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Anno: 2011

Un anno di non politica

Un anno di non politica

Il 2011 si apre con un Presidente del Consiglio accusato di concussione ed uso della prostituzione minorile. Due reati gravissimi, specie per un uomo di governo, che si vanno a sommare a pregresse pendenze giudiziarie irrisolte, come corruzione, falso in bilancio e frode fiscale. Si prosegue quindi con la violenta opposizione della Lega alla celebrazione della ricorrenza dei 150 anni dell’Unità Nazionale. Il Parlamento Italiano delibera che Ruby Rubacuori sia realmente la nipote di Mubarak, mentre tutt’intorno è un affannarsi a  predisporre decreti legge “ad personam”, ad inveire contro la dittatura delle toghe rosse e a negare che la crisi economica internazionale abbia colpito anche il nostro Paese. I referendum e le elezioni amministrative costituiscono due sonore sconfitte. I leader internazionali – fatta eccezione per Putin e Gheddafi [prontamente disconosciuto appena cambia il vento] – lo isolano sempre più ed i mercati dimostrano una crescente sfiducia nei confronti dell’Italia. La sua maggioranza lentamente si sfalda fino a sparire, e Napolitano gli chiede di farsi da parte.

Ora il Governo che molti connazionali – obnubilati da 20 anni di martellamenti mediatici – ritenevano senza alternative, è un altro. Certamente e doverosamente criticabile per più di una ragione, ma finalmente privo di corredi di bunga bunga, culone inchiavabili, ville a Lampedusa, case acquistate ad insaputa del proprietario, forza gnocche, baciamani a dittatori sanguinari, ristoranti pieni, tumori sconfitti in 3 anni, legittimi impedimenti, processi brevi, avvocati Mills, senatori condannati per mafia, e via così fino ad arrivare ai tanti Lavitola, Tarantini e Lele Mora. Vuoi vedere che da adesso in poi anche in questo Paese riusciremo a confrontarci soltanto sulla politica?

Un altro film di Natale

Un altro film di Natale

Da buon cinefilo quale sono, il momento più bello delle feste natalizie – forse ancor di più che l’apertura dei regali – è quello in cui ci si riunisce per gustarsi un film di Natale. Non so quante volte ho visto e rivisto La vita è meravigliosa di Frank Capra, commuovendomi regolarmente per il suo messaggio di fondo: quello di non arrendersi mai, anche quando tutto intorno sembra crollare. Ma ci sono tanti altri film che nel corso del tempo hanno segnato la festa più importante dell’anno. La Febbre dell’Oro di Chaplin, Miracolo sulla 34° StradaLa Moglie del Vescovo, i classici della Disney e – in tempi più recenti – Mamma ho perso l’aereoElfPolar Express, A Christmas Carol, per citarne solo alcuni. 

Quest’anno l’elenco verrà arricchito da Il Figlio di Babbo Natale, appena uscito nelle sale cinematografiche. Il cartone animato è realizzato dalla inglese Aardman Animations, [qui per la prima volta in collaborazione con Sony Pictures Animation], famosa per le sue splendide pellicole con pupazzi in plastilina come Galline in fuga e Wallace & Gromit. Anche se questa volta la sua tradizionale tecnica in stop motion è stata rimpiazzata dalle più attuale Computer Grafica, la magia è rimasta intatta. Un confronto fra tradizione e modernità che fa da leitmotiv anche alle vicende del film. Difatti pure Babbo Natale si è convertito ai prodigi dell’high tech ed ogni anno, la notte del 24 dicembre, grazie ad una  sofisticatissima ed ipertecnologica astronave e ad un esercito di migliaia di laboriosi ed addestratissimi elfi, riesce nell’impresa di consegnare i regali a tutti i bimbi del mondo. Ma questa volta qualcosa va storto e spetterà al suo maldestro ma sensibile figlio riparare all’errore, riesumando una vecchia e gloriosa slitta, mandata in pensione proprio per far spazio alla supersonica nave spaziale. «Non volevamo dire che i metodi antichi fossero giusti e quelli moderni sbagliati – sottolinea la regista – Il punto è non è come lo si fa, ma perché». Un discorso che per l’appunto richiama la disputa tra vecchia e nuova animazione: non conta la tecnica, conta il risultato. E quest’ultimo nella fattispecie è sicuramente soddisfacente: il film è un’avventura divertente e tenera che riesce a trattare con originalità un argomento senz’altro abusato, e ciò – di questi tempi – è sicuramente un successo.

