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Categoria: bossi

bossi come berlusconi

bossi come berlusconi

Ieri un politico di primissimo piano ha gridato al complotto della magistratura rossa, colpevole di voler ribaltare il risultato elettorale e quindi di sovvertire la democrazia. Questa volta però non si tratta dell’ennesimo e un pò stantio sproloquio berlusconiano. Le irresponsabili dichiarazioni infatti sono arrivate da Umberto Bossi, che ormai si sovrappone perfettamente al premier anche per la gravità e la stupidità di ciò che afferma. Oggetto del contendere è il riconteggio delle schede alle ultime elezioni regionali in Piemonte, che avevano visto l’attuale Governatore Roberto Cota prevalere sul candidato del centrosinistra per soli 9000 voti. Il Senatur, invece di rimettersi all’operato dei giudici, ha pensato bene di confondere le acque, infischiarsene delle leggi ed aggredire la magistratura, il tutto naturalmente in puro stile Partito dell’Amore: «Non si capisce come faccia la magistratura a ragionare: perchè per la Bresso basta la croce sul partito e per Cota serve la croce sia sul nome del partito sia su quello di Cota? La legge è uguale per tutti, sono cose che è meglio che non avvengano. Non conviene a nessuno che vada così, secondo me neppure alla sinistra anche se capisco che non voglia perdere, ma ha perso e qui non c’è niente da fare».

Bossi sa perfettamente che il punto invece è un altro. Lo scorso luglio il TAR ha decretato l’illegittimità di due liste perchè non si è provveduto a raccogliere le firme necessarie per la presentazione delle liste stesse. Tuttavia, invece di dichiarare nulle tout court tutte le schede riconducibili alle liste in questione, il tribunale ha voluto salvaguardare proprio la volontà dell’elettore leghista, imponendo un riconteggio che stabilisca quanti hanno espresso una preferenza alla sola lista e quanti invece sia alla lista che al candidato presidente. Al fine, cioè, di distinguere fra chi ha crocettato il solo simbolo della lista [voti annullati] e chi ha anche crocettato il nome del candidato [voti validi per Roberto Cota]. Solo chi non ha rispetto per le Istituzioni – ed in questo senso bossi va a braccetto col suo fido alleato berlusconi – può sostenere che in Piemonte la democrazia è a rischio, quando invece il TAR sta muovendosi in modo cristallino ed irreprensibile: se una lista è invalida, non esiste più e i suoi voti sono persi. Fine. Se invece, oltre che la lista, si è indicato anche il candidato, quello è un voto valido. Un concetto semplicissimo persino per le sinapsi non propriamente brillanti dei leghisti, ma in Italia – si sa – paga di più la demagogia ed il becero populismo. Ma non è tutto, esiste anche una terza lista per cui il TAR deve ancora deliberare, per la quale si sostiene che molte firme siano false. Ma per carità, anche in questo caso trattasi di sporco complotto bolscevico!

Il fascismo della Lega

Il fascismo della Lega

Mai e poi mai nella storia della Repubblica Italiana era accaduto che una scuola pubblica venisse marchiata con i simboli di un partito politico. E’ successo lo scorso sabato ad Adro, in provincia di Brescia. Il paese era già assurto agli onori della cronaca in primavera, quando alcuni figli di genitori stranieri erano stati esclusi dalla mensa scolastica per non aver pagato le rette che i loro genitori avevano dichiarato di non potersi permettere o di aver pagato in ritardo. Ora la comunità leghista di Adro, capeggiata dal sindaco, è persino riuscita a superare sè stessa, autotassandosi allo scopo di costruire un istituto scolastico intitolato all’ideologo della Lega Nord Gianfranco Miglio, che in verità si presenta come un laboratorio di indottrinamento per giovanissime menti, degno del peggior regime nazista od islamico. Tutta la scuola è infatti disseminata di simboli del partito di Bossi: sui banchi, sulle vetrate, sugli zerbini, sulle decorazioni, sui posacenere, ovunque. Quel che preoccupa è pensare che un sindaco che governa in nome della Repubblica Italiana e non del sedicente popolo padano abbia deciso di trasformare una scuola pubblica in sede di partito, anzi in un tempio consacrato al Carroccio, e che nessuno, all’interno della Lega e del PdL, abbia preso le distanze da questa operazione di violento fanatismo. Ed ancora, pensare che dei bambini studino in una scuola in cui dappertutto è presente un simbolo politico e che si abituino a vedere solo quello [non c’è neppure una bandiera italiana], fa rabbrividire! Inutile ricordare che ai ragazzi va insegnata la letteratura, l’amore per le scienze, la storia e la geografia. Il rispetto per l’ambiente, lo sviluppo della coscienza, del senso critico, e non certo l’obbedienza verso i partiti. Adolf Hitler nel Mein Kampf scriveva «Lo Stato nazista deve considerare il bambino come il bene più prezioso della nazione». Quelli della Lega devono aver imparato bene la sua lezione.

