L’accendiamo?
Quando nel 94 scese attivamente in politica, buggerando tutti gli italiani che fino a pochi mesi fa hanno continuato a credere alle sue mille panzane, ha sin da subito utilizzato i suoi media come straordinari strumenti di obnubilamento di massa. Chi – come me – ammoniva sul fatto che in nessun Paese civile ad un tycoon della televisione sarebbe stato concesso di formare un partito e candidarsi alla Presidenza del Consiglio, riceveva risposte del tipo: «Ma gli italiani non sono mica così stupidi, non si fanno certo manipolare da quello che vedono in TV». Ecco, appunto!
La notizia di pochi giorni fa è già rientrata, però è comunque sintomatica della concezione populista e demagogica che berlusconi ha sempre portato avanti. Come riuscire a condurre il suo partito fuori dalle sacche della più grave crisi che abbia mai vissuto? Semplice. Candidando l’idolo di casalinghe e pensionati Gerry Scotti come leader di un nuovo partito dal nome Italia Pulita. Ecco ancora una volta riproporsi l’intreccio fatale fra televisione e politica che da sempre è stato il marchio di fabbrica del berlusconismo. L’idea allucinante che lo share televisivo possa sostituirsi al credito politico, per andare a costituire un sistema videocratico in cui una TV vassallo e veicolo del potere riduca gli italiani da elettori consapevoli a spettatori amorfi. Solo così – peraltro – si potrebbe accettare che un partito che si chiama Italia Pulita, annoveri fra i suoi massimi dirigenti personaggi come Dell’Utri, Cosentino, Ciarrapico, De Gregorio, Scajola, Vito, oltre che berlusconi stesso, naturalmente.
Il Salvacondotto
In questi giorni ho letto da più parti che, per la sua uscita di scena a novembre, berlusconi avrebbe preteso una sorta di salvacondotto giudiziario per lui ed i suoi amichetti. Sono sempre stato restio a prendere in considerazione questo genere di ipotesi che sanno così tanto di fantapolitica. Perdipiù sono convinto dell’indipendenza del potere giudiziario rispetto a quello politico. Non ho mai ritenuto, ad esempio, che vi sia mai stato un accanimento politico di parte della magistratura nei confronti dell’ex premier, il quale – semmai – è sceso in politica proprio per non rispondere di vari reati, fra cui alcuni contestati ben prima del 1993, anno in cui fondò Forza Italia insieme a Marcello Dell’Utri.
In particolare Luca Telese su Il Fatto pone l’accento sull’apparente [e, a suo dire, piuttosto sospetta] casualità di alcuni fatti giudiziari, avvenuti tutti successivamente all’insediamento di Monti a Palazzo Chigi. Il giudizio della Corte Costituzionale contrario alla legittimità dello scomodo referendum anti porcellum, poi la prescrizione per l’ex premier al processo Mills, e poi ancora la sorprendente sentenza della Cassazione di pochi giorni fa che ha stabilito che il processo Dell’Utri sia da rifare [decisione che verosimilmente condurrà anche il senatore del PdL verso la prescrizione]. Solo coincidenze? Mah… chissà… probabilmente sì, anche se più di un’osservatore è pronto a scommettere che l’ex premier sarebbe stato disposto ad affossare l’intero Paese, pur di non farsi da parte senza una garanzia sull’ impunità giudiziaria sua e del suo sodale. Del resto questa è una soluzione prospettata in tempi non sospetti ed in modo esplicito anche da politici di primo piano, come ad esempio Rocco Buttiglione.
Ingiustizia è fatta
La scorsa settimana il Presidente della Repubblica tedesco si è dimesso per un’accusa di interesse privato in atti d’ufficio. Il cancelliere Angela Merkel ha commentato la decisione del presidente Christian Wulff, affermando che «una delle forze dello stato di diritto è che tratta tutti nello stesso modo». Dato questo assunto iniziale, se ne deduce piuttosto facilmente che l’Italia non è uno stato di diritto. E non lo è perchè da 20 anni a questa parte consente ad un singolo uomo d’essere – citando Orwell – più uguale di tutti gli altri. Un uomo che, sfruttando il proprio impero economico e mediatico, e la propria posizione di enorme potere, si è fatto beffa della giustizia italiana. In tutto ciò è grande la responsabilità – o per essere ancora più chiari – la complicità di quella parte di Paese che ha votato per lui [direttamente o meno], consentendogli l’ultimo di una lunga serie di schiaffi alla legalità. Un pò come chi nasconde a casa sua un ricercato, sottraendolo al corso regolare della giustizia.
