Sfogliato da
Categoria: berlusconi

Gente per bene e gente per male

Gente per bene e gente per male

Roma, Milano, Torino, Genova e poi Londra, Parigi e Bruxelles. Una moltitudine di persone riempie le piazze dentro e fuori i confini nazionali. La partecipazione va oltre ogni attesa e speranza. E’ una bell’Italia quella che ci consegna questa domenica. Un’Italia che marca, come mai prima d’ora, la propria distanza dal Governo berlusconi. Rispetto, dignità, diritti e giustizia sono le parole che più emergono dalle bandiere e dagli striscioni, ma anche: basta, vergogna e dimissioni. Si ha finalmente la sensazione che il risveglio della pubblica opinione sia conclamato e non sia più possibile arrestarlo. Un risveglio che porta ad una sola conclusione: è giunta l’ora di voltare pagina rispetto al berlusconismo che ha condotto il Paese fin dentro un baratro culturale, sociale e politico. Ma questa è anche la domenica di Fini che sfida il premier alle dimissioni congiunte, per preparare il Paese alle elezioni.

A fianco di quest’Italia per bene, però, ruggisce e minaccia ancora un’Italia per male. Come era logico aspettarsi, il conflitto in cui berlusconi sta portando le Istituzioni pur di evitare di rispondere dei reati di cui è imputato, ha finito per coinvolgere persino Napolitano. Ieri il Presidente della Repubblica infatti è stato pesantemente aggredito dalla stampa vicino al Caimano. Il Giornale si è spinto a definirlo «un ultrà come Scalfaro». Libero invece ha parlato di un Presidente «che si è schierato con il cavallo che giudica vincente: i magistrati. Compiendo l’ultimo errore di una carriera che ne è piena. Le sue parole sono il preannuncio di un colpo di mano di una classe politica vecchia e arrogante che nella vita le ha sbagliate tutte ma non si è ancora rassegnata a cedere il potere». La battaglia sarà ancora lunga e difficile, tuttavia oggi c’è margine per un pizzico di speranza in più!

Storie di camicie e di mutande

Storie di camicie e di mutande

Ieri negli Stati Uniti, la più grande democrazia del mondo, un deputato repubblicano – sposato e con figli – si è dimesso perchè scoperto ad inviare via mail foto a torso nudo ad una trentaquattrenne contattata su un sito di incontri, alla quale aveva mentito su età, stato civile e professione. «Le sfide che dobbiamo affrontare a New York e in tutto il paese sono troppo serie perché questo incidente prosegua, e quindi annuncio di essermi dimesso dalla mia carica al Congresso con effetto immediato. Sono dispiaciuto per il danno che le mie azioni hanno causato alla mia famiglia, ai miei collaboratori e agli elettori. Mi scuso sinceramente e profondamente con tutti loro».

Sempre ieri, ad anni luce di distanza, la Procura di Milano ha presentato la richiesta di rito immediato a carico del Presidente del Consiglio per i reati di prostituzione minorile e concussione. Diversamente dal suo collega americano sorpreso senza camicia, berlusconi – accusato di essersi tolto anche le mutande insieme a delle minorenni – non solo non si è dimesso, ma ha minacciato che farà causa allo Stato [SIC!] e ha sostenuto che i giudici di Milano agiscono «come una sorta di avanguardia politica rivoluzionaria»«Sono accuse risibili», ha continuato nel suo grottesco delirio, «La concussione non esiste, perchè sono intervenuto come premier per evitare un incidente diplomatico internazionale, e perchè sono solito aiutare le persone in difficoltà» [SIC!!]. L’IdV ha commentato questa difesa, affermando: «E’ come se pensasse che gli italiani siano tutti degli imbecilli». In realtà berlusconi sa bene che gli italiani non sono tutti degli imbecilli, ma che lo sono coloro che ancora lo sostengono, vittime del processo di diseducazione di massa che il suo impero mediatico porta avanti da trent’anni, deturpando la mentalità delle fasce più fragili della popolazione. Ma il premio per il vaneggiamento più buffonesco spetta sicuramente a Frattini, che vorrebbe far ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo per la violazione della privacy del premier [SIC!!!]. Siamo ormai lo zimbello di tutto il mondo occidentale, seppelliti dal ridicolo e lontanissimi dai modelli più evoluti ed avanzati di democrazia. Ma ciò che è più grave è che occorreranno molti anni per riparare allo scempio culturale, sociale, politico ed istituzionale prodotto dal berlusconismo.

