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Categoria: kubrick

Gli Anni 60 al Cinema

Gli Anni 60 al Cinema

Negli Anni 60 i grandi studios americani vivono un progressivo declino, che arriva ad assumere le proporzioni di una bancarotta. La televisione sottrae milioni di dollari al mondo del Cinema, costringendo le majors a licenziamenti di massa. Perdipiù questi sono anni in cui società e mercato subiscono profonde trasformazioni. Il cambiamento nei gusti degli spettatori è la molla che apre la strada ad una nuova generazione di registi, fra cui Stanley Kubrik [con capolavori come Il Dottor Stranamore e 2001: Odissea nello Spazio], Roman Polansky [Rosemary’s Baby e Repulsion] e Blake Edwards [Colazione da Tiffany, La Pantera Rosa, Hollywood Party]. Vecchi e gloriosi autori come Alfred Hitchcock, Billy Wilder e John Ford hanno giusto il tempo per alcuni straordinari colpi di coda [Psycho, Gli Uccelli, L’Appartamento e L’Uomo che uccise Liberty Valance] prima di essere soppiantati – a partire dalla seconda metà del decennio – da un nuovo linguaggio e da un processo di revisione dei classici, che solo qualche anno prima sarebbe stato impensabile.

Tali trasformazioni sono anche una reazione ai cambiamenti in atto in Europa. La Nouvelle Vague francese infatti esercita una notevole influenza sul cinema americano. Altrettanto si può dire a proposito del nuovo cinema d’autore italiano, guidato da registi come Fellini ed Antonioni, e del formidabile lavoro di Sergio Leone, in grado – da solo – di riscrivere completamente l’epopea del genere western. Tutto questo mentre la migliore commedia all’italiana [quella di Dino Risi e dei suoi Una Vita Difficile e Il Sorpasso, e quella dei vari Monicelli, Germi, Comencini, ecc.] guadagna una crescente considerazione internazionale.

Lo sguardo di Stanley Kubrick

Lo sguardo di Stanley Kubrick


Dieci anni fa se ne andava Stanley Kubrick. Regista di culto, autore di visionari adattamenti letterari, è stato fra i cineasti più controversi, coraggiosi, creativi e sorprendenti. Un Artista che ha reinventato i generi e rivoluzionato le tecnologie e che ha saputo guardare alle cose del mondo in modo unico ed inconfondibile. Un Autore a tutto tondo in grado di controllare ogni aspetto del suo lavoro. Ci ha lasciato 13 film, alcuni dei quali considerati fra i massimi capolavori della storia del Cinema, contraddistinti, come lui stesso ebbe a dire, da «una riflessione riguardante l’uomo del Ventesimo secolo, gettato su una barca senza timoniere, in un mare sconosciuto.» Il suo è uno sguardo privo di speranza: le organizzazioni sociali, politiche e militari non sono altro che macchine che producono infelicità e distorsioni. Pare non esserci alcuna possibilità di redenzione per gli uomini, ma solo un affannarsi verso il raggiugimento di falsi obiettivi. Uno sguardo  sbarrato sul mondo, proprio come quello di Malcom McDowell in Arancia Meccanica. Oppure come quello che Charles Manson aveva quando fu arrestato dopo l’omicidio di Sharon Tate e che il regista suggerì come modello a Jack Nicholson per Shining.
 
Mi piace ricordare cosa disse di lui Steven Spielberg, suo amico ed estimatore: «La prima cosa che rende Kubrick speciale è il fatto che era un camaleonte: non ha mai fatto lo stesso film due volte, ogni singolo film è un genere diverso, un periodo diverso, una storia diversa, un rischio diverso. L’unica cosa che univa tutti i suoi film era l’incredibile maestria che aveva nella sua arte e nel montaggio, la recitazione e la posizione della cinepresa, ma ogni storia era diversa e ogni storia, in qualche modo, era così misteriosa nel modo in cui veniva narrata che ti manteneva curioso: “Come andrà a finire? Non riesco ad immaginare cosa succederà” e tutti i suoi film sono pieni di alti e bassi, di sorprese nella trama e sorprese nei personaggi che li devi vedere più di una volta perché desideri quella stessa sorpresa.»