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Categoria: salvini

Il Natale ai tempi del terrorismo

Il Natale ai tempi del terrorismo

Il Natale è qualcosa di più di una semplice festa religiosa: fa infatti parte del nostro patrimonio culturale, del nostro più antico e prezioso bagaglio di tradizioni. Non celebra unicamente la nascita del Bambin Gesù, ma anche quei principi come la fratellanza, la solidarietà e la pace, sui quali si fondano le società occidentali. Ecco perchè la decisione del preside della primaria Garofani di Rozzano è una sciocchezza grossolana, specie se presa a seguito dei fatti del 13 novembre. L’integrazione fra il mondo islamico ed il nostro non può certamente passare attraverso la negazione dei valori fondanti della propria identità, per paura di turbare una non meglio precisata sensibilità religiosa di chi proviene da differenti culture.

Detto questo, sarà comunque opportuno interrogarsi su come gestire la materia complessa della diversità religiosa nelle scuole pubbliche (e laiche), in una società che sta sempre più diventando multietnica, senza naturalmente finire a brandire i presepi come arma di propaganda o a trovarsi improvvide parlamentari che intonano “Tu scendi dalle stelle” davanti ai cancelli degli istituti scolastici. La questione è troppo seria ed importante per lasciarla nelle mani di un Salvini o di una Gelmini qualsiasi, o per strumentalizzarla contro gli islamici e i migranti, in uno spirito che è diametralmente opposto a quello “natalizio”. E’ evidente che ciò che un tempo valeva per una società cattolica non può valere più oggi, ma è altrettanto chiaro che non si può cancellare dai programmi scolastici ogni riferimento religioso per timore di offendere qualcuno. E allora, ancora una volta la diversità dev’essere considerata come un’opportunità, una ricchezza, un’ulteriore strumento di conoscenza dentro una società in cui culture differenti devono imparare a convivere in armonia. Uno degli obiettivi primari dei terroristi è quello di instaurare un clima di contrapposizione totale, di odio verso chi è diverso da noi, cerchiamo – una volta tanto – di non aiutarli.

A casa vostra

A casa vostra

Un recente studio internazionale ha evidenziato come l’Italia sia la nazione più razzista del Continente. Tra i Paesi europei infatti non c’è nessuno che ci batta quando si tratta di discriminare rom e musulmani. Mentre per quanto riguarda gli ebrei siamo secondi dopo la Polonia. C’è anche questo aspetto dietro al crescente successo del Carroccio, che ha sempre fatto della xenofobia, dell’intolleranza e dell’egoismo il proprio tratto distintivo. Un tempo il nemico era il Sud e Roma ladrona, oggi sono gli immigrati. La Lega è passata dal separatismo al più ottuso nazionalismo, dall’indipendenza del Nord alla difesa dei cittadini italiani, continuando però a configurarsi come un aggregato rozzo e populista, oscurantista e discriminatorio. Tragedie epocali – come quella che spinge moltitudini di persone a perdere la vita, pur di raggiungere l’idea di una esistenza migliore in Europa – vengono prima cavalcate per beceri motivi elettorali, e poi affrontate – pur nella loro estrema complessità – con soluzioni da bar dello sport. Fra quest’ultime, il vecchio ma sempre in voga ritornello del «se volete che i profughi vengano in Italia, ospitateli a casa vostra» dà la misura esatta di come la politica (e parte della pubblica opinione) sia ormai guidata dalla piccineria e dall’idiozia più sonfortanti.

A dare al fenomeno contorni apocalittici contribuisce anche il sistema dei media – specie quelli facenti capo a berlusconi – che con articoli e servizi martellanti rappresentano i migranti e gli extracomunitari come un’accozzaglia di delinquenti e terroristi, ignoranti, sporchi ed infetti, pronti ad assaltare le stazioni, struprare le donne ed uccidere a colpi di machete chiunque gli si pari davanti. La realtà naturalmente è diversa e se la nostra opposizione fosse più seria e responsabile lo farebbe presente. Ma tutto fa brodo e se grazie a questa situazione si può menare fendenti a PD e Governo (anche se quest’ultimo esente da colpe non è) ben vengano anche le ondate di isteria collettiva. E nessuno provi a dare letture diverse, foss’anche Papa Francesco, se la dovrà vedere con Matteo Salvini e le sue felpe!