Scontro globale

Scontro globale

«Il decreto sul federalismo varato ieri dal governo in spregio del voto del Parlamento [15 a 15, il Parlamento non approva] segna un salto di qualità nel gioco al massacro fra le istituzioni fondamentali della Repubblica a cui da mesi stiamo assistendo. Se allo scontro tra potere esecutivo e giudiziario siamo purtroppo abituati […] ecco che ora siamo allo scontro fra governo e parlamento. […] Bossi vuole il federalismo, altrimenti si va al voto. Berlusconi glielo fornisce in fretta e furia, nottetempo, alla fine di una giornata in cui la commissione Bicamerale incaricata di valutare il testo in questione non lo approva. […] Il Parlamento è un peso, una zavorra che impedisce a Berlusconi di servire il piatto caldo al suo socio, la cui base padana scalpita. Il parere dei rappresentanti del popolo disturba i progetti: lo si ignora. Così oggi Bossi potrà dire che il risultato è incassato e placare i suoi. Il governo sopravvive ancora un po’. La palla passa ora a Napolitano, dunque. Sarà il presidente a decidere se emanare o meno il decreto delegato. E’ facile prevedere che tipo di battaglia si sta per scatenare. Bossi dirà ai suoi elettori: il federalismo è cosa fatta, se il presidente non lo vara è lui il colpevole. Berlusconi è uno specialista nell’individuare il nemico e nell’additarlo al pubblico tv».

Mi pare che le parole di Concita De Gregorio ben evidenzino il pesante schiaffo inferto alle regole costituzionali da parte della maggioranza, mentre – tra le altre cose – la Camera respingeva la richiesta dei PM di perquisire gli uffici di Giuseppe Spinelli, il cassiere del premier che secondo l’accusa avrebbe pagato le ragazze partecipanti alle feste di Arcore. Feste di cui parrebbe esistano diverse foto – offerte sul mercato al miglior offerente – raffiguranti berlusconi senza vestiti, circondato dal suo harem. Il re è nudo e per questo motivo attacca sguaitamente le basi della democrazia: dalla Bicamerale definita «un artificio», alla Magistratura a causa della quale l’Italia sarebbe ormai «una repubblica giudiziaria». Difficile che il nostro Paese possa sopportare ancora per molto un tale  furioso clima da “scontro globale”.

Un assurdo burlesque

Un assurdo burlesque

«Non siamo più – da tempo – dei sani che si occupano di un malato. Siamo parte di quella malattia, in quanto suoi elettori o in quanto suoi incapaci oppositori, in quanto conduttori televisivi e in quanto pubblico, in quanto sessanta milioni di italiani inchiodati allo spettacolo folle [sì: folle] di un singolo individuo che monopolizza i pensieri, i progetti, le angosce di un paese intero». Così scrive qualche giorno fa Michele Serra. E’ davvero un assurdo burlesque quello che ha portato una sola persona a possedere di fatto una nazione nel suo insieme, popolazione compresa. Citando Nanni Moretti, è legittimo sostenere che berlusconi sarà ricordato come colui che ha cambiato la testa degli italiani. Non siamo più quella gente che in un’esplosione di indignazione costrinse Craxi a fuggire in Tunisia nel 1993. Ora siamo soltanto i rassegnati figuranti di uno spettacolo di ordinaria follia.

