Sfogliato da
Categoria: berlusconi

Chi ignora il passato non saprà mai nulla del presente

Chi ignora il passato non saprà mai nulla del presente



[1973]
Silvio Berlusconi fonda la Italcantieri Srl, grazie a due misteriose fiduciarie svizzere. Tramite l’amico avvocato Cesare Previti, acquista ad Arcore, pagandola appena 500 milioni di lire, la Villa Casati ed alcuni terreni contigui. La proprietà gli è venduta da Annamaria Casati Stampa, contessina dodicenne rimasta orfana nel 1970, che versa in grandi difficoltà finanziarie, della quale l’avvocato Previti è tutore legale.
[1974]
Grazie a due fiduciarie della BNL, nasce l’Immobiliare San Martino, amministrata da un ex compagno di università,
Marcello Dell’Utri, palermitano. In un condominio di Milano 2 nasce una tv via cavo, Telemilano 58, che passerà ben presto all’etere col nome di Canale 5. Berlusconi si trasferisce con la famiglia a Villa Casati, affiancato dal boss mafioso Vittorio Mangano [nel 2000 condannato all’ergastolo per duplice omicidio], assunto in Sicilia da Dell’Utri come “fattore”, cioè come amministratore della casa e dei terreni.
[1975]
Le due fiduciarie danno vita alla Fininvest. Nascono anche la Edilnord e la Milano 2. Ma Berlusconi non compare mai: inabissato e schermato da una miriade di prestanomi dal 1968 fino al 1975, quando diventa presidente di Italcantieri, e poi fino al 1979, quando assumerà la presidenza della Fininvest.
[1977]
Appena divenuto Cavaliere del Lavoro, acquista una quota dell’editrice de Il Giornale, fondato tre anni prima da Indro Montanelli.
[1978-1983]
Riceve circa 500 miliardi di lire, di cui almeno una quindicina in contanti, per alimentare le 24 [poi salite a 37] holding che compongono la Fininvest, di cui si ignora tutt’oggi la provenienza. Sono gli anni della scalata
al poteree della ascesa al governo del suo amico Bettino Craxi, segretario del Psi.
[1978]
Si affilia alla loggia massonica deviata e occulta
Propaganda 2 [P2] del maestro venerabile Licio Gelli. Di lì a poco comincerà a ricevere crediti oltre ogni normalità dal Monte dei Paschi e dalla BNL [due banche con alcuni uomini-chiave affiliati alla P2]. E inizierà a collaborare, con commenti di politica economica, al Corriere della Sera, controllato dalla P2 tramite Angelo Rizzoli e Bruno Tassan Din. La P2 verrà poi sciolta, in quanto eversiva, con un provvedimento del governo Spadolini.
[1980]
Berlusconi fonda, con Marcello Dell’Utri, Publitalia 80, la concessionaria pubblicitaria per le reti tv.
[1981]
I giudici milanesi Gherardo Colombo e Giuliano Turone, indagando sui traffici del bancarottiere mafioso e piduista Michele Sindona, trovano gli elenchi degli affiliati alla loggia P2. Berlusconi però non subisce danni dallo scandalo che travolge il governo, l’esercito, i servizi segreti e il mondo del giornalismo.
[1982-1984]
Berlusconi acquista l’emittente televisiva Italia 1 dall’editore Edilio Rusconi e l’emittente Rete 4 dalla Mondadori: ormai è titolare di tre network televisivi nazionali, e può entrare in concorrenza diretta con la Rai. Ma tre pretori, di Torino, Pescara e Roma, sequestrano gli impianti che consentono le trasmissioni illegali di programmi in contemporanea su tutto il territorio nazionale. Craxi vara un decreto urgente [il primo “decreto Berlusconi”] per legalizzare la situazione illegale. Ma il decreto non viene convertito in legge perché incostituzionale. Craxi ne vara un altro [il secondo “decreto Berlusconi”], minacciando i partiti alleati di andare alle elezioni anticipate in caso di nuova bocciatura del decreto. E nel febbraio ’85 il decreto sarà approvato, dopo che il governo avrà posto la questione di fiducia.
[1986]
Berlusconi acquista il Milan Calcio e ne diviene presidente. Intanto fallisce l’operazione La Cinq in Francia, che chiuderà definitivamente i battenti nel ’90. E’ Jacques Chirac a cacciarlo dal suolo francese, definendolo “venditore di minestre”.
[1988]
Il governo De Mita annuncia la
legge Mammì sul sistema radiotelevisivo, che in pratica fotografa il duopolio Rai-Fininvest, senza imporre al Cavaliere alcun autentico tetto antitrust. Berlusconi acquista La Standa. La legge verrà approvata nel 1990.
[1989-1991]
Lunga battaglia fra Berlusconi e De Benedetti per il controllo della Mondadori, la prima casa editrice che controlla quotidiani (La Repubblica e 13 giornali locali), settimanali (Panorama, Espresso, Epoca) e tutto il settore libri. Grazie a una sentenza del giudice Vittorio Metta, che il tribunale di Milano riterrà poi
comprata con tangenti dall’avvocato Previti, il Cavaliere strappa la Mondadori al suo concorrente. Una successiva mediazione politica porterà poi alla restituzione a De Benedetti almeno di Repubblica, Espresso e giornali locali. Tutto il resto rimarrà a Berlusconi.
[1990]
Il Parlamento vara la legge Mammì, fra le polemiche: Berlusconi può tenersi televisioni e Mondadori, dovendo soltanto spogliarsi de Il Giornale [che viene girato nel ’90 al fratello Paolo].
[1994]
Berlusconi, ormai orfano dei partiti amici, travolti dallo
scandalo di Tangentopoli, entra direttamente in politica, fonda il partito di Forza Italia, vince le elezioni politiche del 27 marzo alla guida del Polo delle Libertà e diventa presidente del Consiglio. Il 21 novembre viene accusato di concorso in corruzione, reato che sarebbe stato perpetrato mediante il versamento di alcune tangenti ad ufficiali della Guardia di Finanza impegnati in verifiche fiscali presso quattro sue aziende. Il 22 dicembre è costretto a dimettersi, per la mozione di sfiducia della Lega Nord, che non condivide più la sua politica sociale e avvia una violenta campagna ai danni dell’ex alleato, esplicitamente accusato di appartenere alla mafia.
[1996]
Berlusconi, indagato nel frattempo per storie di mafia, falso in bilancio, frode fiscali e soprattutto corruzione giudiziaria insieme a Previti, si ricandida alle elezioni politiche, ma perde. Vince il candidato del centrosinistra Romano Prodi. Trascorrerà 5 anni all’opposizione, alle prese con una
serie di inchieste giudiziarie e di processi, conclusi con diverse condanne in primo grado, poi trasformate in prescrizioni e in assoluzioni in appello e in Cassazione.
La dittatura dei calzini turchesi

