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Categoria: napolitano

Il Sistema che si finge Antisistema

Il Sistema che si finge Antisistema

Tutti a gridare al voto. Ma perchè, verrebbe da domandarsi. Se è più logico che forze come Lega o M5s siano le più agguerrite nel richiedere che si torni al più presto alle urne, per capitalizzare il successo referendario di dicembre, non è altrettanto lecito che lo faccia il PD. Mentre le prime – infatti – sono forze all’opposizione che da sempre giocano allo sfascio, quest’ultimo resta il partito che esprime il Presidente del Consiglio e la cui maggioranza parlamentare sorregge tuttora il Governo. La compagine dell’esecutivo è rimasta nella sostanza inalterata, rispetto alla precedente, l’unico elemento che è mutato è il Premier. Forse Renzi crede di poter fare di più di Gentiloni, come in passato aveva ritenuto di essere migliore di Letta? O forse la voglia di rivincita e la sua ambizione personale lo spingono a dare un calcio a quel senso di responsabilità istituzionale che il proprio partito aveva sempre dimostrato in passato? O forse ancora sente che il suo partito gli sta sfuggendo di mano e teme che, attendendo troppo, possa correre il rischio che qualcuno gli rompa il giocattolo?

Questo polverone è ancora più incomprensibile se si tiene conto che, votando con l’Italicum rimodellato dalla sentenza della Consulta, molto difficilmente si riuscirebbe ad ottenere una maggioranza netta e coesa, e si finirebbe così per gettare il Paese in una nuova stagione di instabilità. «Nei paesi civili si va alle elezioni a scadenza naturale e da noi manca ancora un anno. In Italia c’è stato un abuso del ricorso alle elezioni anticipate», ha sentenziato giustamente Napolitano. Per mandare a casa un Governo, aggiungo io, occorrono delle motivazioni serie ed importanti, che francamente oggi non esistono. In questo senso, il Renzi che imita il peggior istinto antipolitico di un Grillo o di un Salvini qualunque, ed invoca il voto al fine di evitare i vitalizi dei parlamentari (quegli stessi vitalizi che peraltro un anno fa lui stesso aveva proclamato di aver abolito) è uno spettacolo indegno, che trascina il PD sullo stesso piano di strumentale demagogia delle minoranze cialtrone.

Larghi disaccordi

Larghi disaccordi

E così, alla fine, il Presidente Napolitano è riuscito a far bere al PD il calice amaro di un esecutivo col PdL. L’ipotesi tanto invisa sia all’elettorato del Partito Democratico che a tanti suoi esponenti si è materializzata al termine di uno stallo di due mesi. Più che di larghe intese però, si potrebbe parlare di larghi disaccordi, visto che berlusconi e Letta hanno espresso posizioni alquanto distanti, sia rispetto alla durata, che alla natura, che al programma, che alla composizione del Governo.

Un’operazione che ascrive berlusconi come il vero vincitore. Il Cavaliere finalmente ottiene ciò su cui aveva puntato fin dall’indomani delle elezioni, rappresentando il suo partito come forza responsabile e coesa a fronte della frantumazione del PD. Piazza Angelino Alfano allo strategico Ministero dell’Interno, e Quagliarello alle riforme, quindi anche a quella della giustizia e a quella elettorale. Le caselle riempite dal PdL sono diverse e pesanti e quelle non a suo appannaggio non sono comunque sgradite, come ad esempio la Cancellieri che va alla giustizia, offrendo una certa qual rassicurazione sul tema dei processi a carico di berlusconi. Poi naturalmente vince anche Grillo, che dopo aver denunciato da anni che PdL e PDmenoelle erano della stessa pasta, ora se li trova insieme al Governo, in uno scenario che gli permette di ricompattare il suo elettorato con affermazioni come questa: «Il governo che sta nascendo è un’ammucchiata degna del miglior bunga bunga. Tutti passivi tranne uno che di bunga bunga se ne intende». Il perdente? Naturalmente ancora una volta il PD, che si è mosso senza un minimo di dibattito che legittimasse una scelta tanto importante, incapace di motivare con chiarezza e convinzione il proprio cambio di linea.

