzionale, trasformando l’Italia una Repubblica Presidenziale a reti unificate, diventare il successore di Napolitano, e – con un premier scelto fra uno dei suoi lacchè – seguitare ad avere un ruolo di comando sempre più autoritario sulla politica ed i governi, per molti anni ancora. L’obiettivo – cioè – sarebbe quello di creare un sistema presidenzialista alla francese, con un Presidente con ampi poteri e con un primo ministro [un Alfano o  un Brunetta qualsiasi] di sua diretta derivazione. Uno scenario che farebbe sprofondare l’Italia in un nuovo ventennio fascista. Il solo modo che abbiamo di contrastare questo progetto scellerato è andare a votare per uno dei partiti espressione dell’opposizione, dando così un segnale forte ed inequivocabile di quanto la gente sia stanca di non vivere in un paese normale, dove, come ha recentemente scritto Massimo Gramellini, «un capo del governo che urla a un’autorità dello Stato “fate schifo”, “siete una barzelletta” e ordina di chiudere un programma del servizio pubblico sarebbe costretto ad andarsene nel giro di un’ora».

Viviamo un’emergenza democratica. Chi si asterrà per protesta, perchè magari pensa che questa sinistra è omologata alla maggioranza, compie un errore madornale. Il PD ha la responsabilità della propria inettitudine, di aver pensato di riuscire a venire a patti con un bandito, ma certo non è assimilabile al partito azienda di berlusconi, che non solo non ha corrispettivi in Italia, ma neppure in Europa, dove le destre sono di ben diversa caratura.

Una republica televisiva

Una republica televisiva

L’Italia non è più uno Stato occidentale ma una barzelletta, un cartone animato, una rappresentazione del teatro dell’assurdo di Eugene Ionesco,  in cui in un precipitare del non senso, si arriva all’inquietante assenza della realtà [e di ogni parvenza di pudore]. Sabato scorso la sinistra ha legittimamente manifestato per protestare contro i pesanti attacchi alla libertà e alla democrazia. Sabato prossimo, esattamente per gli stessi motivi, manifesterà anche il centrodestra! Praticamente viviamo in un Paese in cui entrambe le parti politiche denunciano l’emergenza democratica provocata dai comportamenti eversivi dell’avversario. «Sovversivi!» «No, i sovversivi siete voi!». «Antidemocratici» «Ma siete voi che minacciate la democrazia». Così, mentre il leader di Sinistra Ecologia e Libertà, Nichi Vendola, il più applaudito alla manifestazione del Popolo Viola, sosteneva: «L’Italia non è una repubblica televisiva fondata sull’impunità. Dobbiamo dare speranza a chi non ne ha più: abbiamo il compito di risollevare in piedi l’Italia stanca e sofferente», il premier di rimando commentava «Quello di oggi a Roma è davvero un’ammucchiata stravagante e contraddittoria. E’ grottesco che la sinistra reclami più libertà mentre a noi, che la libertà ce l’abbiamo nel sangue, vogliono negare la libertà di voto». Un assurdo paradosso in grado di far ammazzare delle risate qualsiasi osservatore straniero.

Ancora una volta il presidente del consiglio, per capovolgere a suo favore la situazione che lo vede in difficoltà, interpreta il ruolo che meglio gli riesce, ossia quello della vittima. L’oggetto di un complotto ordito dai comunisti e dalla magistratura che vogliono impedirgli di vincere le elezioni. Sì perchè, per l’ennesima volta, le prossime elezioni regionali si sono trasformate in un referendum pro o contro berlusconi. Ecco perchè diventa fondamentale andare a votare per una delle opposizioni. Il carisma del premier è in calo, e se si configurerà una sconfitta elettorale, i movimenti che vedono Fini sganciarsi progressivamente dalle spire del caimano per avvicinarsi al centro, potrebbero subire un’accelerazione, e  dunque porre le basi per la fine politica del Nostro.

Aprile

Aprile

Grazie alla segnalazione dell’amico Mauro Piadi ho partecipato al concorso di poesia “Ermes”, in memoria di Alfio Petralia, giovane autore di talento, scomparso a soli 23 anni. Il concorso, che aveva come tema la speranza e che era aperto a tutti gli utenti della rete che siano blogger, ha visto 16 componimenti in gara. Per determinare la poesia vincitrice, la commissione esaminatrice, composta da 10 membri, ha utilizzato criteri come la potenza emozionale, l’originalità stilistica, il ritmo e l’eufonia.

Con mia grande sorpresa ed ancor maggior piacere, a vincere è stata proprio la mia Aprile. Ringrazio calorosamente tutti i componenti la commissione per l’impegno che hanno profuso nell’iniziativa, e come era solito dire il mitico Gustav Thoeni «Sono contento di essere arrivato uno!».

