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Categoria: televisione

L’eterno ritorno di True Detective

L’eterno ritorno di True Detective

True Detective è un capolavoro. La vicenda è quella di due investigatori, un tempo poliziotti, e della loro ventennale caccia ad un serial killer che uccide donne e bambine con rituali satanici, nella cupa provincia della Louisiana. La storia va avanti su tre diversi livelli temporali, abilmente intrecciati fra loro: il 1995, l’anno in cui i due si conoscono ed affrontano il caso, il 2002, in cui il loro rapporto subisce una rottura, e il 2012, quando le indagini sull’assassino seriale vengono riaperte e Rust e Marty – ormai invecchiati e lontani dal lavoro da anni – sono chiamati dalla polizia a ricordare le loro indagini al riguardo.

Ma, contrariamente ad altre crime story, qui la trama è secondaria rispetto a tutto il resto. True Detective infatti è prima di ogni altra cosa un’acuta riflessione sul tempo che passa, il passato oscuro che ritorna e le sue ricadute sul presente. Non a caso un elemento visuale che viene riproposto più volte durante gli 8 episodi della prima stagione è la spirale, simbolo di ritorno al passato, di ciclica continuità. «Una volta qualcuno mi disse: ‘Il tempo è un cerchio piatto’. Ogni cosa che abbiamo fatto o che faremo, la faremo ancora e ancora e ancora…» sostiene il personaggio interpretato da McConaughey. Così, in True Detective le vere indagini non sono quelle intorno ai delitti del temibile “Re Giallo”, ma quelle ben più profonde che riguardano le vite dei due detective, i quali si interrogano a vicenda, lottando a più riprese contro i propri demoni interiori. La caccia al killer seriale è solo la cornice di un quadro più grande di natura quasi metafisica, che ha a che fare con un personale percorso di consapevolezza, con una parabola di difficile redenzione, con l’eterna battaglia fra il bene ed il male che molti di noi sono costretti ad affrontare. Dietro ai due personaggi principali: Rust – dall’angoscioso passato, depresso, sociopatico, dedito all’uso di alcool e droghe – e Marty – che vorrebbe essere un uomo esemplare ma che mostra ben presto tutte le sue debolezze e ambiguità – vi sono le prove maiuscole di Matthew McConaughey e Woody Harrelson, capaci di dare sottigliezze, spessore e carattere ai rispettivi ruoli. Il primo in particolare è semplicemente inarrivabile nel delineare un personaggio sofferto e borderline che in mani altrui sarebbe stato poco più che una caricatura, ma che grazie al neo premio Oscar diventa il vero perno attorno cui ruota tutta la vicenda. Notevolissimo anche il lavoro del regista Cary Joji Fukunaga, che fa delle lagune malsane e delle periferie degradate della Louisiana la proiezione dei tormenti dei protagonisti, dando al tutto un indefinito senso di inquietudine. Ultimo artefice dell’enorme successo della serie è il romanziere Nic Pizzolatto, il quale firma una sceneggiatura lenta ed implacabile, straordinaria per tensione, intensità e profondità, in grado di trattare senza banalità argomenti come la vita, la morte, il dolore, l’amore, la famiglia, la paura, la religione.

Buon viaggio Signor Spock!

Buon viaggio Signor Spock!

La saga di Star Trek, nata in televisione negli anni sessanta dal genio di Gene Roddenberry, è stata tra le prime serie a produrre larghe comunità di fan e ad allargare la propria dimensione in modo transmediale, replicandosi in cartoni animati, fumetti, romanzi, giochi di ruolo e videogames, fino a sbarcare, dagli anni Ottanta, anche al cinema. La serie originale è durata solo tre stagioni televisive, dal 1966 al ’69, eppure Star Trek è un fenomeno vivissimo ancora oggi, a 50 anni di distanza. Il merito principale di questo straordinario successo va proprio a Leonard Nimoy, interprete magnifico di un personaggio entrato di diritto nell’immaginario collettivo: il Signor Spock, metà alieno e metà umano, cultore del pensiero razionale e della logica cristallina dei Vulcaniani ma non del tutto scevro dalle emozioni dei Terrestri, con le sue orecchie a punta, le sopracciglia all’insù ed il tradizionale saluto con la mano alzata e le dita divaricate a V (ideato dallo stesso attore che si era ispirato alla tradizione ebraica). L’ufficiale scientifico della nave stellare USS Enterprise è sicuramente un personaggio complesso ed affascinante, la cui essenza sta proprio nella non semplice ricerca di un equilibrio fra i due mondi di appartenenza, nell’onere di gestire le proprie passioni come vorrebbe la rigida educazione vulcaniana basata sulla razionalità e sulla repressione della dimensione emotiva. Come giustamente fa notare Ernesto Assante nel suo post: «Nimoy è stato un perfetto Spock, (…) straordinario proprio perché costretto dal personaggio ad un’interpretazione minimale, fatta di sfumature, sguardi, piccolissime variazioni».