La disfatta del PD

La disfatta del PD

«Proporre oggi Giorgio Napolitano è una fuga dalla realtà per il Partito Democratico. E in corso la tessitura delle larghe intese. Vince l’ipotesi restauratrice rispetto al rinnovamento. Ha vinto Berlusconi».  Così poco fa Nichi Vendola, che riferendosi a Grillo aggiunge: «Chi parla di golpe sbaglia drammaticamente, quella in corso è un’altra cosa. E’ un rinchiudersi nel palazzo, sprezzanti rispetto a quella domanda di cambiamento che sta scuotendo l’intera società italiana. E’ una clamorosa sordità quella che il Parlamento sta dimostrando». Il leader di SeL è durissimo col PD che esce inopinatamente disfatto da questi tre giorni di elezioni presidenziali. Incapace di dimostrare lo stesso coraggio e lo stesso senso di innovamento che solo un mese fa aveva portato Boldrini e Grasso alla presidenza delle Camere. Incapace di esprimere una linea politica chiara e coerente, partendo dal netto rifiuto di ogni ipotesi di larghe intese, passando poi per un accordo discusso con il PdL, terminando infine con la proposta del candidato più inviso a berlusconi. Incapace di spiegare al proprio elettorato perchè non si sia voluto appoggiare una personalità di sinistra, eminente come Stefano Rodotà. Incapace di trovare una sola figura condivisa fra le proprie fila. Incapace di risolvere antichi dissidi, contrasti, contrapposizioni tutte interni al partito, che hanno drammaticamente fatto precipitare la situazione fino alla dimissioni del Presidente e del Segretario. 

Affidarsi ad un uomo di 88 anni, che a fine mandato ne avrà 95, forzando la sua volontà di ritirarsi a vita privata, dà la misura esatta della crisi disperata in cui è piombata la politica italiana che non ce la fa più a garantire la governabilità e la funzionalità democratica. Da domani il centrosinistra dovrà avviare un profondo processo di rinnovamento e rifondazione, pena la consegna del Paese ai grevi populismi di Grillo e berlusconi.

Senza precedenti

Senza precedenti

I parlamentari del Partito delle Libertà che assediano il Tribunale di Milano cantando l’Inno di Italia, per poi fermarsi davanti all’aula dove si celebra il processo Ruby, si sono resi protagonisti di una delle pagine più patetiche della storia repubblicana. Una piazzata vergognosa in cui la pretesa di impunità per il padre padrone del proprio partito viene spacciata per emergenza democratica. Il cerchio che si stringe intorno all’avventurismo di berlusconi, sul quale oggi gravano due condanne in primo grado e due altri processi in corso, ha trascinato il suo partito in un’operazione dal sapore estremista ed eversivo. Un’iniziativa irresponsabile che porta un potere dello Stato in rotta diretta di collisione con un altro e che mira ad estendere il conflitto istituzionale, coinvolgendo persino il Presidente della Repubblica. A Napolitano si è chiesto di porre un freno all’azione della Magistratura, che secondo l’ex premier punterebbe al suo arresto, da far votare al Parlamento in cui esiste una maggioranza PD-M5S favorevole. Ma il Capo dello Stato ha parlato di «manifestazione senza precedenti» e ha fatto sapere che l’indipendenza della Magistratura non è in discussione. Anche se in seguito ha cerchiobottisticamente aggiunto che sarebbe opportuno garantire la partecipazione adeguata di berlusconi a questa fase politica.
 