La dittatura dei calzini turchesi

L’altra sera ad Annozero Massimo D’Alema e Rosy Bindi non hanno avuto il coraggio di dire qualcosa di sinistra. Al leghista Castelli che così li incalzava: «Il 65% degli italiani è con Berlusconi. Saranno mica tutti scemi gli italiani?» non hanno osato dare l’unica risposta che esiste per questa domanda, ossia: sì, gli italiani sono scemi… ed anche qualcosa di più. Daniele Luttazzi sul suo blog scrive: «Circa trent’anni fa, le strategie del marketing politico USA hanno raggiunto un nuovo livello di consapevolezza con la scoperta, da parte dei “think-tank” di destra, che l’elettorato non vota in modo razionale, ma in base a suggestioni emotive. Il programma elettorale diventa secondario, se non sai come raccontarlo. Vinci le elezioni [è questo il grande trucco] se lo sai raccontare come una storia: una storia che crei con l’elettore un legame emotivo. Nella nuova realtà politica, tutta emotiva, la popolarità sostituisce la legittimazione; la vittoria la credibilità; e i sondaggi l’ideologia.»
 
Ed è proprio in questa fenomenologia che risiede il largo consenso di cui berlusconi gode ancora. Quel consenso che il premier ha costruito grazie al suo impero mediatico e che ora è pronto a monetizzare, ricorrendo al referendum per modificare la Costituzione. Lo scopo è far approvare la Riforma della Giustizia con la quale sottoporre i magistrati al controllo dell’esecutivo, e quindi distruggere quel sistema di pesi e contrappesi su cui si fonda ogni democrazia. E l’agghiacciante video sul giudice Mesiano [che ha condannato la Fininvest al risarcimento di 750 milioni di euro a favore della Cir di De Benedetti, per la vicenda del Lodo Mondadori], andato in onda su Canale 5, è solo un esempio della brutalità mafiosa con cui saranno aggrediti ed “avvertiti”, uno ad uno, coloro che intralceranno il progetto di instaurazione di una dittatura di stampo neofascista, “invisibile” alle masse incolte, qui, nel cuore dell’Europa civile. Una dittatura dove anche indossare dei calzini turchesi  sarà motivo sufficiente per essere messi alla gogna dalle TV del padrone.