Così Michele Serra sulla vicenda «Alla maggioranza leghista di Adro dev’essere sembrato ovvio considerare ininfluenti eventuali obiezioni, disagi, proteste da parte di chi leghista non è, che ritenendo di iscrivere i figli alla locale scuola pubblica [che vuol dire: la scuola di tutti] li ritrova iscritti d’ufficio a una scuola “verde”, involontaria parodia delle scuole coraniche. L’omissione di questo scrupolo basilare [esistono minoranze ad Adro? Vanno rispettate? Tenute in considerazione?] è l’aspetto più sconvolgente della vicenda. Perché illustra una sorta di intolleranza “naturale” tipicissima dei regimi e delle masse plaudenti che li sostengono, alla quale non siamo più avvezzi da sessantacinque anni».

Paraculo è chi il paraculo fa

Paraculo è chi il paraculo fa

Ormai non passa giorno senza che la Lega non confermi l’ignoranza e la somma stupidità che contraddistingue la sua dirigenza. E’ di sabato scorso la notizia secondo cui il governatore del Veneto, Luca Zaia, in occasione dell’inaugurazione di una scuola nel trevigiano, abbia preferito che il coro intonasse il Va’ pensiero, canto verdiano dei raduni leghisti, al posto del tradizionale Fratelli d’Italia, fatto scivolare alla fine della cerimonia. Trascorre solo qualche giorno ed ecco che i commentatori di Radio Padania si segnalano per aver esultalto al gol del Paraguay, avversario della nazionale italiana nella nostra gara d’esordio ai Mondiali. Quel gran genio di Matteo Salvini poi, nella sua pagina di Facebook, ha così rincarato la dose: «Meglio Para-guay che para-culi! Forza Zaia».

E’ ormai evidente l’escalation degli attacchi sferrati dal partito di Bossi contro qualsiasi cosa rappresenti e simboleggi l’idea di Stato in senso unitario, sia questa una bandiera, un inno od una squadra di calcio, in nome di un’idea separatista e di affermazione di un’altra entità politica diversa dallo Stato italiano, come del resto conferma Borghezio in una sua recentissima intervista: «Confermo con grande orgoglio e soddisfazione che il nostro obiettivo strategico è e resta quello dell’indipendenza della Padania, al fianco dei coraggiosi patrioti padani che hanno seguito e seguono il cammino di Umberto Bossi. E non saranno certo i professionisti della politica romana a interromperlo».

Un paese di orticelli

Un paese di orticelli

A prima vista la vittoria pare netta. La maggioranza conquista 6 regioni su 13, di cui le due più importanti e strategiche: Piemonte e Lazio. Però, ad un esame più attento [e libero dalle manipolazioni della TV di regime], non si può non registrare il crollo del PDL che, rispetto all’ultimo turno elettorale [europee del giugno 2009], perde ben 9 punti percentuali, attestandosi al 27% circa delle preferenze. Appena un soffio sopra il PD che, contrariamente al suo principale antagonista, si mantiene stabile al 26%. Il partito di Bersani, oltre che dell’astensionismo, oggi deve preoccuparsi anche del successo di un movimento come quello di Beppe Grillo che, dove si è presentato, ha eroso il 3% dei voti e ha contribuito a frammentare ulteriormente un’area politica che invece ha il dovere di ritrovare al più presto unità e coesione. E’ solo responsabilità dell’opposizione – infatti – se nonostante lo sconquasso del PDL si è nuovamente riusciti a non vincere le elezioni. Se si fosse in grado di far tesoro di queste regionali, si dovrebbe – a mio avviso – ripartire da Nichi Vendola, l’unico esponente che per carisma, spessore culturale e storia personale può incarnare lo spirito della vera sinistra. Così Concita De Gregorio su L’Unità: «Questo è un voto di delusione e di rabbia verso un centrosinistra che ha disatteso le aspettative. Che rispetto a quel che l’elettorato chiedeva non ha avuto abbastanza coraggio: di cambiare la sua classe dirigente, di puntare sul rinnovamento, su logiche nuove e non solo su somme aritmetiche di alleanze possibili, su un progetto chiaro semplice e alternativo che fosse anche – come dice Vendola – un nuovo racconto».