Nemmeno nello Zimbabwe

Nemmeno nello Zimbabwe

Quest’ultima settimana, in uno straordinario crescendo rossiniano, berlusconi ha dimostrato di quale spregio delle regole democratiche e di quanto tracotante abuso di potere sia capace. Dapprima, cosa priva di precedenti in una democrazia, ha cambiato le norme elettorali senza una discussione parlamentare, grazie ad un decreto legge evidentemente anticostituzionale, che è stato subito dopo sconfessato dal Tar del Lazio. Quindi ha fatto approvare il cosiddetto legittimo impedimento, ossia l’ennesima abietta legge ad personam, fatta ad hoc per consentirgli di non rispondere alla Magistratura delle accuse che lo riguardano. Poi, tra mille ingiurie rivolte agli organi istituzionali, ha spudoratamente mentito per coprire gli errori commessi dai suoi in merito alla vicenda dell’esclusione della lista del PDL a Roma, montando un sistema di accuse contro gli avversari politici, le toghe rosse, la burocrazia e la libera stampa.

Infine alcune intercettazioni telefoniche hanno comprovato le sue esplicite pressioni su Giancarlo Innocenzi [ex deputato PDL], commissario dell’Autorità per le Comunicazioni Agcom, che dovrebbe essere il massimo organo di garanzia della pluralità e della trasparenza dell’informazione, e su Augusto Minzolini, il direttore del TG1. Durante queste conversazione berlusconi avrebbe chiesto la chiusura di Annozero di Michele Santoro e la realizzazione di alcuni servizi per screditare il pentito di mafia Spatuzza ed alcuni magistrati “politicizzati”. Inoltre il presidente del consiglio si sarebbe lamentato della presenza del direttore de La Repubblica Ezio Mauro e di Eugenio Scalfari a un’altra trasmissione da lui odiata, Parla con me, condotta da Serena Dandini. «Nemmeno nello Zimbabwe» si sarebbe lagnato il direttore generale della RAI, quando – alla vigilia di una puntata di Annozero riguardante la vicenda Mills – gli telefonò Innocenzi per imbavagliare Santoro. Subito dopo però Mauro Masi avrebbe illustrato il sistema per chiudere Annozero, in futuro però, perchè per farlo la sera stessa ci sarebbe voluto un golpe.

Via libera alla dittatura

Via libera alla dittatura

La vicenda del decreto salva-liste, che sarebbe più opportuno chiamare decreto salva-PDL, dato che è stato fatto su misura per le violazioni commesse nella presentazione della lista del Pdl e non di altre liste, rappresenta il momento più buio della storia di questa nostra ormai virtuale democrazia. Già molte altre volte in precedenza berlusconi aveva piegato le regole del gioco sotto il peso dei suoi interessi privati, ma mai si era spinto ad intervenire sul delicato tema delle leggi elettoriali, ossia sul principale istituto di garanzia del sistema democratico. L’obiettivo sempre più evidente è quello di distruggere il nostro sistema costituzionale, in modo da instaurare un regime semi-autoritario, sia pur ancora guidato dai partiti già al potere. Ecco il perchè delle intimidazioni e degli attacchi e – se ciò non bastasse – delle riforme per limitare l´autonomia e l´indipendenza delle istituzioni non allineate. In questo senso il Parlamento va ridotto a mero strumento di ratifica di decisioni e di accordi presi al di fuori delle sue aule. La magistratura e la Corte Costituzionale vanno deligittimate e subordinate al controllo politico. Il Presidente della Repubblica va reso inoffensivo, perchè privo dell’investitura popolare. La libera informazione va censurata e l’opinione pubblica manipolata e anestitizzata.

Purtroppo Giorgio Napolitano non ha fatto molto per opporsi a questo progetto che nei fatti altro non è che il cosiddetto Piano di Rinascita Democratica ideato da Licio Gelli ed oggi realizzato dal premier piduista berlusconi. Un Presidente della Repubblica che, come scrive Luigi De Magistris nel suo blog, «…non ha avuto problemi a promulgare leggi incostituzionali, come la vergogna del Lodo Alfano, oppure leggi in violazione del diritto comunitario, come lo scudo fiscale che introduce il riciclaggio di Stato. Un Presidente della Repubblica che, in pochi minuti, ha promulgato un decreto legge incostituzionale in materia elettorale modificando le carte in tavola, avallando il ruolo di baro del diritto assunto del Governo. In questi casi, soprattutto se l´arbitro non è imparziale, é il popolo – custode primo ed ultimo della Costituzione Repubblicana – che alza la vigilanza democratica e non permetterà – con una resistenza pacifica costituzionale – ad una oligarchia istituzionalmente golpista di stravolgere lo Stato di diritto nel nostro Paese».