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Mese: Settembre 2010

Addio a Tony Curtis

Addio a Tony Curtis

Dopo la scomparsa di ieri di Arthur Penn, oggi se ne va anche Tony Curtis, uno degli attori più rappresentativi della Hollywood degli Anni 50 e 60. Perfettamente a suo agio sia in film drammatici come Piombo rovente, La parete di fango e Spartacus, che in celebri commedie come Operazione sottoveste e – naturalmente – A qualcuno piace caldo, dove dà prova di tutto il suo istrionismo col triplice ruolo del sassofonista squattrinato, del finto miliardario che seduce l’ingenua Marlyn Monroe e – en travesti – di Josephine, amica di Daphne, alias Jack Lemmon. Nei primi Anni 70 approda alla televisione ed ottiene un nuovo trionfo con la serie Attenti a quei due, insieme a Roger Moore, perfezionando il personaggio dell’irresistibile mascalzone che aveva già interpretato diverse volte sul grande schermo.

«Nella mia vita ho avuto un solo sogno: fare filmha scritto l’attore nella sua autobiografiaForse è stato perché ho avuto un’infanzia piuttosto difficile, o forse era perché ero sempre un po’ insicuro, ma da quando ero bambino ho sempre desiderato di vedere me stesso sul grande schermo».

La materia di cui sono fatti i sogni

La materia di cui sono fatti i sogni

Quando nel 2000 uscì Memento, pensai che il suo regista e sceneggiatore, allora sconosciuto, fosse un genio. Oggi, dopo aver visto l’ultimo film di Christopher Nolan, ne sono ancor più fermamente convinto. Come ha scritto Newsweek, in questi ultimi anni la maggior parte dei prodotti mainstream hanno raccontato storie di viaggi verso luoghi fittizi in cui poter imparare qualcosa di noi. Due esempi su tutti: Pandora, il pianeta di Avatar, e l’isola di Lost. Il primo usato per veicolare un’opinione politica, la seconda per discutere di morale e filosofia. Nolan invece pone la ricerca all’interno di sè, analizzando il subconscio dell’uomo e reinventando il modo che il cinema ha di trattare i sogni. Inception ha con Memento diversi punti in comune. Entrambi infatti giocano a destrutturare il normale fluire del tempo, hanno una struttura narrativa ad incastri e mettono in campo il rapporto, spesso confuso, fra realtà ed immaginazione, puntando a far perdere l’orientamento al pubblico. I protagonisti delle due vicende sono vittima del passato e del senso di colpa per la morte prematura e violenta della propria moglie. Sia l’uno che l’altro alla ricerca di una “verità” che si rivelerà inadatta a rispondere a criteri di oggettività ed inoppugnabilità, considerato che la nostra visione del mondo viene filtrata in base a ciò che è la propria storia e la propria personale percezione. Quindi che senso ha distinguere ancora fra vero e falso, fatto e sogno, passato e presente?

Inception è un capolavoro, la dimostrazione che si possa ancora realizzare un blockbuster che non sia obbligatoriamente in 3D o tratto da un fumetto, che sappia coniugare intrattenimento ad intelligenza, azione a metafisica. Il protagonista, interpretato da un ottimo Leonardo Di Caprio, è un abilissimo scassinatore del subconscio, in grado di penetrare nei sogni di una persona per manipolarli. Intorno a questa idea di base, ruotano – con grande sapienza narrativa – una serie di livelli di lettura e di spunti di riflessione non indifferenti. Su un impianto visivo strabiliante, costellato da effetti speciali mai visti prima, come quello che mostra Parigi che si richiude su se stessa come il coperchio di una scatola, Nolan innesta un’incursione profonda nel mondo dell’immaginazione, che può essere letta anche come un evidente rimando ad uno dei più grandi atti immaginativi esistenti: il cinema, ovvero l’arte del sogno per eccellenza, per dirla con Gondry. Ma Inception è anche [e forse sopratutto] una storia d’amore: un amore puro, folle ed ossessivo.

Com’è triste Venezia

Com’è triste Venezia

«A Silvio. Vita assaporata. Vita preceduta. Vita inseguita. Vita amata. Vita vitale. Vita ritrovata. Vita splendente. Vita disvelata. Vita nova». E poi: «A Marcello Dell’Utri. Velata verità. Segreto stupore. Sguardo leggero. Insondabili orizzonti». Ed ancora: «Siccome i finanziamenti sono dello Stato d’ora in poi intendo mettere becco anche nella scelta dei membri della giuria del Festival del Cinema di Venezia». Ed infine: «Tarantino è espressione di una cultura elitaria, relativista e snobistica. E la sua visione influenza anche i suoi giudizi critici, pure quelli verso i film stranieri». Cosa hanno in comune queste 4 perle di saggezza, questo ispirato crescendo di acute intuizioni? Facile: la provenienza. E’ stato tutto partorito dalla prodigiosa vena intellettuale del Ministro alla Cultura, Sandro Bondi. Si lo so, accostare la parola cultura a bondi è in apparenza una contraddizione in termini, ma non fatevi fuorviare dalla scontata propaganda bolscevica. Bondi è uomo misurato, imparziale e pieno di buon senso.

