Sfogliato da
Mese: Aprile 2010

Siate soltanto seri e sarete poco seri

Siate soltanto seri e sarete poco seri

Il postino, La famiglia, La terrazza, La donna della domenica, C’eravamo tanto amati, In nome del popolo italiano,  Riusciranno i nostri eroi,  Straziami ma di baci saziami,  Il buono il brutto e il cattivo,  L’armata Brancaleone,  I mostri,  La marcia su Roma,  Il Mafioso,  Risate di gioia,  Tutti a casa,  La grande guerra,  I soliti ignoti,  La banda degli onesti,  Totò e Carolina,  Totò sceicco,  Totò le Mokò. Questi sono solo alcuni dei film scritti da Furio Scarpelli. Scorrendo brevemente questa lista, ci si rende subito conto dell’enorme importanza dello sceneggiatore romano, la cui scomparsa, avvenuta ieri all’età di 90 anni, lascia il Cinema italiano e tutti noi un pò più poveri e soli. Il periodo più intenso è quello degli Anni 50 e 60, quando Scarpelli – in coppia con Age – fa parte di una squadra di straordinari talenti che ci consegna – attraverso la lente della cinepresa – un ritratto lucido, spietato, ironico, disincantato, puntuale di questo nostro piccolo grande Paese e dei suoi fondamentali snodi storici. Tra i compagni di strada dei due scrittori, artefici di molti dei più rappresentativi capolavori della Commedia all’Italiana, vi sono registi come Monicelli, Risi, Scola, Comencini e Petri ed attori quali Sordi, Gassman, Manfredi, Tognazzi, Mastroianni e Totò. La commedia, più di ogni altro genere, deve molto alla scrittura, alla parola scritta e parlata, ai dialoghi. In questo senso Age e Scarpelli si affermano come gli inventori di un nuovo linguaggio, capace di cambiare completamente il panorama del cinema popolare, innestando per la prima volta la sensibilità dell’impegno e della denuncia, sul modello di un intrattenimento leggero.

Mi piace ricordare Furio Scarpelli con alcune parole che scrisse in occasione della morte di Alberto Sordi, perchè credo possano valere anche per lui: «Alberto non si limitava a riferire, spietatamente, romani e italiani, occidentali insomma, ma era anche la voce della loro parte più nascosta, forse della loro coscienza. Sapeva che sottraendo l’ironia al reale, si commette reato di falsità. Siate soltanto seri e sarete poco seri».

Uno splendido settantenne

Uno splendido settantenne

Bastano una manciata di film, agli inizi degli Anni 70, perchè Al Pacino si imponga come uno dei più grandi interpreti americani. In lavori come Il Padrino, Il Padrino Parte SecondaLo SpaventapasseriSerpico, Quel Pomeriggio di un Giorno da Cani, l’attore incarna sapientemente un nuovo tipo di antieroe che proprio in quegli anni va affermandosi: ombroso, mediterraneo, anticonformista, figlio della classe lavoratrice. Il suo stile caratterizzato da una recitazione intensa e nervosa, fatta di improvvise esplosioni, con il corpo che sembra percorso da un fuoco represso, frutto del metodo dell’Actor’s Studio che imponeva agli attori di calarsi totalmente nei personaggi, si inserisce perfettamente nel filone più realista della Nuova Hollywood. In questa prima parte della sua carriera, i personaggi di Pacino sono spesso vittima di storture ed iniquità sociali, idealisti e ribelli alle convenzioni borghesi, alle prese con la fine del “sogno americano”.

Otto nomination all’Oscar e una vittoria nel 1993, quindici nomination al Golden Globe e quattro vittorie. Un Leone d’Oro alla carriera, due David di Donatello, un Emmy Award. Questi i principali riconoscimenti ricevuti da Pacino, che oggi compie 70 anni: una vita spesa interamente per l’arte, tra palcoscenici shakespeariani calcati con assoluta disinvoltura, ed uno splendido percorso cinematografico costellato da una lunghissima serie di film memorabili.

Una destra per amico?

Una destra per amico?

Mai in vita mia avrei immaginato di lodare e parteggiare per Gianfranco Fini. Oggi in Italia l’autentica opposizione, l’unica che può fare davvero male al dittatorucolo di Arcore, è la sua. Il Presidente della Camera rappresenta l’unica speranza di avere in questo misero Paese una destra moderna e riformista, ben distante dalle spinte populiste e plebiscitarie di berlusconi o da quelle reazionarie e xenofobe di bossi. Due facce – queste ultime – del tracollo culturale e sociale che l’Italia ha subito in questi anni.