I senza vergogna

I senza vergogna

Cominciamo col dire che questa manovra economica non rispetta certo i principi di equità sociale con cui Monti si era presentato. Stabilito questo, le critiche che gli sono piovute addosso in queste ultime ore da parte di berlusconi e l’ignobile gazzarra che la Lega ha portato al Senato e alla Camera, dimostrano in modo inequivocabile il becero populismo e la sfacciata ipocrisia di cui sono capaci il Cavaliere e Bossi. E’ stato proprio il loro Governo, infatti, che ha condotto l’Italia a questa drammatica situazione. Non dimentichiamoci che fino al mese scorso la crisi veniva sminuita o persino negata. Il premier trascorreva il suo tempo insieme alle nipotine di Mubarack o comprando i propri sostenitori in Parlamento, mentre Bossi approvava qualsiasi legge ad personam del suo degno compagno di merende.

Le riforme di questi giorni si sarebbero dovute effettuare già da tempo e si sono rese ancor più urgenti proprio perchè chi ha governato per la gran parte degli ultimi 17 anni è stato incapace di mantenere le promesse fatte, lasciando sprofondare l’Italia sull’orlo del baratro. Ancora in queste settimane sia berlusconi che bossi parlano di pericolo comunista e di difesa della libertà, usando toni e linguaggi che apparivano vecchi e logori già nel 1994. Due anziani parolai il cui immobilismo è ormai patologico. E’ assolutamente legittimo criticare Monti e la sua manovra, ma gli unici che non possono attaccare chi – certamente commettendo degli errori – sta cercando di trovare dei rimedi allo sfascio di questo Paese, sono coloro i quali hanno determinato questo stato di cose.

Midnight in Paris

Midnight in Paris

Midnight in Paris è un piccolo gioiello, in equilibrio perfetto fra romanticismo, poesia ed ironia. La storia è quella di Gil, uno scrittore di sceneggiature dozzinali con velleità da romanziere, che – durante un soggiorno a Parigi con la fidanzata con cui non ha nulla in comune – si rende conto di poter viaggiare nel tempo, trovandosi magicamente trasportato nella Ville Lumière degli anni ’20, dove incontra i suoi artisti più amati. Come accadeva ne La Rosa Purpurea del Cairo, l’unica via di fuga da una realtà insoddisfacente è la dimensione del sogno, e mentre nel film del 1985 Mia Farrow si rifugiava in un cinemino di periferia per dimenticare il suo misero quotidiano, qui l’ottimo Owen Wilson si tuffa nella magia dell’età dell’oro parigina. Dialoga di letteratura con Scott Fitzgerald e Hemingway, fa leggere il proprio romanzo a Gertrude Stein, suggerisce a Bunuel l’idea per uno dei suoi film più famosi, cena a  casa di Jean Cocteau, si imbatte in Dalì, e si invaghisce di una delle ex amanti di Picasso [un’incantevole Marion Cotillard]. Il piano onirico si mescola con quello reale e l’evasione diventa occasione per riflettere su se stesso e trovare il coraggio per seguire le proprie aspirazioni, anche se questo significa tagliare i ponti con la sicurezza di quanto conquistato fino ad allora.

Il nuovo film di Woody Allen è una riflessione elegante e piena di grazia sull’incapacità di vivere il presente. Una favola surreale e dolceamara dove l’amore – ancora una volta – è l’antidoto ad angoscie ed inquietudini. A cominciare dall’amore che il regista riversa nel raffigurare Parigi, senza mai relegarla nel clichè della cartolina. Per terminare con quello che il protagonista incontra, dopo aver finalmente compreso che il passato va metabolizzato senza alcuna mitizzazione. Il desiderio ossessivo di un altrove, una nostalgia che è una negazione, ci impediscono infatti di cogliere le opportunità di un presente che – come qualsiasi altra epoca – può regalarci aperture inattese e speranze di cambiamento. Sta a noi impegnarci nell’oggi per ottenere la nostra felicità.