L’impresentato

L’impresentato

Ci sono alcuni dati che emergono dalle elezioni su cui vale la pena riflettere. Primo fra tutti l’astensionismo. Quando si reca alle urne una persona su due significa che hanno perso tutti. La crescente incapacità di rappresentare l’elettorato è una gravissima malattia che una classe politica matura e responsabile dovrebbe cercare di interpretare e risolvere prima di ogni altra cosa. La diffusa sfiducia rispetto al sistema politico, percepito come strumento di occupazione del potere, sta anche alla base del successo della Lega che avanza ovunque e della sostanziale conferma del M5S.

Il voto delle Regionali ha inoltre messo fine al sogno del Partito della Nazione: è evidente infatti che il progetto renziano di sfondare a destra si è rivelato fallimentare. Il premier non solo non conquista l’elettorato post-berlusconiano – attratto piuttosto dal populismo di Salvini – ma perde anche a Sinistra. Il crollo del consenso rispetto alle Europee dell’anno passato, ma anche la flessione rispetto alle scorse Regionali, quando il PD bersaniano conquistò il 25,9% a fronte del 25,2% di domenica, è figlio infatti di una politica che ha perso di vista le istanze dell’elettorato di Sinistra. Ecco perchè il risultato di Luca Pastorino in Liguria è potenzialmente assai interessante, come giustamente osserva Pippo Civati sul suo blog. Di tante dichiarazioni post elettorali, quelle dei vari paitarenziorfiniserracchiani che scaricano l’epocale sconfitta ligure sulle spalle di Civati sono tra le più ottuse, pretestuose e lontane dalla realtà che mi sia mai capitato di ascoltare. La Paita ha perso non già per colpa della Sinistra, ma perchè connessa mani e piedi all’amministrazione Burlando che ha governato (malissimo) la Regione in questi ultimi 10 e passa anni. Renzi si è venduto come grande rottamatore ed invece in Liguria ha inteso soltanto conservare un sistema di potere deludente e fallimentare. La gente l’ha capito e lo ha punito.

Seduttori televisivi

Seduttori televisivi

D’accordo. Si tratta di consultazioni locali che riguardano soltanto due regioni. Però comunque alcuni dati emersi da queste elezioni regionali sono talmente eclatanti da risultare indicativi di una tendenza che potrebbe travalicare i confini di Emilia Romagna e Calabria. Su di tutti lo spaventoso calo del numero di coloro che si sono recati alle urne, che vale in particolare per le tre formazioni maggiori e che rende il “Partito dell’astensione” di gran lunga il primo partito. Quanto al PD, che pur vince in entrambe le regioni, è difficile non imputare questo fenomeno alla  disillusione del popolo di sinistra, quello che in altre parole non accetta che si parli ai sindacati con un linguaggio alla Brunetta. I democratici emiliani in soli sei mesi, dalle europee di maggio, perdono quasi due terzi dei voti: da 1,2 milioni a circa 500mila. Un’emorragia notevolissima, una scissione silenziosa di tanti “compagni” che hanno preferito restare a casa. Affermare che l’astensionismo è secondario, come ha fatto oggi il Presidente del Consiglio, è miope e stupido e non fa onore a chi è chiamato a rappresentare le istituzioni. Sorte analoga per il M5S che raccoglie solo il 13% in Emilia-Romagna e poco più del 4% in Calabria, e per FI che in Emilia si ferma ad un misero 10%. L’unico autentico vincitore è Matteo Salvini che in Emilia conquista il doppio del consenso di berlusconi e che in questo momento appare come l’oppositore più in vista del Governo, strappando a Grillo il voto di protesta e al Cavaliere l’egemonia a destra.