Uno spettacolo in cui il premier sta portando l’assalto finale ad ogni suo avversario. La televisione libera viene aggredita da deliranti telefonate dello stesso berlusconi o del suo zelante servitore Masi [il quale riesce nella ridicola impresa di sostenere che Annozero viola le regole del Codice di autoregolamentazione, salvo correggersi dopo due soli minuti utilizzando il condizionale]. Altrettanto grotteschi e al tempo stesso barbari sono gli attacchi a Fini e alla Boccassini. Una disgustosa macchina del fango montata a beneficio dell’elettorato del PdL, sempre più turbato dall’ennesimo scandalo che coinvolge il Presidente del Consiglio. La crisi del berlusconismo fa precipitare l’Italia in una condizione di scontro istituzionale senza precedenti. Il senso di responsabilità non esiste più: poco importa se il Paese è allo sbando, con gravissimi problemi che attendono da mesi d’essere affrontati. Ancora meno interessa se il nostro sistema democratico sta per collassare. La legislatura si avvia alla fine. Una fine terribile a cui tutte le forze responsabili saranno chiamate a rispondere con fermezza.

Il privato è pubblico

Il privato è pubblico

In Italia ci si è dimenticati che esiste un decoro delle istituzioni a cui sono chiamati a rispondere i nostri rappresentanti, che – in quanto tali – hanno il dovere di tenere comportamenti irreprensibili sotto ogni punto di vista. Pertanto per gli uomini di Stato non può e non deve esistere un distinguo fra abitudini private e sfera pubblica. I cittadini hanno il diritto di sapere se chi hanno votato è una persona proba, oppure è coinvolto in situazioni eticamente deplorevoli che lo mettano, perdipiù, nella posizione d’essere ricattabile. Un Presidente del Consiglio raffigura l’immagine del proprio Paese nel mondo e quindi la sua persona deve costituire un punto di riferimento ed un modello. Ciò che sta emergendo in queste ore fornisce del premier un ritratto desolante e completamente incompatibile col suo ruolo istituzionale, anche se non si configurasse alcun reato.

Inoltre: come può un uomo governare un Paese quando non è neppure in grado di governare i propri istinti? Come si può pensare che i suoi comportamenti personali non abbiano ricadute dirette in ambito politico e quindi pubblico? Mi riferisco sia ai danni devastanti alla credibilità internazionale dell’Italia, sia alla capacità di risolvere i problemi e le emergenze nazionali da parte di chi ormai è impegnato unicamente a difendere la propria indifendibile posizione. Come ricorda il Financial Times, il più influente quotidiano economico-finanziario d’Europa, «In Italia un giovane su quattro è disoccupato, la crescita economica è debole, gli investimenti stranieri declinano, il debito ha raggiunto i 1.800 miliardi di euro, il cancro della criminalità organizzata andrebbe rimosso e la lista potrebbe continuare. Ma invece di soluzioni a questi problemi, gli italiani rischiano di assistere a un’altra puntata di Berlusconi VS Magistratura». Ecco perchè il quotidiano britannico parla di «profonda vergogna per l’Italia».

La pistola fumante

La pistola fumante

Concussione ed utilizzo della prostituzione minorile. Su questi due reati, che persino in questa Repubblica delle Banane sono serissimi, specie per un Presidente del Consiglio, si apre l’ultimo capitolo del ventennio berlusconiano. L’uomo che ha fondato il proprio enorme impero economico sulla corruzione e che ha logorato un intero Paese modellando il senso comune sugli istinti più bassi e rozzi della società, l’uomo che ha costruito il suo potere sulla manipolazione costante della realtà e sull’appoggio di un partito – la Lega Nord – che teorizza e pratica la discriminazione ed il razzismo, deve ora affrontare la triste parabola conclusiva del suo percorso. Siamo, come sostiene Nichi Vendola, al momento della «caduta degli dei. Peccato, però, che la colonna sonora non sia di Wagner ma di Apicella». Un premier malato e, secondo le parole della stessa Ruby,«solo ed infelice», il quale – mentre il resto del mondo ci deride ed il Paese si dibatte in una rovinosa crisi ecomonica, con studenti in rivolta nelle piazze ed operai costretti a scegliere fra un lavoro senza dignità e la disoccupazione –   rischia   di finire a processo con “rito immediato”. Rito che solitamente una Procura richiede quando le prove in suo possesso sono schiaccianti.