Se il cinema italiano non vince neppure un premio al Festival di Venezia non ci si deve disperare. Infatti basta assicurarsi una giuria di parte, particolarmente attenta alla nostra produzione – a patto beninteso che non sia comunista – selezionata appositamente dal nostro grande Sandrone. Dopo la recente polemica con Elio Germano e dopo aver tagliato i fondi previsti per il mondo dello spettacolo, il ministro – galvanizzato dall’insuccesso del cinema nostrano, perchè evidentemente in balia di una consunta intellighenzia sinistrorsa – pensa ad occupare militarmente il Festival, così come già fatto con la RAI. Certo, i detrattori potrebbero sostenere che una prestigiosa mostra dedicata al cinema nazionale ed estero, la cui giuria è scelta dal Governo, potrebbe perdere di credibilità. Ma Italia, invece di sostenere la cultura, si preferisce indirizzarla. Che volete… siam fatti così!

Il fascismo della Lega

Il fascismo della Lega

Mai e poi mai nella storia della Repubblica Italiana era accaduto che una scuola pubblica venisse marchiata con i simboli di un partito politico. E’ successo lo scorso sabato ad Adro, in provincia di Brescia. Il paese era già assurto agli onori della cronaca in primavera, quando alcuni figli di genitori stranieri erano stati esclusi dalla mensa scolastica per non aver pagato le rette che i loro genitori avevano dichiarato di non potersi permettere o di aver pagato in ritardo. Ora la comunità leghista di Adro, capeggiata dal sindaco, è persino riuscita a superare sè stessa, autotassandosi allo scopo di costruire un istituto scolastico intitolato all’ideologo della Lega Nord Gianfranco Miglio, che in verità si presenta come un laboratorio di indottrinamento per giovanissime menti, degno del peggior regime nazista od islamico. Tutta la scuola è infatti disseminata di simboli del partito di Bossi: sui banchi, sulle vetrate, sugli zerbini, sulle decorazioni, sui posacenere, ovunque. Quel che preoccupa è pensare che un sindaco che governa in nome della Repubblica Italiana e non del sedicente popolo padano abbia deciso di trasformare una scuola pubblica in sede di partito, anzi in un tempio consacrato al Carroccio, e che nessuno, all’interno della Lega e del PdL, abbia preso le distanze da questa operazione di violento fanatismo. Ed ancora, pensare che dei bambini studino in una scuola in cui dappertutto è presente un simbolo politico e che si abituino a vedere solo quello [non c’è neppure una bandiera italiana], fa rabbrividire! Inutile ricordare che ai ragazzi va insegnata la letteratura, l’amore per le scienze, la storia e la geografia. Il rispetto per l’ambiente, lo sviluppo della coscienza, del senso critico, e non certo l’obbedienza verso i partiti. Adolf Hitler nel Mein Kampf scriveva «Lo Stato nazista deve considerare il bambino come il bene più prezioso della nazione». Quelli della Lega devono aver imparato bene la sua lezione.

Così Michele Serra sulla vicenda «Alla maggioranza leghista di Adro dev’essere sembrato ovvio considerare ininfluenti eventuali obiezioni, disagi, proteste da parte di chi leghista non è, che ritenendo di iscrivere i figli alla locale scuola pubblica [che vuol dire: la scuola di tutti] li ritrova iscritti d’ufficio a una scuola “verde”, involontaria parodia delle scuole coraniche. L’omissione di questo scrupolo basilare [esistono minoranze ad Adro? Vanno rispettate? Tenute in considerazione?] è l’aspetto più sconvolgente della vicenda. Perché illustra una sorta di intolleranza “naturale” tipicissima dei regimi e delle masse plaudenti che li sostengono, alla quale non siamo più avvezzi da sessantacinque anni».

Vacanze Interstellari

Vacanze Interstellari

Le mie ferie agostane le ho trascorse a Londra. Inutile decantare le mille e più meraviglie della città. Ho compreso d’essere su un altro pianeta poco dopo il mio arrivo, quando – sul treno che dall’Aeroporto di Gatwick mi portava a Victoria Station – al controllore che gli chiedeva il biglietto, un viaggiatore ha mostrato un SMS sul proprio cellulare. Sul messagino, inviato dal Sito delle Ferrovie Inglesi, c’era riportato il codice identificativo dell’acquisto online del biglietto.