Ancora una volta l’Italia si dimostra un Paese dove la televisione gioca un ruolo centrale in campagna elettorale. L’importante è apparire sempre e comunque, proponendo naturalmente un pò di sano populismo e tanti slogan ad effetto che alla TV nostrana funzionano sempre.  L’onnipresente Salvini piace perchè parla come mangia. E’ uno di “noi”. Veste con la felpa e appare come uno di quelli che puoi trovare al mercato, nella metro o al bar sottocasa. Coetaneo generazionale di Matteo Renzi, è come lui cresciuto a pane e Fininvest, tanto che entrambi già in gioventù mostrano una spiccata sensibilità per il potere ammaliatore del tubo catodico, partecipando ad alcuni quiz televisivi del Biscione, alla corte di un Bongiorno o di un Mengacci. Vent’anni dopo, alla guida delle rispettive formazioni politiche, monipolizzano i talk show, stando sempre molto attenti a dire ciò che la gente vuol sentirsi dire, utilizzando un linguaggio all’insegna della semplicità, dell’ovvietà e della retorica. Più sarcastico e tendente alla facile iperbole quello del premier, colorato con molti temini giovanili, nuovi o presi in prestito dagli inglesi, adatti ad essere ripresi dai mass media; più spiccio ed essenziale quello del leader leghista, mai superficiale, all’apparenza sempre appassionato ed in grado di toccare le corde giuste. Da noi il consenso elettorale va di pari passo con gli indici d’ascolto, quindi se si è in grado di conquistare l’Auditel, si è capaci di tutto, persino di portare il PD al 40% dei voti o di resuscitare un partito moribondo come la Lega.

La Lega e la negritudine

La Lega e la negritudine

«Il giornale della Lega additerà quotidianamente gli appuntamenti pubblici della ministra Kyenge, accusata dai pensatori fosforici del movimento di “favorire la negritudine“. Probabile che si tratti di una forma di istigazione. Di sicuro ha tutta l’aria di una sciocchezza. L’ennesima. La Lega rappresenta la prova plastica di come l’assenza di cultura possa distruggere un’intuizione a suo modo geniale, quale fu trent’anni fa quella di dare voce ai ceti tartassati del Nord. In mano a una classe dirigente preparata o appena normale, l’idea avrebbe attirato le migliori energie del lavoro e dell’università per costruire un federalismo fiscale moderno. Con i Bossi, i Borghezio, gli Speroni e adesso i Salvini si è invece scelta la strada becera, antistorica e per fortuna minoritaria del razzismo secessionista. Gli attacchi a Roma ladrona si sono illanguiditi con l’aumentare dei privilegi e dei denari pubblici, in un tourbillon di mutande verdi e lauree prepagate. Sono rimasti in piedi soltanto i simboli grotteschi e i luoghi comuni. L’odio per l’euro, i terun, i negher, la diversità e la complessità di un mondo nuovo che non si lascia esplorare dalle scorciatoie del pensiero». 

Così Gramellini sull’ultima provocazione di stampo xenofobo del Carroccio, protagonista di una vera e propria ossessione per Cecile Kyenge, non riuscendo evidentemente a tollerare che un ministro dello Stato italiano sia di pelle nera. L’ennesima mossa diretta agli istinti più bassi e rozzi della società, parte di una propaganda sguaiata che mira a nascondere il vuoto di contenuti della Lega, in caduta libera di consensi a causa dei tanti scandali che l’hanno colpita. Ultima in ordine di tempo la vicenda riguardante la lista “Pensionati per Cota” inficiata da firme false, che ha portato il  TAR del Piemonte ad annullare le elezioni regionali del 2010. Una decisione contro la quale Salvini ha ovviamente già gridato al golpe e alla magistratura bolscevica, secondo il collaudato andazzo ormai di moda presso i leader dei partiti di centrodestra.

LEGAteli!

LEGAteli!

In questi ultimissimi mesi la figura del premier è andata appannandosi. Presto capiremo se la tendenza è incontrovertibile o se, viceversa, berlusconi riuscirà a tornare saldamente in sella.  Comunque, una prima ricaduta di questa situazione è  che Bossi ora può far valere le proprie condizioni, beneficiando di un spazio di manovra maggiore. La Lega, da forza populista qual’è sempre stata, tende a cavalcare in anticipo l’opinione pubblica, come è successo a proposito delle ronde, degli sbarchi dei clandestini e, ultimamente, del ritiro delle forze in Afghanistan. E lo fa con tutto il suo bagaglio di intolleranza e razzismo, che va dalle provocazioni più stupide – vedi le carrozze del metrò riservate ai milanesi doc, o la recente proposta riguardante il test del dialetto per i professori – per arrivare agli attacchi più incivili, come le impronte digitali per i bimbi rom, o l’impresa dell’onorevole Salvini [ma “onorevole” de che, mi domando], colto mentre, con grazia ed eleganza, intonava il coro “i napoletani puzzano come i cani”. Uno sconcertante panorama che non fa che alimentare l’imbarbarimento ed il degrado culturale e morale di questa misera italietta.