Anche se la sua iniziativa di istituire una “corrente interna” in seno al PDL verrà fatta naufragare dai berlusconiani, il progetto di isolare il premier ed i suoi fedelissimi è ormai iniziato. E nonostante l’informazione di regime abbia dipinto le recenti elezioni come un successo della maggioranza, le cose stanno diversamente: rispetto allo scorso anno il Popolo delle Libertà ha perso ben 2 milioni e mezzo di voti e la Lega 200.000. C’è una larga fetta di elettorato che si è astenuto e che non si sente rappresentato dall’attuale scenario politico, dalla quale Fini potrà attingere molti voti. E’ certamente un progetto difficile ma che ha una sua forza dirompente, perchè – come scrive oggi Curzio Maltese – risponde al vuoto programmatico del Governo berlusconi: «Il Pdl è un partito invecchiato, come il suo leader, e privo di progetti. La politica è delegata alla Lega. Le strombazzate riforme sono una panzana. Berlusconi quasi lo ammette e, dopo la vittoria, è tornato come sempre a occuparsi di giustizia e televisioni. Non esiste nel partitone di maggioranza relativa, sempre più relativa, uno straccio d’idea, a parte Silvio for President. Su tasse, immigrazione, temi etici, tutto il Pdl, da Berlusconi in giù, si limita a far l’eco agli slogan di Bossi. Quasi non avesse più una visione della società e del Paese. Fini invece ne ha una ed è assai diversa da quella della Lega». E per fortuna, aggiungo io.

Il coraggio del dire

Il coraggio del dire

Se in questi giorni si volesse parlare di politica, si avrebbe davvero l’imbarazzo della scelta. Infatti in una settimana sola si sono concentrate un numero di bassezze che un Governo di un Paese straniero qualsiasi non riuscirebbe a mettere insieme in un’intera legislatura.

Parlo della vicenda dell’arresto dei 3 operatori di Emergency. Trovo scandaloso che le autorità italiane, invece di impegnarsi a sostegno dei tre connazionali fermati in Afghanistan, si siano preoccupate prima di tutto di screditare l’organizzazione di Gino Strada, personaggio sicuramente molto scomodo per quanti insistono ancora a dipingere la violenta guerra in corso in Afghanistan come una missione umanitaria. Parlo naturalmente anche delle dichiarazioni di berlusconi circa la mafia, a suo dire “supportata promozionalmente” da opere letterarie come Gomorra. L’attacco a Roberto Saviano è qualcosa la cui gravità va ancor oltre l’elogio del premier al criminale mafioso pluriomicida Vittorio Mangano. Lucida, appassionata e netta la risposta dello scrittore al presidente del consiglio: «I clan di tutte le mafie vogliono il silenzio. Vogliono che tutto si riduca a un problema tra guardie e ladri. Ma non è così. Solo mostrando come stanno le cose si ha la possibilità di fare resistenza. Diffondendo il valore della responsabilità, del coraggio del dire, del valore della denuncia, della forza dell’accusa, possiamo cambiare le cose».

Rispetto a queste cose, così come ad altre che non cito per brevità, mi viene in mente la battuta pubblicata sul blog di Daniele Luttazzi: «Incidente aereo: decimata la classe dirigente polacca. Si terranno elezioni anticipate. Non faccio neanche la battuta, stiamo pensando tutti la stessa cosa».

Che noia, che barba. Che barba, che noia.

Che noia, che barba. Che barba, che noia.

Raimondo Vianello è sempre stato un mio punto di riferimento. Ho adorato la sua classe, la sua intelligenza e la sua inarrivabile ironia, tagliente ma mai aggressiva. Sono cresciuto con la sua televisione, popolare ed al tempo stesso raffinata. Mi piaceva tanto quel continuo sfottò con la moglie, che in realtà nascondeva un amore enorme ed una profonda devozione. L’ultimo dei grandi comici se ne va curiosamente nello stesso giorno di Totò, a cui fece da spalla in diversi film. La sua morte oggi mi fa sentire improvvisamente più vecchio e triste. Come ha detto Chiambretti, ricordandolo: «il mondo ora sarà solo una noia, una barba, una barba, una noia».