Leggo oggi su Il Fatto Quotidiano un articolo di Travaglio che conferma che Londra appartiene ad una differente galassia rispetto alla nostra. «A proposito della portata eversiva delle cronache dall’estero, giunge notizia delle furibonde polemiche suscitate a Londra dalla visita di Mark Thompson, direttore generale della Bbc, al numero 10 di Downing Street per incontrare il portavoce del premier Cameron. La stampa britannica, alla vista della foto che immortala il numero uno della tv pubblica entrare nella residenza del primo ministro, fa notare che “l’appuntamento è del tutto irrituale, inedito e molto preoccupante”. Nessuno infatti è riuscito a trovare qualche precedente del genere. Il leader laburista Miliband chiede alla Bbc di “fugare anche il più piccolo dubbio che la sua indipendenza editoriale sia stata compromessa”. E Thompson replica che “nell’incontro non è avvenuto nulla di compromettente per l’indipendenza della testata”. Tutto questo a Londra. Ora fate un bel respiro, cercate di restare seri e pensate intensamente a Bruno Vespa e Augusto Minzolini, responsabili dell’informazione e approfondimento sulla prima rete della tv pubblica italiana. I due sono di casa a Palazzo Grazioli e nelle altre ville del Presidente del Consiglio, ma questo è l’aspetto meno rilevante, anche se a Londra basterebbe a dare scandalo.   Figurarsi che si direbbe di loro in un altro Paese se si sapesse che il primo pubblica i suoi libri per la casa editrice di B. [Mondadori] e il secondo ha tenuto per anni una rubrica su un settimanale edito da B. [Panorama] prima che B. lo nominasse direttore del Tg1 ad personam».

La reazione degli onesti

La reazione degli onesti

I primi segnali che nel nostro Paese si cominci [meglio tardi che mai] a respirare una nuova aria stanno pian piano arrivando. In una sola settimana sono stati fischiati e contestati Marcello Dell’Utri a Como, Gianni Letta a Venezia e Renato Schifani a Torino. La strada è ancora lunga, ma finalmente la pubblica opinione sembra iniziare a risvegliarsi dallo stato comatoso in cui era precipitata 15 anni fa. Certo, c’è ancora chi difende la libertà di tutti di parlare. Ma come si fa a pensare, – dico io – che un uomo condannato in appello a 7 anni per associazione mafiosa, che non ha avuto la correttezza istituzionale ed il buon gusto di dimettersi, invece di starsene rintanato a casa, presenzi a conferenze stampe su fantomatici diari di Mussolini [!], senza che la gente non abbia un moto di ribellione? Resta poi da chiedersi per quale motivo il PD decida di invitare alla propria festa un personaggio dal passato oscuro e discutibile come Schifani, proprio quando dovrebbe sferrare un durissimo attacco alla maggioranza, sempre più in affanno sulla questione morale? Come fa poi Fassino a considerare una contestazione come quella che il Presidente del Senato ha subito ieri, alla stessa stregua dell’organizzazione messa in piedi dalla macchina propagandistica del PdL, interamente a spese del partito, con cui si intedeva contestare Gianfranco Fini? Fino a quando il Partito Democratico insisterà a muoversi in questo modo dimostrerà inequivocabilmente di essere lontanissimo dai sentimenti di esasperazione e rabbia che stanno animando il proprio elettorato.

La fine del berlusconismo può essere sancita solo da un nuovo fermento di movimenti d’opinione grazie al quale riappropriarsi della politica dal basso. Attraverso una una rinnovata coscienza civile, la politica deve tornare ad essere qualcosa che la gente percepisca come “propria”. Ecco perchè sono concorde con Di Pietro quando afferma: «In uno Stato di diritto ci dev’essere un luogo per far sentire la propria voce. E dove se non in un comizio pubblico? Solo nei regimi è vietato contestare. Solo Gheddafi, quando è venuto ha preteso incontri blindati. Sembra che in questo Paese non stia succedendo niente. Facciamo finta che non ci sia una cricca piduista e fascista che ha occupato le istituzioni, approvando leggi liberticide e ad personam che violano la Costituzione. Però tutto questo non si può dire e si vuole togliere al cittadino il diritto di ribellarsi quotidianamente. Il clima di questi giorni è simile a quello degli albori di Mani pulite, con migliaia di persone che si sono rotte di sentirsi prese in giro».