Il lodo lede

Il lodo lede

Il Lodo Alfano è lesivo della Costituzione e del principio di uguaglianza di tutti i cittadini dinanzi alla legge. Per dirla con Orwell, non esiste nessuno che sia più uguale degli altri. Lo ha stabilito la Consulta, secondo la quale per introdurre uno “scudo giudiziario” di tale portata per le quattro più alte cariche dello Stato, serviva una legge costituzionale [e quindi una maggioranza parlamentare dei due terzi], e non una semplice legge ordinaria. Berlusconi ora torna ad essere imputato nei due processi che lo riguardano. Schiumanti di rabbia i commenti a  caldo del Premier, che per l’ennesima volta ha lamentato di essere vittima di un complotto bolscevico. Una sorta di gigantesco tritacarne eversivo dentro il quale ha finito per metterci tutti: dalla Corte Costituzionale al tenero Napolitano, da L’Avvenire a Serena Dandini, da Travaglio alla escort di turno. Che tanto in questa italietta ignorante, esattamente come nella Germania nazista di Goebbels, «una bugia ripetuta infinite volte diventa una verità».

Come sostiene il costituzionalista Michele Ainis oggi su La Stampa, «non è la piazza a decidere i principi che regolano la nostra convivenza.  Se lo Stato di diritto s’affida a un corpo di custodi, è perché la piazza a suo tempo mandò a morte Gesù per salvare Barabba, perché la stessa piazza durante il secolo ventesimo acclamò feroci dittatori, perché insomma le Costituzioni liberali presidiano un sistema di valori, e li sottraggono al dominio delle folle». Per quanto però la decisione della Consulta riporti finalmente equilibrio e giustizia, siamo ancora una volta costretti ad essere testimoni di uno spettacolo sempre più desolante, in cui una nazione intera è piegata sotto il peso degli interessi di un solo uomo, il quale – e questo è il dato più preoccupante – gode  tutt’ora di un ampio consenso presso l’opinione pubblica. Qualcuno ricorda il finale de Il Caimano?

Il miglior post degli ultimi 150 anni

Il miglior post degli ultimi 150 anni

Secondo berlusconi, la manifestazione che si terrà domani a Roma per la liberta’ di informazione «è una farsa assoluta, perchè c’è più libertà di stampa in Italia che in qualunque altro Paese. Tutte le persone di buon senso questo lo sanno».Se ne ricava che i 450.000 firmatari dell’appello di Repubblica a difesa di questo inalienabile diritto, il buon senso non sanno neppure dove sta di casa. Premi Nobel come Dario Fo, Renato Dulbecco, Doris Lessing, Josè Saramago, Wislawa Szymborska. Scrittori di fama internazionale come Umberto Eco, Andrea Camilleri, David Grossman, Amos Oz, Roberto Saviano. Artisti prestigiosi come Franco Battiato, Roberto Benigni, Bernando Bertolucci, Mario Monicelli, Sting. Celebri blogger come Rear Window e Adam’s Rib. Tutti miseri farabutti, accomunati, fra gli altri, ai giornalisti di The Economist, che l’altroieri scrivevano: «E’ dai tempi di Mussolini che non si aveva un governo italiano che interferisse con i media in maniera così lampante e allarmante. L’Italia di Berlusconi si sta allontanando dall’Europa occidentale per diventare più simile alle deboli democrazie dell’est». 

 
In Italia la TV resta di gran lunga il principale media attraverso cui formare il proprio pensiero politico. Sulla scorta di questo mi chiedo – ad esempio – quanti fra i miei connazionali sono a conoscenza del caso Mills, oppure quanti sanno che il cofondatore di Forza Italia, Marcello Dell’Utri, fraterno amico del premier, è stato condannato a 9 anni in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa, o ancora quanti sono informati sulla condanna definitiva a 6 anni per l’ex avvocato del cavaliere, Cesare Previti, colpevole di aver corrotto dei giudici al fine di ottenere sentenze favorevoli alla Fininvest.  Quel che però preoccupa ancor di più è che una larga fetta del Paese, pur conoscendo tutto ciò, seguita a condividire le idee (sic!) di  berlusconi, con un adesione che ricorda sempre più da vicino il fanatismo dei fascisti nei confronti di Mussolini.
Domandare è illecito, rispondere è utopia

