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Mese: Gennaio 2014

La buffonata dell’impeachment

La buffonata dell’impeachment

La politica del chiamarsi sempre fuori da qualsiasi accordo o soluzione condivisa dà agio al M5S di continuare a sbraitare all’inciucio dei partiti tradizionali, in uno stato di perenne campagna elettorale, dove l’unica cosa che importa è alzare i toni. Sempre e comunque. Ciò gli permette di raggiungere quella visibilità che in altri modi non riesce ad ottenere.  L’ultima tappa di questa escalation oltranzista è la ridicola richiesta di impeachment contro il Presidente della Repubblica.
 
La Costituzione prevede che il Capo dello Stato possa essere messo in stato di accusa dal Parlamento, a maggioranza assoluta dei suoi membri, nei casi di alto tradimento o attentato alla Costituzione. Ora, tutto si può dire su Napolitano tranne che si sia realmente macchiato di una di queste due gravissime colpe. E su tutto può fare affidamento Grillo, tranne naturalmente che sul voto del Parlamento a favore della sua richiesta. Qual’è allora il senso di questa becera operazione di propaganda, priva del minimo valore giuridico, e che non si fa scrupolo di utilizzare uno strumento serissimo e di fondamentale importanza istituzionale per mere logiche di bottega? E’ quello di proseguire pervicacemente un’azione di delegittimazione del sistema politico, che si vuol fare apparire – nella sua interezza – come corrotto, marcio e malato, a fronte di un M5S, unico baluardo di legalità a fianco dei cittadini. Piuttosto che impiegare i milioni di voti ottenuti lo scorso febbraio per partecipare al normale confronto democratico fra i vari partiti [per ultimo quello intorno alla legge elettorale], Grillo preferisce la contrapposizione sempre più insultante e violenta, arrivando a trasformare un dibattito parlamentare in una rissa da angiporto e a interpretare l’applicazione di un regolamento come un’intimidazione mafiosa. Ancora una volta si sceglie di cavalcare l’onda del populismo e della rabbia contro la casta, allo scopo di conquistare maggiore visibilità e consensi. E lo si fa oggi ancora più forsennatamente perchè, come scrive Bracconi sul suo blog, «il dato oggettivo è che il quadro politico ha subito una brusca accelerazione. Giusto o sbagliato che sia, tutto si è messo in movimento, e ciò costituisce un problema politico serio per un Movimento che ha fatto dell’immobilismo altrui uno dei pilastri su cui costruire la propria identità».
Un passo avanti… ed uno indietro

Un passo avanti… ed uno indietro

Se ciò che conta è il risultato finale, va riconosciuto a Renzi il successo di una legge elettorale condivisa fra le forze politiche più importanti del Paese (se si eccettua naturalmente il M5S, che ancora una volta si rifiuta di partecipare al dibattito democratico e così disattende il mandato ricevuto dagli elettori). In un mese il sindaco di Firenze porta a casa un’operazione che la politica aveva inseguito da tanto tempo. Si è detto molto dell’incontro fra Renzi e berlusconi. Si doveva tenere. Non si doveva tenere. Non si doveva tenere al Nazareno. Probabilmente tutti hanno un pò di ragione. Resta il fatto che una legge elettorale non si può fare a colpi di maggioranza e non è colpa del PD se il leader di FI è ancora berlusconi. Nel merito, certo qualche perplessità c’è. Prima fra tutti la mancanza delle preferenze, che però potrebbe essere ovviata con le Parlamentarie. Inoltre un premio di maggioranza attribuito a chi prende il 35% dei voti significa prevedere una soglia troppo bassa. Bene invece il doppio turno, unico sistema che allo stato delle cose impedisce una nuova stagione di larghe intese. Meglio ancora la soglia di sbarramento al 5% per le forze coalizzate, che evita un’eccessiva frantumazione della squadra di governo. Insomma: una legge criticabile, ma che certamente rappresenta un passo in avanti rispetto al Porcellum. Si poteva fare meglio? Forse si, ma in dieci anni nessuno c’era riuscito.
 
Ciò che invece senza alcun dubbio dispiace è l’arroganza con cui Renzi ha messo a tacere la minoranza interna ed in particolare il Presidente Cuperlo, che aveva espresso un forte ma rispettoso dissenso verso il risultato ottenuto. Una caduta di stile –  non la prima – che dimostra la difficoltà che il Sindaco di Firenze ha di svolgere il ruolo di segretario senza rinunciare al gusto dell’attacco personale, dello sberleffo umiliante, del “qui comando io” che potrebbe in futuro rivelarsi un problema molto serio. Il PD ha diverse sensibilità che vanno armonizzate nel rispetto delle opinioni altrui. In questo ambito deve muoversi il segretario che non può ricercare la «profonda sintonia» con berlusconi, senza prima impegnarsi per costruirla al proprio interno.
La Lega e la negritudine

La Lega e la negritudine

«Il giornale della Lega additerà quotidianamente gli appuntamenti pubblici della ministra Kyenge, accusata dai pensatori fosforici del movimento di “favorire la negritudine“. Probabile che si tratti di una forma di istigazione. Di sicuro ha tutta l’aria di una sciocchezza. L’ennesima. La Lega rappresenta la prova plastica di come l’assenza di cultura possa distruggere un’intuizione a suo modo geniale, quale fu trent’anni fa quella di dare voce ai ceti tartassati del Nord. In mano a una classe dirigente preparata o appena normale, l’idea avrebbe attirato le migliori energie del lavoro e dell’università per costruire un federalismo fiscale moderno. Con i Bossi, i Borghezio, gli Speroni e adesso i Salvini si è invece scelta la strada becera, antistorica e per fortuna minoritaria del razzismo secessionista. Gli attacchi a Roma ladrona si sono illanguiditi con l’aumentare dei privilegi e dei denari pubblici, in un tourbillon di mutande verdi e lauree prepagate. Sono rimasti in piedi soltanto i simboli grotteschi e i luoghi comuni. L’odio per l’euro, i terun, i negher, la diversità e la complessità di un mondo nuovo che non si lascia esplorare dalle scorciatoie del pensiero». 

Così Gramellini sull’ultima provocazione di stampo xenofobo del Carroccio, protagonista di una vera e propria ossessione per Cecile Kyenge, non riuscendo evidentemente a tollerare che un ministro dello Stato italiano sia di pelle nera. L’ennesima mossa diretta agli istinti più bassi e rozzi della società, parte di una propaganda sguaiata che mira a nascondere il vuoto di contenuti della Lega, in caduta libera di consensi a causa dei tanti scandali che l’hanno colpita. Ultima in ordine di tempo la vicenda riguardante la lista “Pensionati per Cota” inficiata da firme false, che ha portato il  TAR del Piemonte ad annullare le elezioni regionali del 2010. Una decisione contro la quale Salvini ha ovviamente già gridato al golpe e alla magistratura bolscevica, secondo il collaudato andazzo ormai di moda presso i leader dei partiti di centrodestra.