Larghi disaccordi
E così, alla fine, il Presidente Napolitano è riuscito a far bere al PD il calice amaro di un esecutivo col PdL. L’ipotesi tanto invisa sia all’elettorato del Partito Democratico che a tanti suoi esponenti si è materializzata al termine di uno stallo di due mesi. Più che di larghe intese però, si potrebbe parlare di larghi disaccordi, visto che berlusconi e Letta hanno espresso posizioni alquanto distanti, sia rispetto alla durata, che alla natura, che al programma, che alla composizione del Governo.
Un’operazione che ascrive berlusconi come il vero vincitore. Il Cavaliere finalmente ottiene ciò su cui aveva puntato fin dall’indomani delle elezioni, rappresentando il suo partito come forza responsabile e coesa a fronte della frantumazione del PD. Piazza Angelino Alfano allo strategico Ministero dell’Interno, e Quagliarello alle riforme, quindi anche a quella della giustizia e a quella elettorale. Le caselle riempite dal PdL sono diverse e pesanti e quelle non a suo appannaggio non sono comunque sgradite, come ad esempio la Cancellieri che va alla giustizia, offrendo una certa qual rassicurazione sul tema dei processi a carico di berlusconi. Poi naturalmente vince anche Grillo, che dopo aver denunciato da anni che PdL e PDmenoelle erano della stessa pasta, ora se li trova insieme al Governo, in uno scenario che gli permette di ricompattare il suo elettorato con affermazioni come questa: «Il governo che sta nascendo è un’ammucchiata degna del miglior bunga bunga. Tutti passivi tranne uno che di bunga bunga se ne intende». Il perdente? Naturalmente ancora una volta il PD, che si è mosso senza un minimo di dibattito che legittimasse una scelta tanto importante, incapace di motivare con chiarezza e convinzione il proprio cambio di linea.