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Categoria: politica

Vacanze Interstellari

Vacanze Interstellari

Le mie ferie agostane le ho trascorse a Londra. Inutile decantare le mille e più meraviglie della città. Ho compreso d’essere su un altro pianeta poco dopo il mio arrivo, quando – sul treno che dall’Aeroporto di Gatwick mi portava a Victoria Station – al controllore che gli chiedeva il biglietto, un viaggiatore ha mostrato un SMS sul proprio cellulare. Sul messagino, inviato dal Sito delle Ferrovie Inglesi, c’era riportato il codice identificativo dell’acquisto online del biglietto.

Leggo oggi su Il Fatto Quotidiano un articolo di Travaglio che conferma che Londra appartiene ad una differente galassia rispetto alla nostra. «A proposito della portata eversiva delle cronache dall’estero, giunge notizia delle furibonde polemiche suscitate a Londra dalla visita di Mark Thompson, direttore generale della Bbc, al numero 10 di Downing Street per incontrare il portavoce del premier Cameron. La stampa britannica, alla vista della foto che immortala il numero uno della tv pubblica entrare nella residenza del primo ministro, fa notare che “l’appuntamento è del tutto irrituale, inedito e molto preoccupante”. Nessuno infatti è riuscito a trovare qualche precedente del genere. Il leader laburista Miliband chiede alla Bbc di “fugare anche il più piccolo dubbio che la sua indipendenza editoriale sia stata compromessa”. E Thompson replica che “nell’incontro non è avvenuto nulla di compromettente per l’indipendenza della testata”. Tutto questo a Londra. Ora fate un bel respiro, cercate di restare seri e pensate intensamente a Bruno Vespa e Augusto Minzolini, responsabili dell’informazione e approfondimento sulla prima rete della tv pubblica italiana. I due sono di casa a Palazzo Grazioli e nelle altre ville del Presidente del Consiglio, ma questo è l’aspetto meno rilevante, anche se a Londra basterebbe a dare scandalo.   Figurarsi che si direbbe di loro in un altro Paese se si sapesse che il primo pubblica i suoi libri per la casa editrice di B. [Mondadori] e il secondo ha tenuto per anni una rubrica su un settimanale edito da B. [Panorama] prima che B. lo nominasse direttore del Tg1 ad personam».

La reazione degli onesti

La reazione degli onesti

I primi segnali che nel nostro Paese si cominci [meglio tardi che mai] a respirare una nuova aria stanno pian piano arrivando. In una sola settimana sono stati fischiati e contestati Marcello Dell’Utri a Como, Gianni Letta a Venezia e Renato Schifani a Torino. La strada è ancora lunga, ma finalmente la pubblica opinione sembra iniziare a risvegliarsi dallo stato comatoso in cui era precipitata 15 anni fa. Certo, c’è ancora chi difende la libertà di tutti di parlare. Ma come si fa a pensare, – dico io – che un uomo condannato in appello a 7 anni per associazione mafiosa, che non ha avuto la correttezza istituzionale ed il buon gusto di dimettersi, invece di starsene rintanato a casa, presenzi a conferenze stampe su fantomatici diari di Mussolini [!], senza che la gente non abbia un moto di ribellione? Resta poi da chiedersi per quale motivo il PD decida di invitare alla propria festa un personaggio dal passato oscuro e discutibile come Schifani, proprio quando dovrebbe sferrare un durissimo attacco alla maggioranza, sempre più in affanno sulla questione morale? Come fa poi Fassino a considerare una contestazione come quella che il Presidente del Senato ha subito ieri, alla stessa stregua dell’organizzazione messa in piedi dalla macchina propagandistica del PdL, interamente a spese del partito, con cui si intedeva contestare Gianfranco Fini? Fino a quando il Partito Democratico insisterà a muoversi in questo modo dimostrerà inequivocabilmente di essere lontanissimo dai sentimenti di esasperazione e rabbia che stanno animando il proprio elettorato.