Domandare è illecito, rispondere è utopia

Mi ero ripromesso di non scrivere più di berlusconi per un pò. Ritenevo improbabile che potesse succedere qualcosa ancora più indecente di quello a cui abbiamo assistito quest’estate. In effetti, dal caso Mills all’amicizia con il terrorista Gheddafi, dalle leggi che violano i diritti umani ai festini con le escort, non ci si è fatti mancare nulla. Cose che in un qualsiasi altro paese al mondo avrebbero costretto chiunque a ignominiose dimissioni, con tanto di calcioni nel sedere incorporati, sono stati accolte dall’analfabeta opinione pubblica nazionale con poco più che qualche sbadiglio infastidito. Slogan martellati dai media di proprietà del premier sono stati assimilati dall’italiano medio [svezzato negli anni da tante mariedefilippi, maghiotelma, fabrizicorona, veline, tronisti, grandifratelli e chi più ne ha] e fatti passare di bocca in bocca come degli oscuri mantra, la cui reiterazione sembrava far somigliare tutti a dei Gasparri ancor più imbalsamati dell’originale: toghe rosse, real politik, gossip, rispetto della privacy, complotti mediatici. Corbellerie al cui confronto Vanna Marchi e il mago Mario Pacheco Do Nascimento con il loro kit contro le influenze maligne sembrano dei credibili, seri, preparati ed onesti professionisti.

Eppure mi sbagliavo, perchè qualche giorno fa è accaduto qualcosa che non ha precedenti nella storia di alcuna democrazia. Il capo del Governo ha fatto causa ad un quotidiano per il solo fatto di avergli rivolto delle domande, a suo dire «retoriche e palesemente diffamatorie». Come se in Italia un giornalista potesse permettersi ancora di sollecitare delle risposte invece che la richiesta di 1 milione di euro di risarcimento! Mi piacerebbe chiedervi com’è che siamo arrivati a questo punto, però temo che qualcuno mi quereli, data l’evidente tendenziosità della mia domanda, così me ne starò zitto e buono come un pupazzo… o come la desolante maggioranza dei miei connazionali.

L’ormone in astinenza: da Rosanna Fratello a berlusconi, passando per Carlo Martello

L’ormone in astinenza: da Rosanna Fratello a berlusconi, passando per Carlo Martello

Non mi portare nel bosco di sera. Sono una donna non sono una santa. Non tentarmi non sono una santa. In questo modo così evidentemente combattuto fra il desiderio di dar sfogo alla passione ed il terrore di ribellarsi alle convenzioni, Rosanna Fratello, nel lontano 1971, portava alla finale di Canzonissima tutto il sofferente calvario dell’ormone in astinenza. 38 anni dopo, silvio berlusconi, memore del successo nazionale della canzone in oggetto, si propone di diventare il nuovo portabandiera della triste e precaria condizione dei single, specie di coloro i quali, pur avendo superato il traguardo dei 70 anni, si sentono ancora in balia di un immarcescibile “spirito guerrier” ch’entro li rugge. E poco importa se tal guerriero dovrà confrontarsi, come Carlo Martello di ritorno dalla guerra in un’altra canzone d’epoca, con la desolante realtà per cui le avventure in codesto reame debban risolversi tutte con grandi puttane. Ancor meno ci deve interessare se, fino a ieri, l’avvocato del premier liquidava le prove del fermento testosteronico del proprio assistito come inverosimili e grottesche invenzioni. Ciò che infatti conta realmente è che ora il sagace popolo italico potrà stringersi intorno al suo indomito [ed impunito] cavaliere, urlando come un sol’uomo: «Bravo Berlusca, avanti così e – si può dire? – viva la gnocca!!!»

Lo sciopero dei blogger

Lo sciopero dei blogger

«Il problema italiano non è Silvio Berlusconi. La storia da Catilina in avanti è stata ricca di uomini avventurosi, non privi di carisma, con scarso senso dello Stato ma senso altissimo dei propri interessi, che hanno desiderato instaurare un potere personale, scavalcando parlamenti, magistrature e costituzioni, distribuendo favori ai propri cortigiani e talora alle proprie cortigiane, identificando il proprio piacere con l’interesse della comunità. È che non sempre questi uomini hanno conquistato il potere a cui aspiravano, perché la società non glielo ha permesso. Quando la società glielo ha permesso, perché prendersela con questi uomini e non con la società che li ha lasciati fare? […] È la maggioranza degli italiani che ha accettato il conflitto di interessi, che accetta le ronde, che accetta il lodo Alfano, e che ora avrebbe accettato abbastanza tranquillamente – se il presidente della Repubblica non avesse alzato un sopracciglio – la mordacchia messa [per ora sperimentalmente] alla stampa».
 