Ogni fine è un inizio

Ogni fine è un inizio

Considerando anche il mio precedente blog, scrivo su Splinder ormai da 6 anni. Devo moltissimo a questa piattaforma, posso ben dire che mi ha rivoluzionato la vita, e naturalmente le voci di un’imminente chiusura mi dispiacciono non poco. Ma ciò che è davvero inaccettabile è l’assordante silenzio della Redazione, a fronte delle tante richieste di chiarimenti circa il blocco delle registrazioni e dei rinnovi dei servizi a pagamento, in atto – lo si è scoperto solo ora – già dallo scorso giugno. Nei post che sul blog Soluzioni parlano della notizia, si racconta di nessuna replica alle mail e risposte vaghe al telefono. Pare che dall’altra parte ci sia solo un muro di indifferenza e mutismo. Qualcuno ha contattato Le Iene, qualcun altro consiglia a tutti coloro che tuttora stanno pagando un abbonamento un’eventuale class action. Probabilmente l’effetto che la proprietà intende ottenere è proprio quanto sta accadendo in questi giorni, ossia la trasmigrazione degli utenti, già decimati dall’avvento di Facebook, verso altri e più affidabili lidi.

La versione inglese della piattaforma è stata convertita da mesi in un portale e-commerce che vende suonerie, sfondi per telefonini et similia [ma qualcuno compera ancora ‘ste cose?] e la stessa tristissima fine si prospetta per quella italiana. Probabilmente non si chiuderà il prossimo giovedì – data che viene indicata come quella fatidica – ma che l’intenzione sia effettivamente quella di chiudere pare ormai cosa sicura. Scrivere con serenità, sapendo che da un giorno all’altro tutto potrebbe sparire senza alcun avviso ufficiale [complimenti per la correttezza e la professionalità] diventa difficile. Ho già messo in sicurezza quanto scritto in 6 anni di onesta attività, e sto già pensando ad un progetto di rilancio. Sfruttando le funzionalità di WordPress, aprirò un blog su un dominio personale che nessun altro tranne me potrà decidere di stoppare. Ho sempre pensato che in realtà ogni fine sia un nuovo inizio, così fra qualche settimana prenderà vita lafinestrasulcortile.it. A tutte le persone che sono passate di quà un carissimo saluto! Sono certo che ci rileggeremo altrove.

L’antitesi antropologica

L’antitesi antropologica

Alla domanda se sia finito il berlusconismo, Fini ha risposto «E’ finito il Governo Berlusconi. Accontentiamoci.» E come si fa a non esser contenti quando si pensa che i nostri ministri non sono più gente come Calderoli, Sacconi, Gelmini, Frattini, La Russa e Brunetta? Impossibile! E se Vendola ricorda che «se il ventennio fascista condusse nel baratro della guerra il Paese, il quasi ventennio del populismo berlusconiano ha prodotto macerie economiche e sociali che ci hanno condotto al disastroso rischio di default attuale», Travaglio scrive «la prima Liberazione, nel ’ 45, avvenne grazie alle truppe anglo-americane con qualche migliaio di partigiani. La seconda avviene grazie alle truppe franco-tedesche con qualche Carlucci e Pomicino di complemento». Dobbiamo infatti ringraziare i leader europei, i mercati e la stampa internazionale se oggi berlusconi ha rassegnato le dimissioni. Se avessimo fatto affidamento sulla reattività dell’opposizione o sull’intelligenza politica di molti nostri connazionali, ci saremmo dovuti tenere questo sciagurato Governo – il peggiore dal dopoguerra, espressione di un potere arrogante, corrotto e corruttore, autoritario e mistificatore, populista ed eversivo – ancora per un bel pò.