Fortunatamente in questo senso io ho la coscienza pulita, tuttavia l’amarezza di vedere un partito politico esultare per una sentenza che prescrive il reato, pur non assolvendo l’imputato, è tanta. Così come è tanta la vergogna di vivere in un Stato che non tratta tutti nello stesso modo.
Cinque per Mills
Votare secondo incoscienza
Poco fa la Camera si è nuovamente espressa, dopo un anno e mezzo, contro l’arresto del deputato del PdL e coordinatore del partito in Campania, Nicola Cosentino. Il risultato è stato possibile anche grazie ai voti della Lega, che – seppur spaccata al suo interno – si è ancora una volta sottomessa ai diktat di berlusconi. Certo fa piacere che gli uomini vicino a Maroni abbiano assunto una posizione contraria alla linea dettata da Bossi, resta soltanto da domandarsi come può il Senatur pensare di continuare a tuonare contro la mafia del Sud, e poi opporsi ogni volta alle richieste della Magistratura? Di quale credibilità ritiene possa ancora godere il suo partito? Quando si viene chiamati a decidere su questioni importanti come questa, si dovrebbe farlo indipendentemente dall’opportunità del momento. L’autorizzazione a procedere nei confronti di un politico di spicco, su cui pesano gravissime accuse di collusione con organizzazioni criminali, non può certo essere negata od accordata sulla base di alleanze o convenienze partitiche.
Così, il tentativo dei “maroniani” di smarcarsi da berlusconi sulla questione della legalità non è riuscito. La Lega continua ad andare a traino del PdL, che si configura sempre più come il partito dell’impunità, accampando l’abusato teorema dei complotti bolscevichi ad opera della Magistratura o, in alternativa, la solita panzana del fumus persecutionis. La scorsa settimana si è persino spinto a mettere in dubbio l’opportunità di operazioni di verifica fiscale come quella di Cortina. Evidentemente anche gli evasori fiscali sono perseguitati dalla legge! Fino a quando la maggioranza parlamentere sarà in mano al Partito della Libertà e ad uomini come Cicchitto, che aveva minacciato di compromettere il quadro politico nel caso Cosentino fosse stato arrestato, sarà difficile per questo Paese uscire dalle sacche del berlusconismo.
Un anno di non politica
Il 2011 si apre con un Presidente del Consiglio accusato di concussione ed uso della prostituzione minorile. Due reati gravissimi, specie per un uomo di governo, che si vanno a sommare a pregresse pendenze giudiziarie irrisolte, come corruzione, falso in bilancio e frode fiscale. Si prosegue quindi con la violenta opposizione della Lega alla celebrazione della ricorrenza dei 150 anni dell’Unità Nazionale. Il Parlamento Italiano delibera che Ruby Rubacuori sia realmente la nipote di Mubarak, mentre tutt’intorno è un affannarsi a predisporre decreti legge “ad personam”, ad inveire contro la dittatura delle toghe rosse e a negare che la crisi economica internazionale abbia colpito anche il nostro Paese. I referendum e le elezioni amministrative costituiscono due sonore sconfitte. I leader internazionali – fatta eccezione per Putin e Gheddafi [prontamente disconosciuto appena cambia il vento] – lo isolano sempre più ed i mercati dimostrano una crescente sfiducia nei confronti dell’Italia. La sua maggioranza lentamente si sfalda fino a sparire, e Napolitano gli chiede di farsi da parte.
