Come molti [ma non tutti] sanno, in Italia c’è un’imputato per corruzione giudiziaria, falso in bilancio e frode fiscale che ha semplicemente deciso d’essere – lui solo – al di sopra della legge. Pur ricoprendo un importantissimo ruolo istituzionale, non soltanto ha scelto di non dimettersi e di non rispondere delle accuse che gli vengono mosse, ma – sfruttando la propria posizione di potere – ha imposto la promulgazione di leggi incostituzionali che gli consentissero di evitare i processi in questione. Di pari passo ha promosso una crociata di deligittimazioni e minacce ai magistrati, alla Consulta, al Presidente della Repubblica, alla libera informazione e a chiunque osasse criticare il suo operato.
Giovedi la Corte Costituzionale sarà chiamata a giudicare sull’effettiva ammissibilità del legittimo impedimento che fino ad oggi ha messo al riparo questo signore dalle sue responsabilità. «Sono totalmente indifferente al fatto che ci possa essere un fermo o meno dei processi, che considero ridicoli, su fatti per i quali ho avuto modo di garantire che sono inesistenti, giurando sui miei figli e sui miei nipoti», ha recentemente dichiarato, e tanto deve bastare a tutti trattandosi del nostro Presidente del Consiglio, un uomo che – essendo consacrato dal voto popolare ed unto dal Signore – si pone dogmaticamente al di là di ogni sospetto. Se il risultato non sarà quello da lui auspicato, ha già promesso una controriforma che piegherà la magistratura al potere dell’esecutivo. Sui quotidiani impazzano le previsioni riguardo gli scenari che potrebbero configurarsi a seguito della sentenza. Sullo sfondo un Paese in cui la democrazia viene svuotata di ogni reale significato, a beneficio di un potere arrogante e mafioso, il cui unico obiettivo è quello di preservare se stesso.