Pur avendo avuto una carriera molto varia ed essersi cimentato con capacità nella regia, nella musica, nella fotografia e nella poesia, il nome di Leonard Nimoy, nato a Boston 83 anni fa, resta indissolubilmente legato a quello del suo personaggio, vera e propria icona pop riprodotta all’infinito su t-shirt, tazze, poster, copertine e vignette in ogni angolo del mondo. Una profonda devozione che ha coinvolto generazioni e generazioni di fan e che continuerà anche in futuro, perchè le esplorazioni dell’astronave Enterprise «alla scoperta di nuovi mondi e di strane forme di vita fino ad arrivare là dove nessun uomo è mai giunto prima» sono senza tempo. Buon viaggio Signor Spock!

Breaking Bad

Breaking Bad

Breaking Bad racconta la storia di un uomo la cui vita cambia dopo che gli è stato diagnosticato un tumore ai polmoni. La serie descrive la sua metamorfosi da dimesso e frustrato insegnante di chimica a temuto signore della droga e assassino spietato. Spinto in un primo momento dal desiderio di aiutare economicamente la sua famiglia quando lui sarà morto, decide di mettere a frutto le sue vaste conoscenze di chimico per produrre metanfetamine insieme ad un suo ex alunno. Mossa dopo mossa, scelta dopo scelta, Walter White si cala sempre più nei panni di un consumato criminale, finendo con lo scoprire che questa sua attività è quanto di più gratificante e vitale gli sia mai capitato. I dubbi, i ripensamenti e gli iniziali sensi di colpa vengono progressivamente meno, oscurati da un’inarrestabile sete di potere e dalla voglia di superare ogni limite, nuove stelle polari della sua esistenza.

In barba alla tradizione dei personaggi televisivi che non cambiano mai, Breaking Bad affronta un lento cammino di trasformazione, mostrando le conseguenze che derivano da ogni singola azione di Walter White. Di pari passo con questa discesa agli inferi in cui tutto si perde: amore, amicizia e rapporti,  anche la scrittura della serie si evolve, passando da quella che era una commedia nera per arrivare ad una potente tragedia shakesperiana. Gigantesca la prova di Bryan Cranston nel ruolo del protagonista, semplicemente perfetto nel risultare ripugnante e tuttavia capace di stabilire un fortissimo legame empatico con lo spettatore. Ma è tutto il cast ad essere su livelli eccelsi, capace di dare grande spessore a personaggi complessi e sfaccettati. Così come di grande valore sono sceneggiatura, regia e fotografia. Secondo la critica, la serie è la migliore di sempre: Breaking Bad ha infatti ottenuto un punteggio di 99 su 100 su metacritic.com, il sito che si occupa di aggregare le recensioni dei critici di tutto il mondo.

La cultura popò-lare in Italia

La cultura popò-lare in Italia

Una settimana fa è terminato un Festival di Sanremo all’insegna del trash, seguitissimo da un pubblico giovanile composto soprattutto da adolescenti, i quali hanno portato alla vittoria i loro beniamini. Lo stesso pubblico che al Cinema è accorso in massa per vedere un film come I Soliti Idioti.

L’iraniano Una Separazione ha trionfato nella notte degli Oscar come miglior film straniero. Un lavoro splendido [che consiglio a tutti], che riesce nell’impresa di riflettere sui mali e sulle contraddizioni della società iraniana, attraverso la lente di un piccolo giallo familiare. In Francia, dove – tanto per cominciare – a parità di abitanti si va al Cinema almeno il doppio che da noi, questo film è stato visto da più di 800 mila persone in undici settimane. In Italia, in dodici settimane di programmazione, si sono avuti circa 77 mila spettatori, ossia meno che un decimo dei francesi! Un dato avvilente che dimostra i danni fatti in un ventennio di becera videocrazia, in cui la politica ha sistematicamente mirato a mortificare e banalizzare il lavoro artistico ed intellettuale, ridotto a roba per gente che non ha voglia di faticare. Tanta strada va ancora fatta in questo Paese – drammaticamente indietro rispetto alle società più evolute – per educare alla cultura e all’arte, e per proporre dei modelli alti che possano costituire dei punti di riferimento per i giovani e non solo. La recente vittoria dei fratelli Taviani al prestigioso Festival del Cinema di Berlino, passata perlopiù tra il silenzio dei media [nonostante sia la prima affermazione italiana dopo ben 11 anni], è un altro eclatante esempio di come qui da noi la cultura non faccia alcuna notizia, diversamente dalla farfalla di Belen.