Ho sempre sostenuto che in Italia prima di ogni altra cosa esiste un problema culturale. Ed in questo senso la vittoria al Nord di una forza populista e reazionaria come il partito di Bossi non può che preoccupare.  Come ha scritto ieri Vittorio Zucconi: «L’Italia è, e rimane, una sottocultura proporzionale e localistica. A ciascuno il proprio poderino, il proprio orto, il proprio manipolo di consiglieri o assessori, la propria contrada, e chi se ne frega dell’agricoltura nazionale».

Meno extracomunitari, meno ciminalità

Meno extracomunitari, meno ciminalità

«Meno extracomunitari, meno ciminalità»: questa l’equazione dal tono apertamente razzista espressa ieri dal nostro beneamato premier. A parte che ero convinto che Arcore si trovasse in Europa ed invece evidentemente mi sbagliavo, non so bene come mai, ma l’affermazione del Cavaliere mi ha fatto venire alla mente, uno dietro l’altro, alcuni loschi figuri. Per esempio Marcello Dell’Utri: condannato a 9 anni per concorso esterno in associazione mafiosa, tutt’ora senatore pdl in carica. E poi Salvatore Cuffaro: condannato a 7 anni per favoreggiamento aggravato di mafiosi, tutt’ora senatore udc in carica. Nicola Cosentino: indagato per presunti contatti con il clan dei Casalesi, tutt’ora sottosegretario all’economia in carica. Raffaele Fitto: rinviato a giudizio per abuso d’ufficio, corruzione e finanziamento illecito ai partiti, tutt’ora ministro degli affari regionali in carica. Altero Mattioli: imputato per favoreggiamento, tutt’ora ministro dei trasporti in carica. E – last but not least – silvio berlusconi stesso, indagato nei processi compravendita diritti tv mediaset, per corruzione dell’avvocato Mills, e per appropriazione indebita e frode fiscale per l’affare Mediatrade, naturalmente ancora in carica. Parole volgari e superficiali che avranno fatto la felicità di Umberto Bossi, condannato per vilipendio alla bandiera italiana, tutt’ora ministro delle riforme per il federalismo in carica.

Attualmente i ministri e i parlamentari condannati, prescritti, indagati, imputati e rinviati a giudizio, sono più di settanta, ovviamente – ma non c’è neppure bisogno di precisarlo – tutti extracomunitari!

Il Natale e il diritto alla preghiera

Il Natale e il diritto alla preghiera

Fra una settimana è Natale, la festività che più di ogni altra celebra i valori della cristianità. Proprio per tale motivo ciò che in questi giorni sta succedendo in provincia di Brescia [dopo il caso “White Christmas” del mese scorso a Coccaglio] stride ogni oltre limite. Siamo dalle parti dell’ennesimo episodio di aggressione xenofoba da parte di un’amministrazione leghista. Questa volta la giunta comunale di un paese di nome Trenzano si è espressa contro lapertura di una moschea, impedendo di fatto il diritto di culto alla componente islamica della popolazione locale. Nell’ordinanza si legge: «considerata la natura di moltissimi centri islamici che diventano nido di pericolosi terroristi e preso atto dell’oggettivo rifiuto dei musulmani all’integrazione, si chiede che il sindaco, la giunta e il consiglio facciano tutto il possibile per negare ogni tipo di autorizzazione e ogni possibilità di apertura sul territorio comunale di centri culturali islamici o moschea». Probabilmente se si fosse aggiunto che i negri c’hanno il ritmo nel sangue e che i napoletani amano la pizza e il mandolino, si sarebbe toccato lo zenit dei luoghi comuni.