La fine del berlusconismo può essere sancita solo da un nuovo fermento di movimenti d’opinione grazie al quale riappropriarsi della politica dal basso. Attraverso una una rinnovata coscienza civile, la politica deve tornare ad essere qualcosa che la gente percepisca come “propria”. Ecco perchè sono concorde con Di Pietro quando afferma: «In uno Stato di diritto ci dev’essere un luogo per far sentire la propria voce. E dove se non in un comizio pubblico? Solo nei regimi è vietato contestare. Solo Gheddafi, quando è venuto ha preteso incontri blindati. Sembra che in questo Paese non stia succedendo niente. Facciamo finta che non ci sia una cricca piduista e fascista che ha occupato le istituzioni, approvando leggi liberticide e ad personam che violano la Costituzione. Però tutto questo non si può dire e si vuole togliere al cittadino il diritto di ribellarsi quotidianamente. Il clima di questi giorni è simile a quello degli albori di Mani pulite, con migliaia di persone che si sono rotte di sentirsi prese in giro».

Comme sì bello a cavallo a stu camello

Comme sì bello a cavallo a stu camello

Credo che l’amicizia fra berlusconi ed il dittatore libico Gheddafi dia esattamente la misura di quello in cui si è ridotta questa nostra misera italietta. Un Paese in cui il premier dimostra uno scarsissimo senso dello Stato e delle istituzioni, di volta in volta piegate sotto il peso dei suoi interessi privati e, nella fattispecie, da mere logiche mercantili. Mentre i moderni stati occidentali guardano all’Italia con sempre maggiore sgomento, e la nostra autorevolezza all’estero è ormai ridotta al lumicino, non è un caso che gli unici leader con cui Berlusconi riesce a stringere rapporti privilegiati siano personaggi discutibilissimi come Gheddafi, Chavez e Putin. Non è una coincidenza neppure che certi spettacoli il leader libico li venga a fare a Roma. Qualcuno riesce ad immaginarlo a Londra o a Berlino organizzare un incontro con 500 hostess per dir loro “diventate musulmane”?

In particolare col Colonnello Gheddafi, berlusconi ha in comune la maschera patetica di chi cerca di sfuggire al tempo che passa con ogni mezzo: che sia la chirurgia estetica, la tintura dei capelli [finti], il rialzo dei tacchi o la compagnia di giovanissime ragazze. Entrambi hanno la medesima concezione del sesso femminile, visto come subalterno e decorativo, spesso comperato con il denaro. Ma le analogie purtroppo non si fermano qui. Berlusconi infatti ha più volte dimostrato di vagheggiare un Esecutivo che non tenga conto della Costituzione, delle funzioni degli organi istituzionali, della voce dell’opposizione, del ruolo delle parti sociali, dei diritti dell’informazione e così via. Comandare e non governare. E si dà il caso che questa cosa Gheddafi la conosca bene. Si chiama tirannia.

Una Repubblica fondata sulla propaganda

Una Repubblica fondata sulla propaganda

«Ci vorrebbe il candore di un bambino, come nella fiaba del re nudo, per strillare: “Che ce ne frega dell’alloggio di 65 metri quadri a Montecarlo venduto da An e abitato dal fratello della compagna di Fini?”. Non ce ne frega niente perché riguarda una bega privata tra gli eredi della contessa Annamaria Colleoni che lo donò ad An che lo vendette a due off-shore che lo affittarono a Giancarlo Tulliani [da privato a privato a privato a privato]. Perchè non investe un solo euro di denaro pubblico. E perchè a menarne scandalo sono il partito e i giornali di un tizio, incidentalmente Presidente del Consiglio, indagato per aver minacciato un organismo pubblico [l’Agcom] affinchè chiudesse trasmissioni a lui sgradite e imputato per gravissimi reati contro l’interesse pubblico: corruzione giudiziaria di un testimone, frode fiscale, falso in bilancio, appropriazione indebita».

Sta in queste righe di Marco Travaglio il senso di un’estate politicamente rovente e – al tempo stesso – grottesca. Possibile solo in uno Stato sottosviluppato come il nostro, letteralmente violentato dallo strapotere mediatico del Presidente del Consiglio. Una stagione che sarà forse ricordata come quella che ha dato il via alla fine del berlusconismo. Soltanto Bossi sorregge ancora quello che un tempo chiamava mafioso piduista, dimostrando in modo inequivocabile quanto il Carroccio sia in verità legato ai ladroni di quella stessa Roma che sbeffeggia a beneficio dei propri elettori più sprovveduti. Ed intanto il 14 dicembre – data in cui la Consulta dovrà decidere sulla costituzionalità del legittimo impedimento – si avvicina, ed il Premier ed il  suo MinCulPop dovranno inventarsi qualcosa di nuovo per evitare che il Cavaliere risponda finalmente dei suoi reati. I membri della Corte Costituzionale sono avvertiti: non comprino casa a Montecarlo, non indossino calzini turchesi e – almeno per un pò – si astengano da relazioni omosessuali!