Lo scenario risultante potrebbe essere il caos istituzionale, col PdL che non esita a minacciare l’Aventino e quindi ad impedire di fatto il corso regolare dei lavori parlamentari. Forte dell’ottimo risultato elettorale, Il Cavaliere spinge infatti per nuove elezioni in tempi brevissimi, convinto di poter acciuffare quella vittoria che lo scorso mese ha mancato soltanto per un soffio, complice – naturalmente – l’immancabile popolo bovino.
Il premier ha le orge contate

Il premier ha le orge contate

E’ ormai una politica che sta in piedi solo grazie ai numeri, risicati e perlopiù ottenuti attraverso una triste azione di compravendita. Una politica da bottegai che però consente a berlusconi di restare in sella quel tanto che basta per sfuggire ancora alla giustizia. Unico motivo, questo, che 17 anni fa lo ha spinto a fondare Forza Italia. Il Governo in realtà è politicamente morto dal momento in cui Fini ha deciso di abbandonare il PdL e lo è ancor di più da martedi scorso, quando cioè il Parlamento ha bocciato il primo articolo del Rendiconto Generale. Una stroncatura importantissima che in sostanza riguarda il modo in cui l’Esecutivo ha gestito la finanza pubblica nello scorso esercizio. Esistono solo due precedenti della stessa gravità. Entrambi hanno portato il Presidente del Consiglio in carica a rassegnare le dimissioni. Però berlusconi, che – come scrive il Financial Times di ieri – ha condotto l’Italia ad uno stallo politico che ha di fatto impedito quelle riforme strutturali e quelle azioni correttive che avrebbero aiutato il Paese in un momento di grave crisi economica, si guarda bene dal dimettersi.

Tuttavia è evidente che non sarà certo la fiducia di oggi a risollevare le sorti del Governo, nè tantomeno a sciogliere le preoccupazioni di Napolitano, il quale ha chiesto di assicurare che «la maggioranza di governo sia in grado di operare con la costante coesione necessaria per garantire adempimenti imprescindibili come l’insieme delle decisioni di bilancio e soluzioni adeguate per i problemi più urgenti del paese, anche in rapporto agli impegni e obblighi europei». Il premier ha ormai le «orge contate» [per citare Benigni] e appare sempre più verosimile l’ipotesi di elezioni anticipate nella prossima primavera. L’opposizione ha 6 mesi per arrivarci frammentata, litigiosa e senza un leader riconosciuto. Come ha sempre fatto.

L’irresponsabilità della Lega

L’irresponsabilità della Lega

In queste ultime settimane il Presidente Napolitano sta spendendosi per sollecitare le forze di Governo ad approvare al più presto un decreto legge che consenta di trasferire i rifiuti napoletani nelle regioni che hanno dato la disponibilità ad accoglierli.

Gad Lerner ha intitolato il suo post di ieri, che condivido pienamente,“I rifiuti di Napoli e la Lega carogna”. Quando una delle città più importanti d’Italia vive una sciagura che mette a rischio la salute dei più deboli, una drammatica situazione alimentata dalla criminalità organizzata e mai contrastata efficacemente dalla politica, è tempo di mettere in campo responsabilità e solidarietà. Caratteristiche queste che non hanno mai costituito il tratto identitario del partito di Bossi, animato piuttosto da spinte localiste e separatiste che vedono nell'”altro da sè” qualcuno di cui non tenere mai conto. Quindi come non definire carogne i dirigenti del Carroccio che si nascondono dietro frasi agghiaccianti come «Chi è causa del suo mal pianga se stesso»? Bossi si oppone all’approvazione del decreto “salva Napoli”, dimenticandosi che la Lega governa da otto anni sugli ultimi dieci e certo non può non assumersi la sua parte di responsabilità nella cattiva gestione della vicenda, ed anche se ne fosse del tutto estranea, non può rifiutare il proprio aiuto, per mere motivazioni propagandistiche, a dei cittadini italiani che oggi ne hanno bisogno. Perchè se c’è un modo per risolvere l’annosa questione della spazzatura a Napoli è quella di un’azione coordinata fra Governo, Regione Campania, Provincia e Comune. Ognuno faccia la sua parte per farsi carico di un problema che è nazionale, con coscienza e senso dello Stato. Anche la Lega, se ne è capace.

