Con grandi “se” e grandi “ma”
I risultati di queste recenti elezioni stanno convincendomi che Bersani sta all’acume politico, quanto l’orso Yoghi al Nobel per la Fisica Nucleare. Come è possibile, infatti, etichettare quanto uscito dalle urne come «una vittoria senza se e senza ma»? Non mi riferisco naturalmente soltanto alla discutibilissima ed urticante scelta lessicale di utilizzare una formula come “senza se e senza ma”, che è talmente logora da far apparire la prostata di Silvio come ancora incellophanata. Qui oltre la forma [che comunque in politica è anche sostanza] c’è molto peggio. Cè infatti l’incapacità di leggere gli umori della gente comune, che dappertutto vanno tranne nella direzione di premiare il PD.
Volendo essere cattivi, si può tranquillamente sostenere che il PD non ha vinto un bel nulla: sono gli altri ad aver perso. Cedendo ad una lettura più condiscendente verso il partito di Bersani, si può arrivare ad affermare che la vittoria dei democratici ha dei “se” e dei “ma” grossi come case. Ma oltre questo non si può certo andare! L’inossidabile dirigenza dovrebbe in questo senso ascoltare le opinioni dei propri rappresentanti più giovani. La Serracchiani ad esempio dichiara «Parma offusca ogni altra vittoria». Beppe Civati ricorda che se il PD non ha ancora fatto le primarie è solo perchè Bersani ha paura di perderle. Matteo Renzi incalza «Il Pd ha vinto la sfida dei numeri ma non ha convinto nella sfida politica. Se Bersani e i suoi colleghi segretari di partito si rendono conto che la somma di astenuti, grillini e outsider rende i partiti, tutti insieme, minoranza nel Paese, allora abbiano il coraggio di alcuni cambiamenti subito». Il centrodestra si riorganizzerà. La discesa in campo di Montezemolo è sempre più sicura. Il Movimento 5 Stelle è il secondo partito del Paese. Se il PD vuole vincere le prossime elezioni deve dare chiarissimi segnali di discontinuità rispetto al poco o nulla fatto sinora.