Breaking Bad
Breaking Bad racconta la storia di un uomo la cui vita cambia dopo che gli è stato diagnosticato un tumore ai polmoni. La serie descrive la sua metamorfosi da dimesso e frustrato insegnante di chimica a temuto signore della droga e assassino spietato. Spinto in un primo momento dal desiderio di aiutare economicamente la sua famiglia quando lui sarà morto, decide di mettere a frutto le sue vaste conoscenze di chimico per produrre metanfetamine insieme ad un suo ex alunno. Mossa dopo mossa, scelta dopo scelta, Walter White si cala sempre più nei panni di un consumato criminale, finendo con lo scoprire che questa sua attività è quanto di più gratificante e vitale gli sia mai capitato. I dubbi, i ripensamenti e gli iniziali sensi di colpa vengono progressivamente meno, oscurati da un’inarrestabile sete di potere e dalla voglia di superare ogni limite, nuove stelle polari della sua esistenza.
In barba alla tradizione dei personaggi televisivi che non cambiano mai, Breaking Bad affronta un lento cammino di trasformazione, mostrando le conseguenze che derivano da ogni singola azione di Walter White. Di pari passo con questa discesa agli inferi in cui tutto si perde: amore, amicizia e rapporti, anche la scrittura della serie si evolve, passando da quella che era una commedia nera per arrivare ad una potente tragedia shakesperiana. Gigantesca la prova di Bryan Cranston nel ruolo del protagonista, semplicemente perfetto nel risultare ripugnante e tuttavia capace di stabilire un fortissimo legame empatico con lo spettatore. Ma è tutto il cast ad essere su livelli eccelsi, capace di dare grande spessore a personaggi complessi e sfaccettati. Così come di grande valore sono sceneggiatura, regia e fotografia. Secondo la critica, la serie è la migliore di sempre: Breaking Bad ha infatti ottenuto un punteggio di 99 su 100 su metacritic.com, il sito che si occupa di aggregare le recensioni dei critici di tutto il mondo.
Le strette intese
«Non accetterò più di stare al governo con i miei carnefici» tuona berlusconi all’indomani della decisione della Giunta che ha stabilito che il 27 novembre il Senato dovrà decidere con voto palese sulla sua decadenza. Una frase che, a pensarci bene, potrebbero benissimo pronunziare anche i dirigenti democratici nei confronti di chi, solo 5 anni prima, aveva comprato un parlamentare a suon di milioni per far cadere la loro maggioranza. Mai come in questo momento le larghe intese sono apparse così strette. Il PDL è allo sbando, scosso dalla distanza sempre più profonda fra i filo governativi e chi invece vorrebbe scatenare l’inferno contro ciò che viene percepito come una persecuzione politica, un attentato alla democrazia, una caccia all’uomo degna di quella che gli ebrei subirono da parte di Hitler!
Dall’altra parte Renzi – che ha più volte ribadito “mai più larghe intese” – sta a guardare, sperando che il PdL consumi quello strappo suicida che porterebbe ad elezioni anticipate, le sole che potrebbero garantirgli una vittoria nettissima, prima che il ruolo di segretario del PD – un partito che non lo ama e che lui non sa rappresentare in toto – finisca col logorarlo. Straordinario parolaio [«il futuro è il posto dove voglio vivere» o «abbiamo bisogno della rivoluzione della semplicità»], si produce intanto in ciò che gli riesce meglio, ossia dire quello che il popolo vuole sentirsi dire, fra show incantatori, slogan ad effetto, banalità, battute e strizzatine d’occhio. E la sinistra? La sinistra che non cambia si chiama destra, sostiene il sindaco di Firenze. Ma la sinistra che si trasforma in destra, come si chiama? Alla Leopolda si sono visti molti industriali. Ma i lavoratori, i precari, i disoccupati, i pensionati? Staremo a vedere.