Ora il Governo che molti connazionali – obnubilati da 20 anni di martellamenti mediatici – ritenevano senza alternative, è un altro. Certamente e doverosamente criticabile per più di una ragione, ma finalmente privo di corredi di bunga bunga, culone inchiavabili, ville a Lampedusa, case acquistate ad insaputa del proprietario, forza gnocche, baciamani a dittatori sanguinari, ristoranti pieni, tumori sconfitti in 3 anni, legittimi impedimenti, processi brevi, avvocati Mills, senatori condannati per mafia, e via così fino ad arrivare ai tanti Lavitola, Tarantini e Lele Mora. Vuoi vedere che da adesso in poi anche in questo Paese riusciremo a confrontarci soltanto sulla politica?
I senza vergogna
Cominciamo col dire che questa manovra economica non rispetta certo i principi di equità sociale con cui Monti si era presentato. Stabilito questo, le critiche che gli sono piovute addosso in queste ultime ore da parte di berlusconi e l’ignobile gazzarra che la Lega ha portato al Senato e alla Camera, dimostrano in modo inequivocabile il becero populismo e la sfacciata ipocrisia di cui sono capaci il Cavaliere e Bossi. E’ stato proprio il loro Governo, infatti, che ha condotto l’Italia a questa drammatica situazione. Non dimentichiamoci che fino al mese scorso la crisi veniva sminuita o persino negata. Il premier trascorreva il suo tempo insieme alle nipotine di Mubarack o comprando i propri sostenitori in Parlamento, mentre Bossi approvava qualsiasi legge ad personam del suo degno compagno di merende.
Le riforme di questi giorni si sarebbero dovute effettuare già da tempo e si sono rese ancor più urgenti proprio perchè chi ha governato per la gran parte degli ultimi 17 anni è stato incapace di mantenere le promesse fatte, lasciando sprofondare l’Italia sull’orlo del baratro. Ancora in queste settimane sia berlusconi che bossi parlano di pericolo comunista e di difesa della libertà, usando toni e linguaggi che apparivano vecchi e logori già nel 1994. Due anziani parolai il cui immobilismo è ormai patologico. E’ assolutamente legittimo criticare Monti e la sua manovra, ma gli unici che non possono attaccare chi – certamente commettendo degli errori – sta cercando di trovare dei rimedi allo sfascio di questo Paese, sono coloro i quali hanno determinato questo stato di cose.
L’antitesi antropologica
L’incarico sarà affidato a Mario Monti, un uomo che di berlusconi è «l’antitesi antropologica. Difficile immaginarlo con Mangano in giardino, Gelli e Craxi al piano di sopra, Tarantini dietro la porta, Ruby nel lettone e Lavitola al telefono». Ex Rettore e Presidente della Bocconi, ex Commissario Europeo, in qualità del quale inflisse una multa pesantissima a Microsoft per comportamenti contrari alle normative antitrust, è uomo che ha fatto del rigore [parola caduta in disgrazia durante il berlusconismo] la sua cifra personale e professionale. Come editorialista del Corsera è sempre lui, più recentemente, a criticare aspramente berlusconi all’indomani della sua dichiarazione sull’Euro che non avrebbe convinto nessuno: «A ogni rialzo dei tassi, dovuto alla scarsa fiducia nell’ Italia, Lei finisce per imporre sacrifici ancora maggiori agli italiani. Anche le parole non sorvegliate hanno un costo». Un bel segnale per un nome che rappresenta non solo competenza e serietà [altri termini desueti nell’Italia degli ultimi 20 anni], ma soprattutto la garanzia di un Paese credibile, capace di cambiare registro e politica.
Sic Transit Gloria Mundi
Le ultimissime notizie parlano di un Presidente del Consiglio pronto a rimettere il mandato dopo l’approvazione della legge di stabilità economica fissata per il 15 novembre. Non resterebbe altro da fare quindi che attendere una settimana per assistere alla fine di berlusconi. Ma, dato che ben si conosce l’uomo, il PD ha dichiarato che le dimissioni vanno formalizzate appena possibile. Hai visto mai che il Nostro non ci ripensi e dica d’esser stato frainteso anche questa volta?