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Mese: Marzo 2015

L’eterno ritorno di True Detective

L’eterno ritorno di True Detective

True Detective è un capolavoro. La vicenda è quella di due investigatori, un tempo poliziotti, e della loro ventennale caccia ad un serial killer che uccide donne e bambine con rituali satanici, nella cupa provincia della Louisiana. La storia va avanti su tre diversi livelli temporali, abilmente intrecciati fra loro: il 1995, l’anno in cui i due si conoscono ed affrontano il caso, il 2002, in cui il loro rapporto subisce una rottura, e il 2012, quando le indagini sull’assassino seriale vengono riaperte e Rust e Marty – ormai invecchiati e lontani dal lavoro da anni – sono chiamati dalla polizia a ricordare le loro indagini al riguardo.

Ma, contrariamente ad altre crime story, qui la trama è secondaria rispetto a tutto il resto. True Detective infatti è prima di ogni altra cosa un’acuta riflessione sul tempo che passa, il passato oscuro che ritorna e le sue ricadute sul presente. Non a caso un elemento visuale che viene riproposto più volte durante gli 8 episodi della prima stagione è la spirale, simbolo di ritorno al passato, di ciclica continuità. «Una volta qualcuno mi disse: ‘Il tempo è un cerchio piatto’. Ogni cosa che abbiamo fatto o che faremo, la faremo ancora e ancora e ancora…» sostiene il personaggio interpretato da McConaughey. Così, in True Detective le vere indagini non sono quelle intorno ai delitti del temibile “Re Giallo”, ma quelle ben più profonde che riguardano le vite dei due detective, i quali si interrogano a vicenda, lottando a più riprese contro i propri demoni interiori. La caccia al killer seriale è solo la cornice di un quadro più grande di natura quasi metafisica, che ha a che fare con un personale percorso di consapevolezza, con una parabola di difficile redenzione, con l’eterna battaglia fra il bene ed il male che molti di noi sono costretti ad affrontare. Dietro ai due personaggi principali: Rust – dall’angoscioso passato, depresso, sociopatico, dedito all’uso di alcool e droghe – e Marty – che vorrebbe essere un uomo esemplare ma che mostra ben presto tutte le sue debolezze e ambiguità – vi sono le prove maiuscole di Matthew McConaughey e Woody Harrelson, capaci di dare sottigliezze, spessore e carattere ai rispettivi ruoli. Il primo in particolare è semplicemente inarrivabile nel delineare un personaggio sofferto e borderline che in mani altrui sarebbe stato poco più che una caricatura, ma che grazie al neo premio Oscar diventa il vero perno attorno cui ruota tutta la vicenda. Notevolissimo anche il lavoro del regista Cary Joji Fukunaga, che fa delle lagune malsane e delle periferie degradate della Louisiana la proiezione dei tormenti dei protagonisti, dando al tutto un indefinito senso di inquietudine. Ultimo artefice dell’enorme successo della serie è il romanziere Nic Pizzolatto, il quale firma una sceneggiatura lenta ed implacabile, straordinaria per tensione, intensità e profondità, in grado di trattare senza banalità argomenti come la vita, la morte, il dolore, l’amore, la famiglia, la paura, la religione.

Perdono il pelo ma non il vizio

Perdono il pelo ma non il vizio

L’Italia è prima per corruzione tra i membri dell’Unione Europea, secondo uno studio di Transparency International che riporta le valutazioni degli osservatori internazionali sul livello di corruzione di 175 paesi del mondo. L’Italia peggiora la sua situazione complessiva, dato che Bulgaria e Grecia la raggiungono al 69esimo posto, migliorando la loro posizione in classifica. Adesso dietro all’Italia, in Europa, non c’è più nessuno.

