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Mese: Settembre 2013

Il delirio della destra

Il delirio della destra

Mai prima d’ora nella nostra storia repubblicana si è giunti a minacciare  simultanee dimissioni di massa dal Governo e dal Parlamento. Berlusconi chiede ai suoi di lasciare subito, aprendo una crisi istituzionale senza precedenti. Non potendolo fare sul tema a lui più caro, ossia quello dell’accanimento giudiziario sulla sua persona, si serve dell’aumento dell’IVA come specchietto per le allodole ad uso e consumo del proprio elettorato. Ancora una volta una becera manovra populista, ancora una volta una spregiudicata torsione della verità: la vera cifra della comunicazione berlusconiana. La realtà ovviamente è assai diversa, ed è quella di una destra che – senza un briciolo di decenza – non si fa scrupolo di piegare le regole democratiche e di utilizzare le istituzioni come uno strumento di ricatto pur di salvare un delinquente condannato in via definitiva. E’ il punto più basso di vent’anni di berlusconismo.

Tutto questo – è bene ricordarlo – con buona pace di Grillo, il quale, per tutta la durata del Governo Letta non ha fatto altro che blaterare di inciuci, di un PdL e di un PD che sarebbero la stessa cosa, di finte contrapposizioni fatte esclusivamente a beneficio dei media, di un esecutivo che non sarebbe mai caduto perchè non conveniva a nessuno dei due partiti, dei democratici che avrebbero fatto qualsiasi cosa pur di salvare il Cavaliere. Anche in questo caso la verità viene mistificata per mere logiche di consenso. E non è un caso se il ducetto di Arcore ed il profeta del vaffanculo sono allineati sull’andare immediatamente ad elezioni, pur sapendo che se si votasse domani col Porcellum si consegnerebbe il Paese ad una nuova stagione di ingovernabilità dalle ricadute imprevedibili. Entrambi si muovono secondo personali interessi di bottega. Entrambi puntano allo sfascio dell’Italia. La Grecia si avvicina. Muoia Sansone con tutti i filistei.

Il discorso alla nazione

Il discorso alla nazione

«Non è un seggio che fa il leader ma il consenso». Ecco l’unica frase condivisibile dell’ennesimo videomessaggio di berlusconi. E di consenso popolare il Cavaliere ne ha ancora molto, visto che alle recenti elezioni la coalizione da lui guidata è stata votata da quasi 10 milioni di persone. Un discorso alla nazione altrimenti irresponsabile e farneticante, grottesco a tratti, in cui l’ex premier recita come un mantra le solite veementi accuse nei riguardi della Magistratura e degli avversari politici, e chiama a raccolta i cittadini contro un potere dello Stato italiano.

Nelle parole del leader della rediviva Forza Italia c’è tutto il fallimento della Seconda Repubblica. Un fallimento che investe prima di tutto la destra, incapace in vent’anni di presentare una personalità alternativa a berlusconi che fosse in grado – per storia, capacità e carisma – di sostituirsi autorevolemente alla leadership del ducetto di Arcore. Fino a quando questa destra sarà composta unicamente da tanti yesmen e yeswomen, il cui maggiore compito è quello di difendere il padre padrone dai propri guai giudiziari, il Paese non potrà uscire dalla gigantesca anomalia che ne ha compromesso la crescita in tutto questo periodo. Il fallimento della Seconda Repubblica riguarda anche un centrosinistra che dal 1994 ad oggi è riuscito nell’impresa di apparire allo stesso tempo troppo sussiegoso e sterilmente antiberlusconiano, a dimostrazione dell’impreparazione a maneggiare il fenomeno berlusconi. Un fallimento però che non è soltanto politico, ma anche culturale, perchè alimentato da una pubblica opinione incapace di reagire ad una situazione che sarebbe inimmaginabile in qualsiasi altro Paese. L’indifferenza che i più dimostrano nei confronti in cui la cosa pubblica è stata gestita in questi anni è sicuramente il brodo di coltura che ha consentito a berlusconi di seguitare a spostare sempre un pò più in là il limite di ciò che viene considerato normale o giusto.