L’incarico sarà affidato a Mario Monti, un uomo che di berlusconi è «l’antitesi antropologica. Difficile immaginarlo con Mangano in giardino, Gelli e Craxi al piano di sopra, Tarantini dietro la porta, Ruby nel lettone e Lavitola al telefono». Ex Rettore e Presidente della Bocconi, ex Commissario Europeo, in qualità del quale inflisse una multa pesantissima a Microsoft per comportamenti contrari alle normative antitrust, è uomo che ha fatto del rigore [parola caduta in disgrazia durante il berlusconismo] la sua cifra personale e professionale. Come editorialista del Corsera è sempre lui, più recentemente, a criticare aspramente berlusconi all’indomani della sua dichiarazione sull’Euro che non avrebbe convinto nessuno: «A ogni rialzo dei tassi, dovuto alla scarsa fiducia nell’ Italia, Lei finisce per imporre sacrifici ancora maggiori agli italiani. Anche le parole non sorvegliate hanno un costo». Un bel segnale per un nome che rappresenta non solo competenza e serietà [altri termini desueti nell’Italia degli ultimi 20 anni], ma soprattutto la garanzia di un Paese credibile, capace di cambiare registro e politica.

Sic Transit Gloria Mundi

Sic Transit Gloria Mundi

Poco fa la Camera ha approvato il Rendiconto Generale dello Stato con soli 308voti favorevoli. Ben otto voti sotto alla maggioranza assoluta. Otto traditori, come berlusconi li ha definiti in un foglietto dove ha appuntato schematicamente tutti i possibili scenari che lo aspettano dopo la disfatta di oggi. La maggioranza più granitica della Storia della Repubblica Italiana non esiste più. Da alcuni giorni a questa parte si assiste ad una ricollocazione di diversi ex fedelissimi del Cavaliere, i quali – come i famosi topi della nave che affonda – stanno abbandonando il Partito delle Libertà appena prima che si sfaldi. Un triste epilogo, comune ad ogni leader che si sia circondato di uomini di cui ha comprato idee e fedeltà.

Le ultimissime notizie parlano di un Presidente del Consiglio pronto a rimettere il mandato dopo l’approvazione della legge di stabilità economica fissata per il 15 novembre.  Non resterebbe altro da fare quindi che attendere una settimana per assistere alla fine di berlusconi. Ma, dato che ben si conosce l’uomo, il PD ha dichiarato che le dimissioni vanno formalizzate appena possibile. Hai visto mai che il Nostro non ci ripensi e dica d’esser stato frainteso anche questa volta?

Alluvione!

Alluvione!

Sono morte 6 persone. Due bimbe e 4 donne. Tre di quest’ultime erano uscite per recuperare i figli e i fratellini a scuola. A poche ore dall’alluvione che ha messo in ginocchio la mia città, infuria la polemica nei confronti del Sindaco e dei suoi collaboratori, i quali, nonostante l’allerta fosse stata diramata già da diversi giorni, non hanno provveduto a proteggere la città in modo più opportuno. Non si comprende perchè, ad esempio, non si sia disposta la chiusura delle scuole. Il Primo Cittadino Marta Vincenzi ha rigettato ogni accusa, con dichiarazioni quantomeno discutibili: «La scelta di mandare i bambini a scuola è stata provvidenziale, immaginate cosa sarebbero stati 40mila bambini portati in macchina dai nonni, dai parenti o dagli amici in giro per la citta’ durante l’alluvione. Il preallarme è stato dato agli amministratori di condominio già a luglio 2011: sapevano che nelle zone esondabili, tra cui quella del Fereggiano, non ci si doveva muovere in caso di allerta meteo». Facile comprendere come, dopo affermazioni del genere, il Sindaco sia stato duramente contestato.

Gli esperti sottolineano che, a causa del cambiamento climatico in atto, fenomeni meteo così estremi sono ormai sempre più frequenti. Per questo motivo diventano fondamentali una politica di forte contrasto dell’abusivismo edilizio, e – naturalmente – operazioni più ordinarie di pulizia dell’alveo dei fiumi e di manutenzione dei tombini. Dopo due terribili disastri nell’arco di 10 giorni, la rabbia è tanta ed ora diventa necessario capire – come auspica il Presidente Napolitano – quali siano state le cause.