Scripta Manent

Scripta Manent

Siamo alle comiche finali. Il PdL è un partito confuso, allo sbando, dove berlusconi si occupa ormai solo della propria guerra personale contro i magistrati, ed i maggiorenti stanno lottando uno contro l’altro allo scopo di ereditarne la guida. Non si può spiegare altrimenti la vergognosa vicenda dei manifesti “Via le BR dalle Procure” con cui in queste settimane si è tappezzata Milano, e contro i quali ieri ha tuonato Napolitano. La responsabilità di questa ignobile operazione è stata assunta da Roberto Lassini, un candidato nella lista del Partito delle Libertà alle prossime elezioni comunali.

Oggi il PdL – Sindaco di Milano e Presidente del Senato in testa – pretende il ritiro della sua candidatura. Resta però da capire di cosa è colpevole Lassini, visto che i suoi manifesti riprendono dichiarazioni che il Presidente del Consiglio rilascia ormai da tempo. Solo 10 giorni fa, ad esempio, aveva affermato: «Devo liberare il paese dai giudici. La magistratura in Italia è un cancro, una metastasi. Abbiamo avuto le Brigate Rosse che usavano i mitra, ma certi pubblici ministeri sono peggiori perché usano il potere giudiziario, sono più pericolosi per la democrazia». E’ evidente allora che questi manifesti non sono altro che il frutto di un clima avvelenato di cui è responsabile il premier, quindi, quando Schifani chiede la testa di Lassini, non si vede perchè non debba fare altrettanto con berlusconi, a meno che certe cose sia possibile dirle ma non scriverle. Chissà.

Gente per bene e gente per male

Gente per bene e gente per male

Roma, Milano, Torino, Genova e poi Londra, Parigi e Bruxelles. Una moltitudine di persone riempie le piazze dentro e fuori i confini nazionali. La partecipazione va oltre ogni attesa e speranza. E’ una bell’Italia quella che ci consegna questa domenica. Un’Italia che marca, come mai prima d’ora, la propria distanza dal Governo berlusconi. Rispetto, dignità, diritti e giustizia sono le parole che più emergono dalle bandiere e dagli striscioni, ma anche: basta, vergogna e dimissioni. Si ha finalmente la sensazione che il risveglio della pubblica opinione sia conclamato e non sia più possibile arrestarlo. Un risveglio che porta ad una sola conclusione: è giunta l’ora di voltare pagina rispetto al berlusconismo che ha condotto il Paese fin dentro un baratro culturale, sociale e politico. Ma questa è anche la domenica di Fini che sfida il premier alle dimissioni congiunte, per preparare il Paese alle elezioni.

A fianco di quest’Italia per bene, però, ruggisce e minaccia ancora un’Italia per male. Come era logico aspettarsi, il conflitto in cui berlusconi sta portando le Istituzioni pur di evitare di rispondere dei reati di cui è imputato, ha finito per coinvolgere persino Napolitano. Ieri il Presidente della Repubblica infatti è stato pesantemente aggredito dalla stampa vicino al Caimano. Il Giornale si è spinto a definirlo «un ultrà come Scalfaro». Libero invece ha parlato di un Presidente «che si è schierato con il cavallo che giudica vincente: i magistrati. Compiendo l’ultimo errore di una carriera che ne è piena. Le sue parole sono il preannuncio di un colpo di mano di una classe politica vecchia e arrogante che nella vita le ha sbagliate tutte ma non si è ancora rassegnata a cedere il potere». La battaglia sarà ancora lunga e difficile, tuttavia oggi c’è margine per un pizzico di speranza in più!

Panem et circenses

Panem et circenses

All’indomani della disfatta azzurra ai Mondiali di Calcio, diversi commentatori, sportivi e non, hanno avanzato la tesi che la Nazionale non sia altro che lo specchio del nostro Paese e, perchè no, del nostro governo. Il più efficace è stato il direttore de La Stampa, Massimo Gramellini, che si è espresso così: «”Non abbiamo lasciato a casa nessun fenomeno”. Ma è una bugia autoassolutoria che accomuna quasi tutti coloro che in Italia gestiscono uno spicchio di potere e lo usano per segare qualsiasi albero possa fargli ombra […]. L’abbattimento di ogni personalità dissonante viene chiamato spirito di squadra. Ma è zerbinocrazia. Tutti proni al servizio del capo, è così che si vince. Eppure la storia insegna che il capo viene tradito dai mediocri, mai dai talenti. I quali sono più difficili da gestire, ma se motivati nel modo giusto, metteranno a disposizione del leader la propria energia. La Nazionale assomiglia alla Nazione non perché è vecchia, ma perché privilegia, appunto, i mediocri». Lippi come berlusconi? Cannavaro come Alfano? Cassano come Fini? Potrebbe essere.