Fumo di Londra

Fumo di Londra

«Al Parlamento europeo i deputati sono disorientati per quello che accade in Italia. Non riescono a comprendere come faccia la parte politica maggioritaria del Paese a votare Berlusconi: per le sue malefatte, per il perseguimento di interessi privatistici, per il massacro dell’etica pubblica, per il suo tratto da dittatorello peronista, per il suo populismo cialtronesco, per i collegamenti con la mafia, per il coinvolgimento in processi penali per fatti gravissimi che in altri Paesi, come Germania o Inghilterra, avrebbero condotto un politico a ritirarsi a vita privata. L’Italia ai tempi di Falcone e Borsellino, oltre che di Mani pulite, era all’avanguardia nel contrasto ad ogni forma di criminalità, oggi è la nazione che approva leggi criminogene che favoriscono ogni forma di criminalità tanto da diventare una sorta di asilo politico privilegiato per i delinquenti di ogni risma. Per non parlare del disgusto che si prova per la torsione neoautoritaria – portata avanti da un partito che si definisce liberale – che si manifesta addirittura nella compressione di uno dei diritti fondamentali della casa europea: la libera manifestazione del pensiero. E che dire delle censure al nostro Paese per i rigurgiti xenofobi e razzisti, fatti di respingimenti di massa di immigrati inermi e della criminalizzazione del diverso senza che abbia commesso un crimine?»

Sottoscrivo in pieno le parole di Luigi De Magistris. Ecco perchè capisco ed amo sempre meno i miei connazionali e perchè ogni scusa è buona per fuggire da questo Paese, anche solo per qualche giorno. Adoro il Nord Europa e Londra è una città che sa offire così tanto a chi la visita. La sensazione euforica di essere al centro del mondo per quel che riguarda lo spettacolo, la musica, le mode, i gusti e le tendenze è forte anche in un periodo come questo, certamente non così vitale. Soprattutto se si proviene da una società – la nostra italiana – che definire amorfa è farle un complimento. Una società al cui confronto persino il villaggio dei Puffi apparirebbe ben organizzato e culturalmente stimolante. Partirò verso la capitale inglese fra una settimana e, una volta là, cercherò di evitare tutti i luoghi comuni dell’italiano all’estero, quelli che –  proprio in Fumo di Londra – facevano esclamare ad Alberto Sordi: «E non facciamoci riconoscere  da tutti per quelli che siamo!». Tanto, a farci fare una figura non propriamente lusinghiera in giro per il mondo ci pensa già il nostro Presidente del Consiglio. Ci ritroveremo da queste parti intorno a fine mese. A tutti auguro un Buon Ferragosto!

Il plotone della libertà

Il plotone della libertà

Dopo che per anni a sinistra si è denunciata l’illiberalità e la mancanza di senso dello Stato di berlusconi, anche il Presidente della Camera si accorge che il Premier ha un’idea della democrazia pericolosamente autoritaria: quella di un ordinamento in cui il dissenso – di qualsiasi natura questo sia – vada stroncato in tutti i modi. Ecco allora le reiterate aggressioni agli organi di garanzia istituzionali, ecco le campagne di deligittimazione nei confronti degli avversari politici, ecco poi il tentativo di imbavagliare e spegnere la libera informazione ed ancora la promozione di un clima di intolleranza ed ignoranza sociale, e via così in un crescendo di repressione e populismo che avrebbe fatto felice l’Argentina di Peron.

Quanto è successo giovedì all’interno del Plotone delle Libertà somiglia più ad un regolamento di conti di stampo nazista, piuttosto che un modo per sanare una divergenza politica. Fini ed i suoi uomini vengono epurati dal cosiddetto Partito dell’Amore perchè hanno osato onorare «il patto con milioni di elettori onesti, grati alla magistratura e alle forze dell’ordine, che non capiscono perché nel nostro partito il garantismo significhi troppo spesso pretesa di impunità». Non è un caso se  il PdL si sfalda su una questione ben precisa: quella della legalità. La prepotente alzata di scudi a beneficio dei vari Verdini, Cosentino e Dell’Utri altro non è che la difesa stessa del Caimano, leader di un partito personalistico, nato per evitare che i due fondatori finissero per rispondere alla Giustizia dei rispettivi reati e per poi consentire, nel corso del tempo, che i propri uomini di punta potessero mettere in piedi un sistema occulto e tentacolare, al fine di conservare e preservare il potere il più a lungo possibile. Si spiega così perchè chi si arrischia a mettere in discussione il nucleo, il fondamento, l’essenza stessa del partito di berlusconi, non possa più farne parte.