Game Over

Game Over

«Il tempo di Berlusconi è finito. La resistenza del Cavaliere non ha più senso. Rischia di travolgere il suo partito – che dovrebbe spingerlo a lasciare – e soprattutto il Paese. La crisi è economica, ma anche politica legata alla sua persona. Oggi ha davanti a sé una sola strada. Presentarsi al G20 di Cannes con provvedimenti eccezionali, immediati, ma soprattutto credibili. Dimostrare che siamo una nazione capace di onorare i propri impegni, perfettamente solvibile, affidabile. Oppure rendere possibile subito, con un gesto responsabile, un esecutivo di emergenza che concordi con l’opposizione i tempi e i modi per scongiurare il pericolo di un fallimento e l’onta internazionale di vedere il Paese con il cappello in mano».

Ecco un passaggio dell’editoriale di ieri del Direttore del Corsera. Inutile dire che tutta la stampa non in mano alla famiglia berlusconi la pensa allo stesso modo. Il momento è delicatissimo. Il premier ha manifestato tutta la sua incapacità ed impotenza, non riuscendo – come auspicava Ferruccio De Bortoli – a portare al summit dei G20 qualcosa di concreto ed immediatamente esecutivo come un decreto. La seduta straordinaria del Consiglio dei Ministri di ieri sera ha perdipiù sancito la fine definitiva del rapporto, già compromesso da tempo, fra berlusconi e Tremonti, con quest’ultimo che ha rinfacciato al Cavaliere d’essere il vero problema per l’Europa e i mercati. In questo scenario da fine impero, si sta anche aprendo una nuova fronda all’interno del PdL, con un gruppo di parlamentari che si schiera apertamente contro il Presidente del Consiglio. Pare che la resa dei conti finale sarà l’8 novembre, quando alla Camera bisognerà votare nuovamente il Rendiconto generale dello Stato.

Di Arte, Cinema, Noia, Malick e Von Trier

Di Arte, Cinema, Noia, Malick e Von Trier

Il film più brutto che ho visto quest’anno è The Tree of Life di Terrence Malick. Un autore con un’idea di cinema pretenziosa, infarcita di simbolismi più o meno criptici, di intellettualismi privi di consistenza, di filosofeggiamenti new-age sui massimi sistemi e sul senso dell’esistenza. Un Cinema che è inutile esercizio di pedanteria, e che stabilisce un rapporto diretto e proporzionale fra la [presunta] profondità delle tematiche affrontate e la pesantezza della pellicola che le sostiene. Un Cinema – e questo è l’aspetto peggiore – che non solo separa il regime narrativo da quello propriamente visivo, ma che si spinge a negare il primo a favore del secondo, finendo quindi col rigettare l’essenza stessa del Cinema, che è quella del racconto per immagini. L’Arte è comunicazione, ed il Cinema – che è l’Arte popolare per eccellenza – è intrattenimento. La sfida è intrattenere comunicando in modo intelligente e colto. Ma se invece si sceglie deliberatamente di fare a meno del ponte che deve sussistere fra autore e fruitore, o di realizzarlo in modo che questo arrivi ad un numero esiguo di persone, si compie un’operazione che è sleale e fasulla.

Il danese Lars Von Trier ha affermato che lui non fa cinema per gli altri, ma solo per se stesso. Ed è proprio questa sorta di assoluto onanismo autoriale ad ascrivere Melancholia allo stesso tipo di esercizio artificoso e velleitario descritto per Malick. I loro due lavori, entrambi inopinatamente premiati all’ultimo Festival di Cannes [miglior film Malick, migliore attrice Von Trier], presentano diversi aspetti comuni, oltre quello di avermi profondamente annoiato. Sia l’uno che l’altro mettono in parallelo il particolare della vita delle persone con l’universale dei grandi eventi astrali. E mentre Malick realizza uno sfinente videoclip a base di musica classica, Von Trier si impegna ad essere più narrativo, ma con risultati altrettanto deludenti. La sceneggiatura abbozzata e farraginosa non approfondisce mai nessuno snodo di una vicenda di per sè già oltremodo banale. Situazioni e dialoghi imbarazzanti sono nella migliore delle ipotesi frutto della dichiarata depressione del regista, se non dell’assunzione di sostanze forse lecite e forse no. Probabilmente le stesse che durante la conferenza stampa di presentazione del film lo hanno portato a sostenere di simpatizzare per Hitler.