Sta proprio qui la novità di questa ennesima disavventura giudiziaria di berlusconi: nel fatto che la Magistratura, per la prima volta, abbia fra le mani una pistola fumante. Ossia una quantità di prove documentali inconfutabili, tali da non lasciare spazio a posizioni innocentiste e rendere impossibile contestare l’evidenza dei fatti persino ai berlusconiani più convinti.

L’impedimento dogmatico

L’impedimento dogmatico

Come molti [ma non tutti] sanno, in Italia c’è un’imputato per corruzione giudiziaria, falso in bilancio e frode fiscale che ha semplicemente deciso d’essere – lui solo – al di sopra della legge. Pur ricoprendo un importantissimo ruolo istituzionale, non soltanto ha scelto di non dimettersi e di non rispondere delle accuse che gli vengono mosse, ma – sfruttando la propria posizione di potere – ha imposto la promulgazione di leggi incostituzionali che gli consentissero di evitare i processi in questione. Di pari passo ha promosso una crociata di deligittimazioni e minacce ai magistrati, alla Consulta, al Presidente della Repubblica, alla libera informazione e a chiunque osasse criticare il suo operato.

Giovedi la Corte Costituzionale sarà chiamata a giudicare sull’effettiva ammissibilità del legittimo impedimento che fino ad oggi ha messo al riparo questo signore dalle sue responsabilità. «Sono totalmente indifferente al fatto che ci possa essere un fermo o meno dei processi, che considero ridicoli, su fatti per i quali ho avuto modo di garantire che sono inesistenti, giurando sui miei figli e sui miei nipoti», ha recentemente dichiarato, e tanto deve bastare a tutti trattandosi del nostro Presidente del Consiglio, un uomo che – essendo consacrato dal voto popolare ed unto dal Signore – si pone dogmaticamente al di là di ogni sospetto. Se il risultato non sarà quello da lui auspicato, ha già promesso una controriforma che piegherà la magistratura al potere dell’esecutivo. Sui quotidiani impazzano le previsioni riguardo gli scenari che potrebbero configurarsi a seguito della sentenza. Sullo sfondo un Paese in cui la democrazia viene svuotata di ogni reale significato, a beneficio di un potere arrogante e mafioso, il cui unico obiettivo è quello di preservare se stesso.

Un giorno di ordinaria corruzione

Un giorno di ordinaria corruzione

Un uomo che ha costruito il proprio impero economico grazie alla corruzione, non poteva che ottenere la fiducia al suo Governo con lo stesso metodo. Ieri si è consumato un rito che è fino in fondo simbolico della figura del Presidente del Consiglio, da sempre abituato a comperare le persone: si tratti di finanzieri, di giudici, di testimoni, di escort ed ora di avversari politici. Una vittoria numerica che potrà trasformarsi in vittoria politica esclusivamente se il signor b. riuscirà nell’improbabile impresa di allargare la propria maggioranza. Al riguardo sarebbe interessante sapere cosa ha provato la base della Lega, sentendo ieri gli esponenti di punta del proprio partito dichiararsi disponibili a lavorare insieme all’UDC, quando – solo due mesi fa – Bossi definiva Casini «uno stronzo».

Sono più propenso a pensare che un governo del genere, sorretto soltanto dalla corruttela e dalla illiberalità, abbia ormai vita breve. Prova ne sono le manifestazioni e le proteste nate spontanemante in tutta Italia a seguito della notizia della fiducia alla Camera. La piazza non è più disposta a tollerare questo stato di cose. La tensione sociale è altissima e continuerà così fino a quando il pifferaio magico non se ne sarà andato. Quanto alla risicata maggioranza di 3 voti, dubito che possa offrire al Cavaliere un  orizzonte politico sereno e credibile. In proposito concordo con quanto ha dichiarato Nichi Vendola «Il Governo che godeva della più ampia base parlamentare dell’intera Storia Italiana non c’è più. La precaria fiducia ottenuta oggi serve semplicemente a certificare la morte di un ciclo politico».