Come può uno scoglio arginare il mare?

Come può uno scoglio arginare il mare?

C’è una notizia che da una settimana apre tutti i telegiornali e campeggia dalle prime pagine dei quotidiani: il naufragio della Costa Concordia. Certo, in un Paese in cui fino a pochi giorni fa ad affondare erano soltanto i barconi dei migranti, vedere colare a picco una nave da crociera con più di 4ooo passeggeri ha dell’incredibile. Ma ciò che più ha colpito l’immaginario nazionale è la figura del Comandante Schettino ed in particolare la sua esplosiva telefonata con il Capitano De Falco della Capitaneria di porto di Livorno. Quel «Torni a bordo, cazzo» rivolto da quest’ultimo al Comandante della Concordia – il quale attinge a piene mani al solito scusario dell’italietta berlusconiana per giustificare l’incidente prima e la sua repentina fuga poi – è diventato il manifesto di quegli italiani che vorrebbero chiudere per sempre con i tanti cialtroni che rivestono, senza meritarlo, un posto di comando. In un Paese in cui non è mai colpa tua, in cui splendide case vista Colosseo ti vengono intestate senza che tu ne sappia niente, e dove – se una nave affonda – è colpa di uno scoglio che stava lì ad insaputa tua e delle carte nautiche, uno come De Falco, che si è limitato a fare il proprio lavoro con coscienza e scrupolo, pare davvero un supereroe con mantello e calzamaglia.

E così, grazie allo sciagurato Schettino e alla fin troppo facile e schematica riconducibilità della sua figura ad un Italia priva di responsabilità e coraggio, una terribile tragedia è diventata un farsesco evento metaforico, un reality show a puntate sul Titanic nostrano che ha coinvolto media e social network. Naturalmente con tanto di stuoli di esperti che rilasciano pareri tecnici, plastici a Porta a Porta, gruppi su Facebook, rimandi a Love Boat e pruriginose interviste a ballerine moldave.

Il Grande Carnevale

Il Grande Carnevale

Ho sempre più difficoltà a commentare i fatti della nostra politica, senza provare un forte senso di disgusto, rabbia, vergogna e stanchezza. Incapaci di pianificare alcunchè, viviamo come dentro un grande carnevale mediatico [il riferimento al capolavoro di Billy Wilder non è puramente casuale] in cui tutto è emergenza e tutto si strumentalizza. La grave crisi di Lampedusa in cui migliaia di migranti si trovano come animali ammassati l’uno sull’altro, ottiene da un lato la volgare risposta di Bossi “fuori dalle balle” e dall’altra la demogagica e cialtronesca trovata di berlusconi di candidare l’isola siciliana al Nobel per la Pace. La televisione è sempre più al centro del discorso politico. Si prova – fortunatamente senza al momento riuscirvi – ad imbavagliare le trasmissioni di approndimento politico ancora libere in vista delle prossime elezioni, si licenzia Masi perchè incapace di far chiudere Annozero, si specula persino sul sisma dell’Aquila, inventandosi una finta terremotata che a Forum ringrazia in diretta il Governo per quanto fatto dopo la catastrofe, si trasforma infine la presenza del Cavaliere al Palazzo di Giustizia in una furba mossa propagandistica da reiterare sui TG di regime per provare al popolino che lui ai processi ci và.

Tutto questo mentre il premier accelera senza la minima vergogna – nonostante le assicurazioni che non si sarebbe più ricorso a leggi ad personam – al fine di far approvare in tempi brevissimi la prescrizione breve, che oltre a presentare tratti di dubbia costituzionalità mette incidentalmente a rischio migliaia di processi.

Storie di ordinaria follia

Storie di ordinaria follia

Ha ragione Maurizio Crozza: berlusconi che al congresso dei Cristiano riformisti si richiama ai valori della famiglia è un pò come Hannibal Lecter che parla di verdura ad un congresso di vegetariani. Un Presidente del Consiglio che proprio per il suo ruolo dovrebbe rappresentare lo Stato e gli interessi della collettività, e invece si scaglia contro la scuola pubblica che andrebbe protetta e qualificata proprio dal suo Governo è uno show allucinante che può avvenire solo da noi. Lo ripeto per l’ennesima volta: qui si vive come dentro un grottesco burlesque, mentre nei paesi civili come la Germania, il Ministro della Difesa – spinto dalle violentissime critiche dell’opinone pubblica – si dimette per aver copiato la propria tesi di dottorato in giurisprudenza.