Questo dato sconfortante esprime perfettamente l’enorme impegno che ancora deve essere profuso dalle Isitituzioni per far davvero “cambiare verso” al Paese. Il rinnovamento ed il miglioramento nazionale infatti non possono non partire dalla questione morale, che investe sicuramente la classe politica, dirigenziale e finanziaria, ma che – allo stesso modo – riguarda tutti noi. L’opinione pubblica infatti – obnubilata da vent’anni di berlusconismo – è progressivamente diventata sempre meno reattiva di fronte ai tanti casi di malaffare che dalle massime Istituzioni ai tanti furbetti del quartierino hanno riempito le cronache dei quotidiani. Si ha la percezione che oggi aggirare le regole per il proprio tornaconto sia diventata la prassi, e questo determina peraltro diffusi effetti emulativi. Fatto sta che da noi la corruzione non è più un fenomeno socialmente, culturalmente ed eticamente censurato, con tutto ciò che questo comporta. Ad esempio, i più si sono dimenticati che in un Paese normale quando si ricoprono importanti ruoli pubblici non è sufficiente essere onesti, occorre apparire tali. In casi come quello che riguarda il cosiddetto “Sistema Incalza“, pertanto, compito del Governo è chiamare a sé Maurizio Lupi e pretendere un gesto che altrove sarebbe scontato. Solo qui infatti un Ministro delle Infrastutture, reo di aver ricevuto favori e regali da parte di manager ed imprenditori, indagati per aver messo in piedi un sistema di corruzione atto ad alterare il normale funzionamento delle assegnazioni e della gestione degli appalti dei più importanti cantieri, sarebbe ancora in carica. I delicati equilibri interni alla maggioranza non possono costituire un freno alla risoluzione di una vicenda su cui non è possibile fare sconti a chicchessia, specie se l’azione di Governo è stata impostata intorno alla parola “cambiamento”. 

Come nei film di Mel Brooks

Come nei film di Mel Brooks

Negli Stati Uniti – dove per via di un antico retaggio la condotta di chi ricopre importanti ruoli pubblici deve essere ancora irreprensibile – Hillary Clinton sta difendendosi dalle accuse dei media per  aver  utilizzato – durante il  periodo in cui era Segretario di Stato – un indirizzo email personale anche per le cose di lavoro, impedendo così la conservazione automatica dei messaggi di posta negli archivi del governo. Durante una conferenza stampa lei si è difesa sostenendo che ha scelto così “per comodità” e che la grandissima parte delle sue email di lavoro sono state inviate a indirizzi email governativi, quindi sono state comunque archiviate.

Nelle stesse ore, ad anni luce di distanza, silvio berlusconi è stato definitivamente scagionato dalle accuse di concussione e prostituzione minorile, con una sentenza che comunque stabilisce che ad Arcore c’è stata prostituzione a pagamento. Semplicemente non si è potuto dimostrare che l’ex premier  sapesse che Ruby fosse minorenne e che l’abuso – che resta tale – da lui perpetrato nei confronti del questore di Milano al fine di far liberare la ragazza, costituisca un reato. Dopo l’assoluzione, il Nostro ha fieramente sentenziato: «Ora torno in campo per un Italia migliore» (sic!). A stretto giro di posta la fidanzata si è dichiarata sempre più onorata ed orgogliosa di stargli accanto (contenta lei). Sono infine seguite le affermazioni degli esponenti di punta del partito che lo hanno acclamato come una star. Naturalmente c’è chi lo ha descritto come un martire della libertà e chi si è spinto ad auspicare una riforma della giustizia che metta al sicuro l’equilibrio della democrazia (gulp!). Evidentemente a nessuno importa che sia stato provato che l’ex Presidente del Consiglio è un vecchio puttaniere ed un inguaribile ballista (con la favola della nipote di Mubarack). Ancor meno interessa che sul leader di FI gravino a tutt’oggi pesanti pendenze giudiziarie irrisolte. Il fatto poi che comunque si stia parlando di un pregiudicato, interdetto dai pubblici uffici e condannato in via definitiva per una cosuccia come l’evasione fiscale è sfuggito ai più. Siamo in Italia, abbiamo la pizza, gli spaghetti e il mandolino, gli Stati Uniti ci fanno un baffo e i film di Mel Brooks, al nostro confronto, sono cose serissime.