Elezioni ad personam

Elezioni ad personam

Da molto tempo sostengo che berlusconi costituisce un grave pericolo per la democrazia. L’uomo è sempre stato disposto a tutto pur di preservare il suo potere e difendersi dai propri guai giudiziari. Persino a farsi spregio delle regole democratiche. Affermare che senza la fiducia a Montecitorio si dovrà andare ad elezioni, ma soltanto per rinnovare la Camera dei Deputati, si inserisce perfettamente in questo solco. A parte lo sgarbo istituzionale al Presidente della Repubblica che è l’unico che può decidere sullo scioglimento delle Camere, la soluzione proposta non ha precedenti nella storia della Repubblica Italiana e procurerebbe, fra l’altro, uno sfasamento temporale fra i due rami del Parlamento. Inoltre, se il voto producesse una sconfitta elettorale di berlusconi, il Paese si troverebbe con due Camere con maggioranze opposte, condannate a un lungo periodo di stallo ed inevitabilmente a nuove elezioni. Per fare un esempio recente, anche Prodinel gennaio 2008 ebbe la maggioranza alla Camera e venne sfiduciato al Senato, ma allora si sciolse comunque tutto il Parlamento.

In realtà il Caimano sa bene che difficilmente Napolitano lo seguirà in questa sua mossa, che quindi va letta nell’ottica propagandistica di chi – ancora una volta – utilizzerà il proprio impero mediatico per affrontare la campagna elettorale nei panni della vittima, solo contro tutti: i magistrati cancro della democrazia, i giudici della Corte Costituzionale di sinistra, la Costituzione bolscevica, il presidente della Repubblica che sappiamo da che parte sta, Fini l’infame traditore, i giornali che non vanno letti perchè dicono solo bugie, la RAI indecente, l’opposizione illiberale. In questo momento di preoccupante emergenza istituzionale non posso che concordare con quanti sostengono la necessità di un’alleanza di solidarietà nazionale che comprenda PD, UDC e FLI, a salvaguardia della Costituzione e della democrazia.

La satira diventa cronaca

La satira diventa cronaca

Da un anno e mezzo a questa parte il governo berlusconi è in caduta libera. Gli scandali si susseguono uno all’altro senza soluzione di continuità, ponendo il Paese di fronte al baratro dell’ingovernabilità: puttanopoli, la casa di Scajola, la cricca di Bertolaso, il ministero fantasma di Brancher, la P3, Ruby Rubacuori.

Le vicende di queste ultimissime settimane, a cominciare dalla bestemmia pronunziata in pubblico, per finire con l’aggressione verbale ai gay e con la puntata di ieri sera di Ballarò, dove l’onorevole Lupi si è dimostrato più snodato dell’Uomo Ragno nell’arrampicarsi su ogni specchio possibile per difendere il premier, mi hanno fatto tornare alla mente una vignetta di Stefano Disegni di due anni fa. Alla fine oggi siamo nelle condizioni di dire che la realtà dei fatti ha superato la fantasia di chi fa satira. Quando i comportamenti di un uomo pubblico e di chi continua ancora a sostenerlo [a cominciare da Bossi che liquida l’affaire della telefonata alla Questura di Milano affermando: «Silvio ha sbagliato, poteva telefonare a me o a Maroni», come a dire: il lavoro sporco non lo faccia personalmente, lo lasci pure a noi], ridimensionano la satira a cronaca, allora significa che il regime, nel tentativo di salvare se stesso, è andato ben oltre ogni livello di guardia.

Cliccare sulle due immagini per ingrandirle