In questa misera italietta viceversa si preferisce spegnere qualsiasi voce libera, dissonante e critica rispetto alle posizioni del Governo. L’idea del Pdl di affidare a settimane alterne gli spazi televisivi del martedì e del giovedì a conduttori di differente orientamento politico è, così come è stata formulata, semplicemente agghiacciante! Ma Bruno Vespa? Ma Gianluigi Paragone? Ma soprattutto: 5 dei 6 telegiornali? Anche perchè si sa che le opinioni politiche si formano non tanto attraverso i talk show, il cui pubblico è prevalentemente di cultura superiore e con un’idea già orientata, quanto piuttosto attraverso i telegiornali che si rivolgono ad un audience meno preparata e più influenzabile. La deputata del Fli, Flavia Perina ben descrive l’iniziativa della maggioranza: «Il problema è che il bilancino utilizzato per misurare l’equilibrio nel sistema televisivo si applica solo a quegli spazi dell`informazione Rai dove non domina la retorica governativa, ma trova spazio anche la polemica anti-governativa. Ed è quantomeno ridicolo, per non dire inquietante, che nell`informazione tv, controllata come non mai da Berlusconi, sia sul versante pubblico sia su quello privato, si vadano a cercare ‘sacche di opposizione’ da normalizzare».

Vieni via con me

Vieni via con me

A proposito di Vieni via con me e delle diverse polemiche che in queste due settimane l’hanno accompagnato, posso dire di condividere quanto ha recentemente scritto Curzio Maltese. Trovo giusto evidenziare che «un programma che batte il Grande Fratello non soltanto con uno strepitoso Benigni, che sarebbe comprensibile, ma con don Gallo e le storie dei rom o della ‘ndrangheta dell’hinterland milanese, non è un fenomeno di costume, ma la spia di una svolta della società italiana».  In una qualche misura esiste infatti un parallelismo fra il successo senza precedenti della trasmissione di Fazio e Saviano e la crisi finale del berlusconismo, che è tale non soltanto per mere questioni di carattere politico, ma anche per motivazioni più attinenti alla sfera sociale. Inizia ad avvertirsi nel nostro Paese una sempre più marcata e diffusa insofferenza nei confronti della figura del premier, e novità di questi ultimi mesi, tale fenomeno è riconducibile anche all’elettorato di destra.

Il merito di Vieni via con me, che – come sottolinea Maltese – «a differenza di altri programmi proibiti non conduce battaglie politiche, ma sociali»,  è quello di aver «ricondotto alla platea Rai un pubblico giovane e colto che da tempo aveva abbandonato disgustato le reti pubbliche». Questo tentativo di contrapporsi all’egemonia aculturale del regime videocratico di berlusconi non poteva però non scatenare una reazione scomposta e violenta da parte di coloro che di tale regime sono i servitori, i quali – nel più puro stile berlusconiano – sono avvezzi discreditare ed aggredire chi osa muovere critiche al Governo. Ed ecco che così Roberto Saviano, reo di avere raccontato a nove milioni di telespettatori i rapporti tra mafia e politica al Nord tirando in ballo la Lega, viene inopinatamente attaccato dal Ministro dell’Interno, pur avendo fatto affermazioni risapute e confermate dalla Direzione Investigativa Antimafia. Come se non bastasse, proprio come aveva già fatto con Fini, Il Giornale – infastidito dalla popolarità trasversale dello scrittore casertano  che contrasta un potere fortemente compromesso con le organizzazioni criminali – promuove una raccolta di firme contro di lui perchè lo ritiene responsabile di una campagna denigratoria del Nord [SIC!]. Tristi colpi di coda di un sistema ormai morente, che però è ancora in grado di fare molto male.