Il PD. Questo sconosciuto.

Il PD. Questo sconosciuto.

C’è ormai un dato di fatto nella politica italiana, e cioè che Fini e i suoi stanno più a sinistra del PD. “Ci vuol poco” obietteranno in tanti… vero anche questo. Tuttavia mi domando se è possibile che la questione morale all’interno del PdL debba essere sollevata dal Presidente della Camera, quando il maggior partito dell’opposizione – di fronte all’abisso di malaffare recentemente scoperto – seguita a far scena muta, in preda ad un evidente smarrimento identitario e politico che lo rende incapace di intercettare gli umori del proprio elettorato. E’ possibile che Bocchino e Granata un giorno sì e l’altro pure incalzino i berlusconiani, esigendo le dimissioni immediate di quanti siano incorsi in atti politicamente insostenibili, mentre le dichiarazioni più esplosive di un dirigente del Partito Democratico sono affidate all’onorevole D’Alema che – con linguaggio e logiche cerchiobottiste da piena Prima Repubblica – propone governi di larghe intese, invoca momenti di responsabilità, auspica nuovi patti sociali, non provando neppure il minimo imbarazzo a reiterare la solita formuletta, mandata a memoria in questi ultimi 15 anni, che «non si esce da una crisi di questo tipo attraverso una soluzione giudiziaria, come immagina parte dell’opposizione, o attraverso una campagna moralista e giustizialista». Va bene continuare a non dire mai nulla di sinistra, però neppure queste irritanti cazzate che potrebbero benissimo stare in bocca ad un Lupi o ad un Capezzone qualsiasi!

Verrebbe poi da chiedersi perchè fra i “momenti di responsabilità” D’Alema non includa anche lo stringersi attorno ad un nuovo leader, giovane, colto, responsabile, appassionato, in grado di smuovere le coscienze ed accendere le speranze come Nichi Vendola. Sorprende infatti [ma fino ad un certo punto] il fuoco di fila che proprio dal PD e dall’IdV s’è alzato contro la candidatura del Governatore della Puglia alle primarie del centrosinistra. E’ forse troppo radicale per questa nostra opposizione inetta ed in parte collusa al potere, il concetto “obamiano” che si possa far politica anche attraverso valori come passione ed ideali?

Omertà di Stato

Omertà di Stato

«Ritengo che Schifani sia una persona che non occupa degnamente la sua carica. Non ci siamo arrogati il diritto di proibire a Schifani di venire in via D’Amelio. E’ lui che ha scelto di non venire. Se avesse fatto come Fini che ha affrontato le contestazioni – perche’ Fini e’ stato contestato quando e’ arrivato pero’ ha accettato di spiegarsi e dopo e’ stato applaudito – Schifani sarebbe potuto venire. E’ stata una sua scelta fuggire e andare a deporre la corona in una posizione protetta». Queste parole sono di Salvatore Borsellino, il giorno dopo le commemorazioni della strage di via D’Amelio. Il fratello del giudice ucciso 18 anni fa dalla mafia ha poi commentato la dura presa di posizione del Presidente della Camera contro chi continua a giudicare Vittorio Mangano un eroe e fa di tutto per ostacolare il lavoro della magistratura: «Ecco, vedete perche’ Fini e’ potuto venire e altri no? Chi considera Mangano un eroe non e’ gradito in via D’Amelio».