Così Umberto Eco su berlusconi e sul Decreto Alfano, che mira a colpire la libertà d’informazione di tutti i media, Rete compresa. Il rapporto mondiale sulla libertà di stampa 2009 di Reporter Senza Frontiere mette l’Italia al 44^ posto su 173 stati al mondo, dopo paesi come il Cile, l’Africa del Sud, la Corea del Sud. Persino la Namibia sta più in alto di noi! In particolare, noi blogger saremo assoggettati ad un obbligo di rettifica sui contenuti pubblicati e ritenuti inesatti. L’omesso adempimento di quest’obbligo entro 48 ore [esattamente come accade già per la carta stampata] comporterà la condanna di una sanzione pecunaria fino a 12.000 euro! Senza che peraltro vi sia diffamazione provata! Appare evidente che l’istituto della rettifica – già anacronistico ed inefficace nel mondo dei media tradizionali – non è altro che un modo per disincentivare e di fatto imbavagliare l’informazione su Internet, ultima roccaforte di libertà rimasta in Italia. Per tale motivo per la prima volta nella storia, i blog osserveranno il 14 luglio una giornata di sciopero per protestare – insieme ai giornalisti dei quotidiani, delle televisioni e dei siti intenet – contro il decreto Alfano, che punta a censurare qualsiasi critica al governo e a preservare l’ignoranza della gentecome un dato indispensabile per la sopravvivenza di questo vergognoso regime.

Puttanopoli!

Puttanopoli!


Questa volta il complotto mondiale che mira proditoriamente a distruggere la credibilità del nostro amato premier e a sovvertire per via mediatico-giudiziaria il volere dell’ italico popolo sovrano, parte dal quotidiano di chiara matrice comunista Il Corriere della Sera. Il giornale, diretto da quel famigerato stalinista di Ferruccio De Bortoli, arriva buon ultimo nel lanciare i  propri strali contro berlusconi, dopo alcune fra le più bolsceviche testate britanniche [The Times, Financial Times, The Economist, Observer, The Sunday Times, The Guardian, The Daily Telegragh, The Independent], tedesche [Frankfurter Allgemeine Zeitung], spagnole [El Pais], francesi [Le Soir, Liberation] americane [The New York Times], olandesi [The Telegraaf] e finlandesi [Hensingin Salomat], solo per fare qualche nome.

Questi giornali – lo si sa – sono  tutti manovrati da una suprema e spietata cupola presieduta da Franceschini, Fassino e Rosi Bindi. I primi due invidiosi della quantità industriale di gnocca vista aggirarsi allo stato brado nelle ville del papi, la terza imbestialita per  lo scarso successo ottenuto dal suo book fotografico durante l’ultimo congresso del PdL. Ma siccome in Italia nessuno legge e le cose accadono solo se lo dice la televisione, ritengo molto interessante ed educativo osservare come i telegiornali nazionali abbiano dato – o meglio – NON abbiano dato la notizia secondo cui a Bari è in corso un’indagine per induzione alla prostituzione, in riferimento ad alcune feste date nelle residenze di proprietà del Premier, Palazzo Grazioli a Roma e Villa Certosa in Sardegna. 

Fenomenologia dell’aggettivo piccante

Fenomenologia dell’aggettivo piccante



Sono anni che l’aggettivo piccante viene utilizzato esclusivamente in materia gastronomica, in relazione – che so – al peperoncino di Soverato o al pepe di Cayenna. Sentire che il papi ieri lo accostava a temi morbosi e trasgressivi, mi ha fatto tornare alla mente quel cinema che negli Anni 70 assolse all’importante servizio sociale di iniziare al sesso la gran parte degli adolescenti italiani, complici le tette della Fenech, il sedere della Cassini o le frenesie [generalmente appagate verso la fine di ogni film] di un Renzo Montagnani piuttosto che un Alvaro Vitali.
 