Vox video, vox dei

Vox video, vox dei

Perchè la sinistra è fortemente responsabile dello sfacelo culturale, sociale e politico di questo Paese? Perchè non si è mai opposta con coraggio all’ingresso in politica di berlusconi prima, e ai suoi governi poi. Inizialmente si è trattato di un gigantesco errore di sottovalutazione del personaggio e della sua innegabile capacità di persuasione presso la pubblica opinione. Lo sbaglio successivo è avvenuto, quando – avendone la possibilità – si è preferito continuare a non regolamentare l’anomalia tutta italiana che consente ad un tycoon mediatico di ricoprire ruoli istituzionali. All’origine di questa sciagurata decisione ci sono stati degli inciuci e dei baratti, ma anche il timore che Berlusconi potesse vestire i panni della vittima e chiamare il popolo all’insurrezione contro lo stato illiberale.

Il risultato deflagrante è oggi sotto gli occhi di tutti. La società Vidierre, la prima società italiana nel monitoraggio dei media, ha recentemente verificato lo stato dell’informazione televisiva. Una situazione che riflette una condizione di completa sottomissione ad un regime videocratico in cui il proprietario di una concentrazione televisiva privata che già dispone di tre reti [e quindi di 3 telegiornali] è anche colui che nomina di fatto i dirigenti della tv pubblica e i direttori dei telegiornali pubblici. Non solo berlusconi con i suoi 997 minuti negli ultimi 9 mesi è il politico più presente nei principali TG, ma da solo ha ottenuto quasi lo stesso risultato di tutti i rappresentanti dell’intera opposizione, che messi insieme risultano presenti per 1052 minuti. Manco a dirlo tutti gli esponenti del centrodestra, ad eccezione – guarda un pò – dei finiani, si trovano ai primi posti, ivi compresi i direttori dei giornali di famiglia: Il Giornale e Libero. Se è vero, come è vero, che una larghissima fetta dell’elettorato italiano forma le proprie convinzioni attraverso i telegiornali più seguiti, è facile comprendere quale razza di violenta perversione si consuma sempre più sfacciatamente nel nostro Paese. Perversione a cui non è affatto estranea la nomina di ieri di Paolo Romani a Ministro dello Sviluppo Economico. Ex dirigente Fininvest [ma và?], Romani ha infatti tra i suoi compiti quello di stendere il contratto di servizio tra Stato e Rai.

Aperto ai bovini

Aperto ai bovini

E’ davvero istruttivo e persino terapeutico seguire ogni tanto Studio Aperto. Se ne ricava un’impressione dell’Italia molto distante da ciò che la disfattista stampa di sinistra vorrebbe rifilarci. Un Paese florido in cui ci si sa divertire con spensieratezza e gusto, pronto ad ospitare tanti turisti stranieri, felice per aver passato indenne la crisi e per essersi affidato, così assennatamente, alle capaci mani di berlusconi e tremonti. Ecco allora, per la gioia di grandi e piccini, alcuni dei titoli delle ultime 4 edizioni serali del telegiornale diretto da Giovanni Toti.

Sono gli Hot Pants la tendenza più calda di quest’estate. Lanciati dalle dive sono ora di moda sulle nostre spiagge. Presa a Genova la banda dei rapinatori albanesi di ville. Sentenza di Erba conferma in appello l’ergastolo ai coniugi Romano. Naufragio in Sardegna: affonda un trimarano; due morti ed un disperso. Prevista per i prossimi giorni una nuova ondata di caldo africano. Una studentessa di 25 anni diventa una escort per pagarsi l’Università. Boom dei “ritocchini last minute” a ridosso delle vacanze: per la prova costume il gentil sesso sceglie il chirurgo estetico. Irina, la modella russa fidanzata di Cristiano Ronaldo, annuncia pubblicamente che sposerà presto il campione, nonostante il tradimento subìto. Amanda Knox parla dal carcere e dice che non è stata lei ad uccidere Meredith. Un Boa constrictor in fuga per le campagne della provincia di Alessandria. La stagione delle feste è ufficialmente partita: il divertimento in Versilia si chiama Capannina e Twiga. Estate 2010: tornano gli stranieri in Italia. Fra mare e città d’arte il Bel Paese va forte.

Per quanto in Italia non interessi a nessuno, Studio Aperto, conscio del ruolo formativo ed informativo che un TG deve avere in una democrazia moderna, dedica spazio anche alla politica. Quattro servizi intramuscolari. Uno per edizione. Pochi secondi per far riflettere i telespettatori, senza però annoiarli troppo. Berlusconi denuncia: dai media campagna furibonda che mira ad oscurare i successi del Governo. Tremonti afferma: gli Italiani hanno accettato la manovra. Non ce ne sarà un altra nel 2010. Per berlusconi la crisi economica è alle spalle, infatti l’industria italiana vola. Secondo tremonti non esiste un’alternativa al Governo berlusconi.