Peraltro questa decisione rappresenta l’atto finale di un’escalation di affondi, iniziata con una misura restrittiva che imponeva l’obbligo tassativo che ogni raduno di circoli e associazioni si svolgesse esclusivamente in lingua italiana. Tutte ordinanze – sostiene il sindaco – rese necessarie per garantire la sicurezza dei cittadini! Ancora una volta il partito di Bossi dimostra di cavalcare la xenofobia come strumento di propaganda, configurando un sistema asfittico, in cui vengono fomentati individualismi e chiusure identitarie, e dove si spinge all’intolleranza e al rifiuto di chi è diverso. Del resto perchè sorprendersi? Non è forse questa la democrazia dell’amore?

Croce Via

Croce Via

Cominciamo subito col dire che l’Italia è fra gli Stati firmatari della Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali, che – fra le altre cose – stabilisce l’equidistanza di ciascun Stato da ogni religione e quindi il diritto di ogni genitore di vedere i propri figli istruiti nel rispetto di questo principio. Di conseguenza, prendendo le mosse dal ricorso di una madre italiana di origine finlandese, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo ha, con piena legittimità ed autorità, giudicato in merito all’applicazione di tale fondamento. Il crocifisso nelle aule, esprimendo una maggior vicinanza dello Stato ad una religione specifica, violerebbe il principio di neutralità, tanto più che il crocifisso è presente in un contesto particolarmente influenzabile come quello dei minori.
 
Fin qui i fatti oggettivi, rispetto ai quali non si comprende bene il perchè di tante polemiche, come al solito tutte italiane. Perchè firmare una Convenzione se non se ne condividono i principi ispiratori? Perchè quella italiana è “la politica della convenienza“. La politica, cioè, di quelli che prendono le decisioni solo in funzione della successiva tornata elettorale, con un occhio sempre attento a non entrare in rotta di collisione con la Chiesa cattolica. E visto che da quest’estate, per i ben noti motivi, i rapporti fra Governo e Santa Sede si sono fatti piuttosto tesi, oggi si rende ancor più necessario ingraziarsi le alte sfere vaticane. Diventano così più chiare le reazioni scomposte del centrodestra alla decisione della Corte. Berlusconi parla di sentenza che «nega le radici cristiane del nostro Paese». Bossi con la consueta dose di eleganza afferma che si tratta di «una stronzata». La Russa dà prova di equilibrio e misura, auspicando la morte dei giudici europei e dei «finti organismi internazionali che non contano nulla». Persino Bersani preferisce assumere una posizione conciliante con la Chiesa, sostenendo che «il crocefisso è una tradizione che non può essere offensiva per nessuno» dimostrando, ancora una volta, che il PD non capisce, o finge di non capire nulla.
 
Eppure la decisione della Corte europea non fa che affermare un concetto fondamentale: nessuna istituzione può essere sotto il marchio di un unico segno religioso. Laicità significa neutralità, apertura e rispetto del pluralismo.
LEGAteli!

LEGAteli!

In questi ultimissimi mesi la figura del premier è andata appannandosi. Presto capiremo se la tendenza è incontrovertibile o se, viceversa, berlusconi riuscirà a tornare saldamente in sella.  Comunque, una prima ricaduta di questa situazione è  che Bossi ora può far valere le proprie condizioni, beneficiando di un spazio di manovra maggiore. La Lega, da forza populista qual’è sempre stata, tende a cavalcare in anticipo l’opinione pubblica, come è successo a proposito delle ronde, degli sbarchi dei clandestini e, ultimamente, del ritiro delle forze in Afghanistan. E lo fa con tutto il suo bagaglio di intolleranza e razzismo, che va dalle provocazioni più stupide – vedi le carrozze del metrò riservate ai milanesi doc, o la recente proposta riguardante il test del dialetto per i professori – per arrivare agli attacchi più incivili, come le impronte digitali per i bimbi rom, o l’impresa dell’onorevole Salvini [ma “onorevole” de che, mi domando], colto mentre, con grazia ed eleganza, intonava il coro “i napoletani puzzano come i cani”. Uno sconcertante panorama che non fa che alimentare l’imbarbarimento ed il degrado culturale e morale di questa misera italietta.