E’ evidente il tentativo di mitigare l’impatto sgradevole che l’espressione “rapporti sessuali” [perdipiù con minorenni] avrebbe avuto nei titoli dei quotidiani che oggi avrebbero riportato, virgolettandole, le parole di berlusconi. In pratica l’uso del desueto ed allegramente pecoreccio “piccante” ha la stessa funzione del toupè, delle scarpe col rialzo e del cerone, con cui il Nostro cerca ogni giorno di apparire più presentabile. Pensandoci bene, niente di troppo distante neppure da quel che si è fatto con le leggi ad personam, l’occupazione della RAI, l’attacco strumentale alla Magistratura, la deligittimazione degli avversari politici e quant’altro. Iniziative tutte volte a banalizzare, a minimizzare se non a manipolare o persino a nascondere e negare la realtà dei fatti. Quella che vede il nostro Paese guidato da un arrogante e spregiudicato profittatore senza alcun scrupolo.
Siamo tutti dei berlusconi

Siamo tutti dei berlusconi

Mentre Freedom House [organizzazione autonoma con sede negli Stati Uniti, che si pone come obiettivo la promozione della libertà nel mondo], declassa l’Italia da Paese “libero” a “parzialmente libero“, unico caso nell’Europa Occidentale insieme alla Turchia, stralcio poche righe di un articolo dello scorso 30 aprile di The Economist, a titolo La berlusconizzazione dell’Italia, che rende evidente come certe cose ormai si possono dire solo all’estero:
 
Berlusconi sta raccogliendo i frutti dell’influenza sulle opinioni dei suoi connazionali che viene da lontano, influenza che nessun politico contemporaneo è in grado di rivaleggiare. Tutti gli italiani al di sotto dei trent’anni sono arrivati alla maturità politica in un Paese dove Berlusconi e la sua famiglia controllavano la metà dell’offerta televisiva, uno dei quattro quotidiani nazionali, una delle due riviste d’informazione e la più grande casa editrice. Il suo possesso dei media ha cambiato gli atteggiamenti e perfino il significato di alcune parole. Quando entrò in politica nel 1994, pochi avrebbero creduto alle sue affermazioni di essere vittima di un gruppo di magistrati comunisti conniventi; adesso queste affermazioni sono ampiamente ritenute vere. […] La subdola berlusconizzazione dell’Italia potrebbe essere utile per spiegare una tendenza che ha imperversato nel Paese negli ultimi 12 mesi. Non solo per spiegare le divisioni all’interno dell’opposizione e la spaccatura dei sindacati. Serve a spiegare la convinzione che ha attecchito su una buona parte della società convinta che il Premier rimarrà al potere indefinitamente…
 
 
E quindi le confronto con alcuni commenti dei lettori dell’edizione online di Libero news di Vittorio Feltri ad un articolo pubblicato il 3 maggio, in merito alla richiesta di divorzio di Veronica Lario:
 
Allaìelui una ciabatta in casa di meno forza Silvio tanto era un peso morto di sicuro alle prossime elezioni l’avrai come avversaria ma non preoccuparti la gente interessa cosa fai per il paese non per le cose personali e poi ormai tu il tuo contributo a questo vecchio paese già l’hai dato e non da poco perciò vai avanti per la tua strada grazie Silvio
 
Ma smettiamola di considerare la poverina come una vittima. Personalmente la trovo molto ridicola nei suoi patetici piagnistei. Se non le stava bene la vita matrimoniale con il cavaliere poteva separarsi molto tempo fa senza fare tutto il bailame che ha fatto in questi ultimi anni.
 
Come al solito voi donne non siete mai contente.Volete un uomo forte,intelligente,simpatico,di potere, ricco e possibilmente anche bello!! Poi vi rompete le palle perchè non sapete più cose fare nella vita e come consumare la richezza che avete tra le mani ed ecco il risultato…divorzio!! a spese chiaramente dello sposo!. Silvio ci caschiamo tutti è una vecchia storiella che le donne,tutte,hanno imparato a recitare. Sii sempre un galantuomo, dagli quello che vuole e licenziala tanto di “paralumi” ne trovi in quantità e molto più moderni!!. Silvio siamo sempre con Te!!
 
Silvio sarà quel che sarà ma ha sempre parlato bene della sua famiglia al contrario di lei. Se fosse stata una vera donna avrebbe lasciato che fosse lui a dare la notizia. Mi dispiace molto per Silvio ma sono sicura che come Preidente del consglio continuerà a fare ancora meglio per noi italiani, ora che non ha più da preoccuparsi della signora.