Di diverso ci sarebbe soltanto la reazione della massa sempre più bovina, che si indigna di fronte all’uscita della squadra di Marcello Lippi dalla Coppa del Mondo, ma resta al palo dinanzi alle uscite del Governo. Basti pensare alla recente vicenda del ministro per il federalismo, Aldo Brancher, nominato solo da pochi giorni [senza che ne siano certe nè l’utilità nè l’onestà] e già invocante il legittimo impedimento, al fine di sottrarsi ad un processo che lo vede imputato insieme alla moglie. E poco importa se Napolitano abbia per la prima volta dato un segnale di coraggio e di senso dello Stato mettendosi di traverso, perchè la protervia di berlusconi resta in tutta la sua enorme gravità. E se è vero che panem et circenses sono strumenti straordinari per anestetizzare i malumori popolari, adesso che i circenses se ne sono andati via anzitempo e che il panem è stato drasticamente ridotto da una manovra finanziaria sbagliata ed iniqua, l’opinione pubblica sarà finalmente pronta a reagire all’inedia e a ritrovare la sua rabbia?

Via libera alla dittatura

Via libera alla dittatura

La vicenda del decreto salva-liste, che sarebbe più opportuno chiamare decreto salva-PDL, dato che è stato fatto su misura per le violazioni commesse nella presentazione della lista del Pdl e non di altre liste, rappresenta il momento più buio della storia di questa nostra ormai virtuale democrazia. Già molte altre volte in precedenza berlusconi aveva piegato le regole del gioco sotto il peso dei suoi interessi privati, ma mai si era spinto ad intervenire sul delicato tema delle leggi elettoriali, ossia sul principale istituto di garanzia del sistema democratico. L’obiettivo sempre più evidente è quello di distruggere il nostro sistema costituzionale, in modo da instaurare un regime semi-autoritario, sia pur ancora guidato dai partiti già al potere. Ecco il perchè delle intimidazioni e degli attacchi e – se ciò non bastasse – delle riforme per limitare l´autonomia e l´indipendenza delle istituzioni non allineate. In questo senso il Parlamento va ridotto a mero strumento di ratifica di decisioni e di accordi presi al di fuori delle sue aule. La magistratura e la Corte Costituzionale vanno deligittimate e subordinate al controllo politico. Il Presidente della Repubblica va reso inoffensivo, perchè privo dell’investitura popolare. La libera informazione va censurata e l’opinione pubblica manipolata e anestitizzata.

Purtroppo Giorgio Napolitano non ha fatto molto per opporsi a questo progetto che nei fatti altro non è che il cosiddetto Piano di Rinascita Democratica ideato da Licio Gelli ed oggi realizzato dal premier piduista berlusconi. Un Presidente della Repubblica che, come scrive Luigi De Magistris nel suo blog, «…non ha avuto problemi a promulgare leggi incostituzionali, come la vergogna del Lodo Alfano, oppure leggi in violazione del diritto comunitario, come lo scudo fiscale che introduce il riciclaggio di Stato. Un Presidente della Repubblica che, in pochi minuti, ha promulgato un decreto legge incostituzionale in materia elettorale modificando le carte in tavola, avallando il ruolo di baro del diritto assunto del Governo. In questi casi, soprattutto se l´arbitro non è imparziale, é il popolo – custode primo ed ultimo della Costituzione Repubblicana – che alza la vigilanza democratica e non permetterà – con una resistenza pacifica costituzionale – ad una oligarchia istituzionalmente golpista di stravolgere lo Stato di diritto nel nostro Paese».