Ci sono voluti ben 18 anni perchè diventasse chiaro a tutti che dietro le stragi del 1992 non ci fu solo la mafia. E proprio per questo motivo da più parti si sta denunciando a gran voce il tentativo di pezzi dello Stato di contrastare le indagini. Inequivocabile la dichiarazione di ieri del Procuratore Antonio Ingroia: «La verità di quella stagione difficile è un’eredità pesante, ingombrante. Una parte rimane sepolta perchè c’è chi ancora – certamente anche nelle istituzioni – non la vuole scoprire». Che sia allora un caso che questo Governo abbia etichettato i magistrati di Palermo come deviati mentali e abbia poi negato la protezione a pentiti come Spatuzza, le cui rivelazioni hanno chiamato direttamente in causa berlusconi e dell’utri? E’ un altra coincidenza che ieri, nel giorno del ricordo, il Presidente del Consiglio abbia disertato ogni commemorazione, preferendo recarsi al Duomo di Milano per assistere al concerto di Aznavour?

Appunto!

Appunto!

Il berlusconismo è entrato nella sua fase terminale. Una fase che verrà ricordata per Bertolaso, Scajola, Brancher e le rispettive cricche e – siccome non ci si vuol far mancare nulla – anche per le sue belle logge massoniche deviate. Ecco quindi che si scopre come il coordinatore del PdL Denis Verdini si sia impegnato – insieme al faccendiere piduista Flavio Carboni, al senatore amico dei mafiosi Marcello Dell’Utri, al sottosegretario all’Economia in odore di camorra Nicola Cosentino e ad altri stimati compagni di merenda –  nel mettere in piedi un sistema occulto di potere, allo scopo di condizionare i giudici della Consulta chiamati a decidere sul lodo Alfano, fare pressioni su componenti del Csm per la nomina a cariche direttive di alcuni magistrati graditi e promuovere ispezioni nei confronti di quelli considerati ostili, manovrare i PM dell’inchiesta sul G8, fabbricare falsi dossier ai danni degli avversari dentro il Popolo delle Libertà, e spartirsi malaffari di vario tipo.

Questo ennesimo scandalo è stato scoperto proprio grazie a quelle stesse intercettazioni telefoniche che il nostro beneamato premier vorrebbe pesantemente limitare. Guarda a volte la coincidenza! Non c’è niente da fare: le cose ultimamente per berlusconi stanno girando per il verso sbagliato, ed ora – dopo il Dipartimento di Giustizia americano – contro la cosidetta Legge Bavaglio interviene anche l’ONU, che chiede al governo di «abolire o modificare il disegno di legge sulle intercettazioni, perché se adottato nella sua forma attuale può minare il godimento del diritto alla libertà di espressione in Italia». Quando si dice la sfiga! Capezzone ha replicato suggerendo all’ONU di dedicare il proprio tempo a contrastare le dittature. Pare che da Bruxelles abbiano risposto: «Appunto!».

Mafia e dintorni

Mafia e dintorni

L’altroieri Marcello Dell’Utri è stato condannato in appello a 7 anni per associazione mafiosa. Peter Gomez su Il Fatto Quotidiano ha parlato di “pornografia dell’esultanza” da parte del PdL, riferendosi alle stupefacenti dichiarazioni dei vari capezzonecicchittogasparribondi, oltremodo gaudenti solo perchè si è provato che il cofondatore di Forza Italia e fraterno sodale del premier ha fatto favori alla mafia durante tutti gli Anni 70 e 80, ma non dopo il 92. Per non parlare poi di un sempre più spudorato Minzolini, che si è prodotto in veri e propri salti mortali linguistici per evitare di impiegare il termine “condannato” nei titoli e nei servizi del TG1.

E’ davvero difficile commentare adeguatamente l’abisso in cui è precipitato il governo e i media di regime, nel tentativo scellerato e continuo di proteggere e difendere il proprio padre padrone. Abisso dentro cui non ci si fa scrupolo – tantomeno si prova vergogna – a muoversi con una spregiudicatezza politica senza pari, forti del fatto che in questo Paese ogni contrappeso democratico è ormai fortemente indebolito, sia che si tratti del Presidente della Repubblica, che dell’opposizione o della pubblica opinione. E così diventa “normalissimo” essere rappresentati da un Parlamento nel quale la maggioranza è guidata da un partito il cui ispiratore è Marcello Dell’Utri, uomo che ha lavorato per anni come mediatore tra le ambizioni di Cosa Nostra e gli interessi di berlusconi, ed il cui riferimento ideale è Vittorio Mangano, criminale pluriomicida che il Giudice Borsellino solo due mesi prima della morte definì «la testa di ponte dell’organizzazione mafiosa nel nord Italia».